di Pino Cabras.
Le false narrazioni del conflitto
Nella guerra ucraina, finora combattuta con armi non nucleari, i rapporti di forza sul campo ci rivelavano fin dall’inizio un forte divario di mezzi e tecnologie in favore della Federazione Russa. Quella disparità non poteva che portare all’inevitabile sconfitta di Kiev, anche ipotizzando, come in effetti poi c’è stato, un enorme dispendio di mezzi economici e militari delle potenze occidentali per tenere in piedi il blocco ipernazionalista che aveva preso il potere nel 2014.
Per avere un ordine di idee, le spese di Washington e dei suoi vassalli (europei e non solo) in favore di Zelensky & C. sono largamente superiori alle spese militari dell’intera Federazione Russa (che sono dedicate solo in quota minoritaria all’operazione militare in Ucraina). Aggiungiamo che le decine di tornate di nuove sanzioni, presentate come un mezzo per strangolare Mosca, si sono scontrate con una realtà opposta in cui la Russia ha riassorbito il colpo (al netto di certi inevitabili squilibri finanziari) e ha un’economia in espansione, laddove l’Europa soffre un repentino processo di deindustrializzazione, particolarmente drammatico e sconcertante in Germania.
Allora dobbiamo chiedercelo: perché l’Occidente collettivo ha scommesso così tanto – praticamente tutto – su un cavallo palesemente zoppo? Qualcuno risponda.
La corrente principale dei media e gran parte dei governanti in proposito offre sempre due risposte. Per come abbiamo imparato a conoscere i loro comportamenti, sono per forza risposte false.
La guerra per procura: strategia e limiti
La prima risposta è che si vuole difendere a tutti i costi la “democrazia ucraina” contro “l’autocrazia che attacca un paese sovrano”.
La risposta è falsa per due motivi: in primo luogo, in Ucraina non c’è democrazia perché il regime ha chiuso d’imperio, a partire da ben prima del 2022, tutti i partiti e tutti gli organi di informazione che proponevano soluzioni diverse dallo scontro frontale nazionalistico con la Russia; in secondo luogo, i paesi che forniscono armi a Zelensky sono gli stessi che danno armamenti al Tiranno della Terra Santa per fare stragi di bambini e violare costantemente la sovranità dei propri vicini, dunque sono soggetti che lungi dal difendere a ogni costo valori e principi di pace, sono invischiati in complicità gravi con una classe dirigente di genocidi suprematisti, da loro incoraggiati nei fatti materiali con un cinismo spietato. Inoltre, sono gli stessi paesi che considerano normale che gli USA abbiano invaso una parte della Siria dove rubano gran parte del petrolio siriano. I dirigenti europei non possono essere minimamente credibili come soggetti disposti a suicidare le loro economie per difendere i diritti dei popoli e l’integrità dei territori degli Stati.
La seconda risposta è che si vuole “fermare l’espansionismo russo che vuole invadere tutti i vicini e addirittura conquistare l’Europa”, per cui esso va fermato a Mariupol, altrimenti arriva a Parigi.
Anche questa risposta è un falso grossolano; non è altro che l’anacronistica riedizione di una paranoia da generale fanatico antisovietico degli anni cinquanta, un fattoide infondato e stereotipato che non tiene conto né della reale posizione russa e della sua dottrina militare, né delle condizioni demografiche di questo presunto invasore dell’Europa (che in nessun modo possono essere sufficienti per progetti espansionistici così vasti), né dell’impostazione reale multipolare delle relazioni internazionali di Mosca, ribadita in ogni occasione.
Riepiloghiamo: 1) dirigenti politici che offrono decine di miliardi a un genocida nel Vicino Oriente e accettano o fomentano invasioni “amiche” non possono essere credibili come difensori del diritto internazionale e della democrazia; 2) dirigenti politici che imbrogliano sulla postura militare russa ritenendo che voglia ricreare il sistema sovietico costruiscono l’intero edificio della sicurezza dei loro rispettivi popoli su un terreno sbagliato e con calcoli infondati.
Dunque, perché questa gente senza valori e senza cura della sicurezza insiste su questo investimento sbagliato dalle proporzioni catastrofiche? Perché punta così tanto sull’Ucraina?
