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di Piotr
Perché quello in corso in Venezuela è un vero e proprio golpe. Non ha dubbi l’ex inviato ONU in Venezuela, Alfred de Zayas:
«E’ un tentativo di colpo di Stato … Se l’opposizione si considera davvero democratica, deve accettare il gioco democratico e deve partecipare alle elezioni. Negli ultimi anni hanno invece scelto di boicottare le elezioni».
La CGIL si è spaccata, secondo ogni evidenza.
Il neo segretario Maurizio Landini ha inizialmente twittato: «Il Congresso Cgil, visto quanto accade in Venezuela, secondo i propri principi di libertà, democrazia e solidarietà, approva una mozione di condanna verso l’autoproclamazione di Juan Guaidò a presidente e le ingerenze straniere verso la presidenza democraticamente eletta di Maduro».
Ma subito dopo c’è stata una rettifica con un secondo tweet: «Nessun sostegno a Maduro, né alle ingerenze esterne». Il solito “né né”, tanto più insopportabile quanto più la situazione è grave. “Né con Stalin né con Hitler” avrebbero detto questi personaggi, degni del girone degli ignavi. E tuttavia polemiche interne sono sorte anche per il termine “ingerenze esterne”.
Le ingerenze esterne sono invece date per scontate da uno che Washington la conosce a menadito e non ha peli sulla lingua, l’ex sottosegretario al Tesoro del presidente Reagan, Paul Craig Roberts:
«Maduro, come Chavez prima di lui, ha commesso l’imperdonabile crimine di rappresentare il popolo venezuelano invece degli interessi finanziari e industriali americani. Washington semplicemente non tollera quei governi latino-americani che rappresentano i popoli latino-americani. … Così ora il Venezuela ha due presidenti. Uno eletto dal popolo e uno designato da Washington».
La lucidità e l’onestà delle affermazioni di Paul Craig Roberts sono ormai qualità inconcepibili per la nostra sinistra, la cui presa di posizione scandalizza anche Marco Travaglio:
«La sinistra è il Pd che, con Renzi, la Cirinnà, la Fedeli, la Garavini e il giovane astro nascente Pier Ferdinando Casini, si appella al governo insieme a Lega, FI e Fd’I affinché si schieri subito, senza se e senza ma, dalla parte del “mondo libero”: che poi sarebbe il golpista Juan Guaidò, autoproclamatosi presidente del Venezuela, al posto del titolare eletto Nicolas Maduro, con la benedizione di Trump».
Travaglio ha perfettamente ragione, questa è la sinistra.
Nemmeno a dirlo, Laura Boldrini è tra le più livide sostenitrici del golpe. In Commissione Esteri ha attaccato duramente il deputato 5 Stelle Pino Cabras, che aveva difeso il legittimo presidente Maduro, tacciandolo di “cinismo” e accostando il presidente venezuelano a Gheddafi e ad Assad che, questo è il suo ragionamento, sono persone di cui bisognava e bisogna sbarazzarsi, così come oggi con Maduro.
Che la Boldrini sia una classica supporter buonista e di sinistra delle aggressioni imperiali più sanguinose già lo sapevamo. La Boldrini – e il discorso c’entra, perché tutto si tiene – ha anche festeggiato alla nostra Camera dei Deputati, quando era sua presidente, lo speaker della Rada ucraina, Andriy Parubiy, arrabbiandosi con chi lo definiva nazista.
Povera untorella, Andriy Parubiy è stato il fondatore assieme a Oleg Tyahnybok del Partito Social Nazionale Ucraino il cui simbolo ufficiale era il Wolfangel usato dalla divisione tedesca SS Das Reich. Fino al 2004 Parubiy ha guidato la formazione paramilitare di estrema destra “Patrioti di Ucraina”, dedita al pestaggio squadrista dei comunisti e alla glorificazione del collaborazionista nazista Sephan Bandera, responsabile dell’uccisione di migliaia di russi, bielorussi e polacchi.
Nel 2004 su iniziativa del suo consocio Oleg Tyahnybok, il Partito Social Nazionale si trasformò nel “moderato” Svoboda. La moderazione si capisce tutta dalla celebrazione da parte di Oleg Tyahnybok, proprio quell’anno, della lotta «contro i Moscoviti, la Germania, gli Ebrei e l’altra feccia che voleva portarsi via il nostro stato Ucraino».
