di Pino Cabras.
Non è un caso che le forniture di armi agli avventuristi che dal 2014 si sono impiantati nei gangli dello stato ucraino oggi ci portino a un passo dal punto di non ritorno. Ora trascinano le classi dirigenti occidentali in blocco, tanto quelle guerrafondaie quanto quelle riluttanti ma alla fine rassegnate all’obbedienza.
Non è un caso, perciò, che proprio oggi l’orologio simbolico che dal 1947 segna il punto più vicino alla Mezzanotte Nucleare scandisca appena novanta secondi davanti all’Apocalisse. È il battito di ciglia più breve da quando il simbolo fu inventato, ad opera di fisici e altri scienziati che avevano capito in quale nuova era ci avesse portato la Bomba, in mezzo a un mondo ancora ignaro e da risvegliare.
In mezzo a un pianeta ancora una volta ignaro e davanti a una scienza sempre più irreggimentata, sopravvive nel XXI secolo la figura del fisico appassionato della causa della pace e della sopravvivenza dell’Umanità. I fisici più sensibili del XX secolo sentivano l’enorme responsabilità che ricadeva sulle spalle della scienza per via delle potenzialità distruttive delle armi atomiche, e in tanti diventavano attivisti fervidi. Erano i fisici del “Dopo Hiroshima”. L’avevano inventata loro, la comprendevano meglio di tutti. Erano stati abili a sensibilizzare intere generazioni di politici e militari, oltre che moltitudini di cittadini che diventavano più consapevoli. Benché il potenziale atomico crescesse e accompagnasse minacciosamente la Guerra Fredda, anche gli attori di quello scenario bellico sapevano grazie ai fisici che la sopravvivenza dell’umanità era diventata una contingenza in mano all’Uomo. Purtroppo, oggi i fisici trovano orecchie meno attente e reazioni più inceppate. Ecco perché le lancette diventano più prossime a quella Mezzanotte che fa finire il mondo. La catastrofe si intravede nella sommatoria di tanti piani inclinati che faranno cadere le nazioni e poi l’ecumene.
Nel grande dramma risuona l’ottusità del dramma italiano, con capi e seguaci che ci portano in guerra senza sapere perché. Lancia l’allarme il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore: «ci siamo voluti invischiare, abbiamo voluto puntare tutto sulla prosecuzione di questa guerra e temo che se non ci sarà qualche illuminazione nei confronti di chi dirige questa operazione spaventosa, ci troveremo con le mani legate». Con l’invio dei carri armati Leopard e con le altre forniture si va dritti verso la guerra. Dobbiamo saperlo.
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