di Pino Cabras.
Giuliano Amato quando si muove non lascia nulla al caso. Sapeva entrare di soppiatto con un clic in milioni di conti correnti anche se viveva appena agli albori della telematica di massa. Oggi sa entrare fischiettando come un passante distratto e incolpevole anche nelle dinamiche geopolitiche agli albori della terza guerra mondiale.
Riassumiamo l’accaduto. “La Repubblica”, uno degli organi di stampa più fedeli a qualunque narrazione atlantista, anche la più manipolata e falsa, intervista Giuliano Amato, uno dei politici che ha attraversato tutta la fase che ha preparato il terreno e poi gli sviluppi del maggiore asservimento dell’Italia allo straniero. L’intervista per una volta non è intesa a difendere di nuovo e ancora le magnifiche sorti della NATO e della dittatura dello spread, ma rivela in sostanza che i governanti hanno sorretto per decenni l’infame depistaggio della strage di Ustica, una “trappola NATO” (parole loro) contro un leader anticoloniale, Gheddafi, risoltasi invece in un massacro di innocenti ad opera dei militari francesi e poi in un’infinita catena di morti sospette di chiunque potesse rivelarla. E di tutto questo chiedono conto al presidente francese Emmanuel Macron, proprio nel momento in cui la nomea della Francia è ai minimi nel suo spazio neocoloniale africano.
Dunque, sia l’organo NATO sia l’intervistato (l’autobiografia vivente del potere repubblicano) sopportano senza battere ciglio la dissonanza di un racconto che mostra il volto brutale del potere, la patente violazione del diritto internazionale, l’uso di esercitazioni a copertura di altre operazioni, la concatenazione degli insabbiamenti, l’oscura presenza della menzogna sistematica nella costruzione atlantista mascherata da ragion di Stato. Siccome hanno mentito sempre, le presunte verità che fanno emergere sono condizionate dal contesto menzognero che intendono mantenere intatto.
Nel campo delle manipolazioni spionistiche esiste il concetto di “limited hangout”, ossia una fuoriuscita limitata, una tattica di disinformazione che consiste nel rivelare alcune informazioni vere, che possono anche fare danno a chi le rilascia, ma solo in parte, allo scopo di distrarre l’attenzione dal resto della verità o da danni da infliggere ad altri soggetti. Cioè: sacrifico un po’ di reputazione, anche in modo irrimediabile, ma ottengo un vantaggio strategico da un’altra parte, che compenserà ampiamente le perdite. Faccio come la lucertola: perdo la coda e distraggo il predatore ma intanto mi salvo e vado altrove. Il danno reputazionale ricevuto dalla politica italiana, che di suo non è proprio ai massimi storici, è limitato. Il massimo danno apparente è dirottato sull’Eliseo.
La Francia, il soggetto che ora riceve il maggiore colpo reputazionale, sta subendo l’onda lunga del processo di decolonizzazione. Circa sessant’anni fa venivano smantellate le impalcature giuridiche strettamente coloniali e nascevano decine di nuovi stati sovrani, ma veniva riorganizzato un neocolonialismo che doveva perpetuare la rapina delle risorse e interveniva in modo mirato per soffocare in culla possibili rivoluzioni come quella di Sankara. Alla fine i tempi sono maturati per rovesciare pezzo per pezzo il soffocante neocolonialismo di Parigi. Sono cresciute classi dirigenti che hanno ampliato i loro riferimenti e alleanze, e sono cambiati profondamente i sentimenti delle popolazioni: emanciparsi da Parigi ha consenso popolare. Gli Stati Uniti hanno tutta l’aria di considerare la France-Afrique una causa persa e quindi hanno interesse a influire sulle condizioni della resa francese per sostituirne l’influenza con chiunque non sia la Cina, al punto che per certi versi andrebbe loro bene in parte l’Italia o persino – udite udite – la Russia. Tutto, fuorché Pechino e le sue Vie della Seta.
Questo indebolisce la Francia, indubbiamente. E che problema ci sarà mai, per Washington? Già da tempo, quella che si presenta come una guerra in Ucraina è in realtà una guerra contro l’Europa, che nel contesto della de-globalizzazione sarà resa più vassalla e indebolita economicamente per riorganizzare un campo geopolitico e geoeconomico a trazione anglosassone. Onde per cui va demolita la doppia locomotiva che trascinava la lunghissima fase burocratica dell’Unione Europea: Germania e Francia. Alla prima hanno tolto l’energia a basso prezzo, anche a suon di mega-sabotaggi a carico delle infrastrutture, dove occorreva. Alla seconda spetta un solenne ridimensionamento del suo rango geopolitico. Le classi medie stanno subendo un processo di impoverimento che andrà ancora avanti, con poco spazio per le velleità di dirigenti peraltro arrendevoli e attenti a salvare i loro privilegi, ora da rinegoziare in condizioni di subalternità.
Giuliano Amato, queste cose le sa, si è già occupato da vicino di negoziazioni sul futuro dell’Europa. Nel 2001-2003 era vicepresidente della «Convenzione europea sul futuro dell’Europa» un organo istituzionale straordinario e temporaneo della UE che doveva progettare una Costituzione Europea. Il presidente era Valéry Giscard d’Estaing, una personalità che il 27 giugno 1980, la sera di Ustica, era ancora il presidente della Repubblica Francese. Chissà se il Dottor Sottile gli ha mai chiesto l’alibi per quella sera. Intanto, quella Costituzione non vide mai la luce, ma da sempre scorre sotto traccia un’ideona, cioè la fuga in avanti degli Stati Uniti d’Europa, un costrutto giuridico integrato con cui perfezionare il cortile coloniale europeo per conto delle potenze egemoni anglosassoni.
L’ideona c’è sempre, e può diventare una tentazione irresistibile per stati intimiditi, impoveriti, ridimensionati, coinvolti in una guerra che potrebbe essere di lunga durata, sotto la “protezione” di chi lo stragismo lo ha saputo usare a piene mani. A questo proposito, quel che Amato dice oggi su Ustica lo aveva detto paro paro l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel 2008, stessa identica descrizione. Lo stesso Cossiga nel 2007 si era espresso sui mega-attentati dell’11 settembre 2001 sul suolo USA affermando che «tutti gli ambienti democratici d’America e d’Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato è stato pianificato e realizzato dalla CIA americana e dal Mossad». Per cosa? per mettere «sotto accusa i Paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq sia in Afghanistan». Interessante, no? Amato, Repubblica, nulla da dire?