Parubiy partecipò, ovviamente, ai disordini della Maidan vicino (per lo meno fisicamente, come risulta da documenti fotografici) a Settore Destro un’altra organizzazione neonazista.
Infine, nel 2014, Andryi Parubiy ha fondato il Fronte Popolare, partito che ha al proprio interno un “consiglio militare” composto dai capi delle organizzazioni paramilitari naziste Azov e Aidar, altre forze fanatiche dei simboli nazisti.
Tutto questo era noto e stranoto quando la Boldrini protestò invece che Paruby è in sintonia con i valori democratici europei. A questo figuro l’allora presidentessa della camera assicurò che «l’Italia ha sempre condannato l’azione illegale avvenuta ai danni di una parte del territorio ucraino, come ha ripetutamente fatto anche l’Unione europea». Di sicuro si riferiva alla Crimea, i cui abitanti hanno inequivocabilmente votato a stragrande maggioranza il ritorno (ripeto: “ritorno”) alla Russia. Ma si sa che in Occidente se le elezioni non vanno come vogliono le élite, allora o non sono valide o sono da ripetere (quelle sui vari trattati europei sono da manuale).
Singolare forma di dissociazione mentale e di amnesia. Non solo da parte di Laura Boldrini, ma di tutta la UE, dato che il 13 dicembre 2012 il Parlamento Europeo aveva adottato la risoluzione (2012/2889) in cui si affermava che la UE è preoccupata circa «la crescita del sentimento nazionalistico in Ucraina, che si è espresso col sostegno al partito Svoboda, che, come conseguenza, è uno dei due nuovi partiti ad entrare nella Verkhovna Rada; ricorda che le concezioni razziste, antisemite e xenofobe sono contrarie ai valori e ai principi fondamentali della UE e quindi fa appello ai partiti pro-democrazia nella Verkhovna Rada di non associarsi, appoggiare o formare coalizioni con questo partito». Ma si sa, il caos sistemico può far cambiare “valori e principi fondamentali”. E anche velocemente.
Il golpe di Kiev del 2014 fa infatti parte della caotica guerra mondiale a settori scoppiata nel 2001. Il Nixon shock del 1971, il golpe cileno del 1973 e la sconfitta statunitense in Vietnam sono state le spie, economiche, politiche e geopolitiche della crisi del sistema di egemonia statunitense nato dopo il lungo conflitto trentennale 1914-1945.
Come già le feroci guerre nei Balcani e l’interminabile sequenza di guerre e aggressioni in Africa e in Medio Oriente che è seguita alle Torri Gemelle, anche il tentativo attuale di golpe in Venezuela è parte integrante della stessa offensiva per difendere ad ogni costo un’egemonia che si sta sfaldando e che i precedenti storici dicono che non si può comunque più ripristinare, nemmeno con milioni di morti. Dunque, se vogliamo dirla in termini contabili, tutte queste immani sofferenze sono oltretutto inutili, buone solo a ritardare l’inevitabile. Atrocità e oscenità all’ennesima potenza.
La sinistra europea è oggi la principale forza politica che sostiene questi insani sforzi imperiali statunitensi, e oggi lo conferma, con poche ma importanti eccezioni, come in Italia Potere al Popolo e in Francia La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon mentre la Linke tedesca non ha espresso ancora una posizione unitaria anche se alcuni esponenti di rilievo hanno preso le difese di Maduro. Inaspettata, almeno da me, ma coraggiosa la posizione antigolpista di Syriza.
Tornando a noi, quando questo governo si insediò, scrissi che la sua azione non avrebbe potuto essere autonoma ma che sarebbe stata molto dipendente dagli input esterni (https://megachip.globalist.es/politica-e-beni-comuni/2018/06/02/governo-di-cambiamento-o-governo-di-attesa-2025409.html).
Non mi ero allora però immaginato un evento esterno che facesse fare corto circuito tra “sovranisti” e sinistra cosmopolita, anche se ero perfettamente consapevole che con l’elezione di Trump il “sovranismo” alla Salvini sarebbe stato pro domo imperiale e che, Trump o non Trump. la sinistra sarebbe comunque stata agli ordini dell’Impero.
Non avevo tirato tutte le conseguenze e immaginato ogni scenario possibile, ma la realtà si è spinta fino a quello apparentemente più paradossale: Salvini a braccetto con Boldrini, Meloni a braccetto con Zingaretti.