La questione è che da anni i capi occidentali erano impegnati in un conflitto contro la Federazione Russa, ma non volevano affrontarla direttamente, poiché questo avrebbe significato rischiare uno scontro nucleare in breve tempo, considerato che le guerre richiedono lunghe pianificazioni. Avevano bisogno di una base “neutrale” per condurre una lunga guerra per procura, evitando un coinvolgimento formale. Finché esiste quella piattaforma bellica che non è tecnicamente un membro della NATO, sussiste l’alibi che copre l’attrito di guerra fra NATO e Russia con una finzione sempre più labile. Poi non più.
Tutti possono trovare argomenti giuridici, politici, morali, militari per disapprovare l’Operazione Militare Speciale, l’intervento deciso dai vertici della Federazione Russa in territorio ucraino a partire dal febbraio 2022. Nondimeno l’intento era politicamente inequivocabile: togliere di mezzo la piattaforma ostile. A Mosca avevano capito e concluso che la questione era quella e non si prestava a nessuna rimozione né psicologica né politica. Hanno deciso di non far più finta di nulla e di non rinviare più una resa dei conti che vedevano inesorabilmente presentarsi. Può non piacerci, può essere motivo di rabbia , ma non possiamo dire che non ci sia stato spiegato bene quel che volevano dall’altra parte.
Gli sviluppi della guerra ora portano a privare l’Occidente della piattaforma “neutrale”, modellata per la belligeranza per procura contro Mosca.
Il progetto non ammette però che si possa desistere: deve andare avanti a qualsiasi costo. Di conseguenza, è quasi ineluttabile che la foglia di fico degli “aiuti all’Ucraina”, una volta giunti alla vigilia del crollo della giunta di Kiev, lasci il posto a una verità nuda e cruda e il confronto si sposti in modo più completo sul formato Russia/Occidente. Cosa che di per sé aumenta fulmineamente l’intensità del conflitto (dunque: “escalation” sempre più incontrollabile) e crea le condizioni per arrivare prima – e in chiave apocalittica – all’appuntamento con la crisi globale.
Il coinvolgimento diretto: un salto nell’abisso. È il “Momento Stranamore”
Per un Occidente che viene guidato solo con questo progetto (che non prevede alcun “Piano B” in termini di pace) la perdita dell’Ucraina (ossia della piattaforma usata “per delega” al fine di far arretrare la Russia) non lascia altra scelta se non aumentare il proprio coinvolgimento diretto. L’Occidente si trasforma così in un sistema che anche dal punto di vista economico è interamente votato alla guerra. Il problema attuale, dal punto di vista di chi ha voluto questa missione bellicista, è che il coinvolgimento più diretto avviene senza che sia stata ancora completata la pianificazione, senza prospettive immediate di raggiungere la scala dimensionale adeguata al sogno perverso della guerra mondiale: in Occidente oggi ci sono poche munizioni, nessuna schiacciante superiorità industriale. C’è una logistica acerba. Ci sono eserciti ben lontani dai numeri di una guerra mondiale, con opinioni pubbliche non mobilitate o persino refrattarie a qualsiasi retorica di guerra. In queste condizioni, proseguire con armi convenzionali è insostenibile nel breve termine, senza che esista possibilità di modificare subito questa realtà. Servono altri escamotage, che però portano la guerra su un altro tipo di terreno, imprevedibile e pericolosissimo.
La logica stessa del confronto voluto dall’Occidente porta a spalancare le porte della sala comandi ai Dottor Stranamore. È il loro momento, tanto aspettato, e ci siamo tutti in mezzo, purtroppo.
La politica non pone loro alcun argine. Di certo non quella dell’Unione Europea, sempre più riconoscibile come la sorella scema della NATO. Il 27 novembre 2024, durante il suo discorso di insediamento per il secondo mandato di presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen davanti alla plenaria dell’Europarlamento ha giustificato la sua chiamata alle armi (letteralmente) dicendo che per l’Europa «la libertà non sarà gratuita» come in passato. E come si paga la libertà, di grazia? «Dobbiamo attuare il Piano Draghi», ossia quel documento in cui l’uomo che ieri strangolava la Grecia, l’Italia e le classi medie in nome del “debito che non si può fare” per pensioni e ospedali, oggi dice che “il debito si può e si deve fare” per le armi. Che dire? Già adesso, i paesi UE investono in armamenti una cifra doppia rispetto alla Russia e superiore a quella della Cina. Tuttavia, per la Missilessa Cotonata, questi livelli di spesa sono ancora poca cosa. Ursula tuona: «La Russia spende fino al 9% del suo Pil per la difesa. L’Europa spende in media l’1,9%. C’è qualcosa di sbagliato in questa equazione». Potrei dirlo anche io, perché è falso che Mosca spenda il 9%: i dati ultimi del 2023 dicono 4,4%, ma passi pure e andiamo al punto. Dove vogliono andare a parare?