Tutta la destra e tutta la sinistra si sono mosse latrando richiamate dal corno da caccia imperiale. In Parlamento è rimasto, da solo, il Movimento 5 Stelle. In Commissione Esteri, la sinistra-sinistra Laura Boldrini si è unita al non propriamente antifascista fratello d’Italia Andrea Delmastro Delle Vedove e alla piddina della sinistra perbenista Lia Qartapelle per attaccare violentemente Pino Cabras, unica voce eretica, da mettere sul rogo.
Non me ne stupisco, perché conosco bene Pino Cabras e ne ho la massima stima, mentre per chi lo ha attaccato non ne ho nessuna.
Sul golpe in corso in Venezuela fascisti e sinistra hanno fatto dunque corto circuito.
Poco da stupirsi se l’orgogliosamente fascista Giorgia Meloni ha in odio il “dittatore comunista Maduro” (sic!). Fa il suo mestiere di fascista. Poco da stupirsi se il “sovranista” liberal-imperiale Salvini vuole che Maduro sia cacciato il più presto possibile, fa il suo lavoro da discepolo di Steve Bannon.
La cosa atroce è che la sinistra conferma oggi che la sua lunga marcia verso la nefandezza e l’oscenità non è ancora terminata. Veramente 100 anni fa avrebbe assassinato Rosa Luxemburg come fece allora la sinistra della Repubblica di Weimar. E sono ormai sicuro che avrebbe assassinato anche Gramsci.
Pochi giorni fa sono andato a vedere “Santiago-Italia” di Nanni Moretti. Bravo, Moretti, ad aver fatto un docufilm sul golpe cileno. Meno encomiabile la sua reticenza a capire il perché e le conseguenze del golpe al di là delle sofferenze che ha inflitto. Forse non rientrava nella sua poetica tutta memorialistica e intima. Va bene. E, d’accordo, lo sanno anche i sassi che dietro al golpe e all’assassinio del presidente democraticamente eletto Salvador Allende c’erano gli Stati Uniti e la mano del consigliere nazionale per la Sicurezza, Henry Kissinger, che non ebbe peli sulla lingua:
«Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli» (Citato in Luciano Canfora Esportare la libertà. Il mito che ha fallito, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007, cap. V, 3, p. 70).
Anche oggi in Venezuela, gli Usa hanno «creato le condizioni il più possibile» per il golpe, come affermò allora Henry Kissinger per il Cile (https://nsarchive2.gwu.edu//NSAEBB/NSAEBB123/chile.htm).
Anche allora si ordì una crisi economica e si affermò che Allende affamava il suo popolo e voleva la dittatura socialista.
Ma sarebbe stato un bene che Moretti si fosse soffermato oltre che sulla memoria anche un po’ sulle conseguenze di quel colpo di stato del 1973 e su quel che significa oggi. Un significato importantissimo.
Perché lì, nel Cile del fascista Pinochet, i neoliberisti, i “Chicago Boys”, sperimentarono per la prima volta le loro teorie. In realtà sperimentarono una nuova forma regolatoria dell’accumulazione capitalistica, cioè un nuovo modo di gestione del potere politico, economico e finanziario che di lì a poco dilagò in tutto il mondo occidentale in contrasto col compromesso di classe keynesiano che si era imposto dopo la II Guerra Mondiale (da cui l’odio per le Costituzioni europee antifasciste espresso dalla finanza americana, JP Morgan in testa, e condiviso subito da Renzi).
Con la caduta dell’URSS e l’incalzare della finanziarizzazione neoliberista dell’economia occidentale promossa da Reagan e dalla Thatcher, a partire dai primi anni Novanta i più grandi sostenitori di questo nuovo corso furono in Europa proprio i partiti di sinistra.
Così nello Stadio Nazionale di Santiago del Cile si consumò il peccato originale e oggi ne vediamo dappertutto le atroci e disperanti conseguenze, economiche e politiche. E morali.
Così come allora bisognava stare con Salvador Allende, qualsiasi errore o colpa potesse avere, allo stesso modo oggi bisogna stare con Nicolás Maduro. Chi non lo fa è il degno erede di chi torturò e uccise Victor Jara, come la sinistra italiana contemporanea ha infine dimostrato, con cristallina evidenza, di essere.
Il film di Nanni Moretti mostra la straordinaria e attiva solidarietà che i partiti di sinistra italiani e i sindacati mostrarono nel 1973 per Salvador Allende e per le vittime della repressione golpista.
E oggi? Tutti insieme appassionatamente dalla parte dei golpisti.
Non è solo finita un’epoca, è finita una civiltà!