Ce lo ha spiegato appena il giorno prima uno dei nuovi Dottor Stranamore, l’ammiraglio Rob Bauer, l’olandese che ricopre la carica di Presidente del comitato militare NATO, l’organo composto dai capi di stato maggiore della difesa degli stati membri. Bauer ha dettato la linea della NATO alla sorella scema, la UE: «Gli europei devono essere disposti a sacrificare i beni di lusso per sostenere l’Ucraina e prevenire uno scenario di guerra per i paesi del continente minacciati da Russia e Cina». Va bene, mi tengo la Micra e rinuncerò alla Ferrari, ma non credo che Bauer intendesse quel lusso.
Questi signori classificano come “beni di lusso” tutto il tenore di vita in blocco delle intere masse occidentali e considerano le classi medie come entità da demolire in poche mosse. Sentite cosa dichiara appena il giorno dopo in un’intervista al «Financial Times» la Comare Secca della BCE, Christine Lagarde (un’altra sicaria della Grecia in nome del debito): con gli USA dobbiamo avere «una strategia del libretto degli assegni» con cui «acquistare alcune cose dagli Stati Uniti», ad esempio il gas naturale liquefatto e le attrezzature per la difesa, cioè quel che già facciamo dissanguandoci e senza il riparo del Nordstream, ma a un ritmo più intenso. Insomma, per evitare una guerra dei dazi con Trump, consegniamoci spontaneamente a un pieno, ulteriore e incondizionato nuovo livello di vassallaggio! Sarà una limpida sottomissione da tributari che pagheranno tutto più caro, molto molto più caro, all’Egemone d’Oltreoceano. Il quale deve mantenere in modo non negoziabile la sua quota del 25% dell’economia mondiale con il 4,5% della popolazione, mentre l’Europa deve spianare la strada a un suo definitivo declassamento che avverrà in tempi socialmente non ammortizzabili.
La militarizzazione dell’economia europea
Naturalmente la signora Von Der Leyen promette invece magnifiche sorti, e lo fa con la solita lingua di legno degli eurocrati: «chiudere il divario d’innovazione con gli Stati Uniti e la Cina» (solo che la UE lo dichiara vanamente da trent’anni mentre va sempre più indietro e ora sarà peggio) e infine giungere a «un piano comune per la decarbonizzazione e la competitività» (cioè l’esatto contrario: aggravare i disastri di una politica pseudo-green che sta già demolendo industria, lavoro, capacità di giocare alla pari con altre economie).
Il lavoro e il risparmio europeo, i dividendi della prosperità accumulati in generazioni, saranno ora visti come una specie di deposito minerario da cui sarà attinto avidamente in pochi anni il materiale da bruciare nella guerra, che è anche la più grande lavanderia per il riciclaggio del denaro sporco che si possa immaginare. Che la guerra servisse anche a questo, lo diceva anni fa Julian Assange a proposito dell’Afghanistan, e lo dice oggi il generale Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale USA, che sostiene che fino al 50% dei fondi ufficialmente stanziati per aiutare l’Ucraina sono sottratti alla loro destinazione per essere suddivisi fra donanti e riceventi in un patto mefistofelico a cui si sacrificano intere coorti di giovani usati al fronte come materiale di consumo. Difficile per un complesso militare-industriale che ha beneficiato di trilioni di dollari nel ventennio di guerra afghana del XXI secolo rinunciare al bengodi. Il riciclaggio deve continuare. Con la guerra nella fase attuale vediamo la crescita di questo gigantesco apparato, incredibilmente costoso e poco efficiente, profondamente dannoso e sempre più invasivo e opprimente, al punto da rappresentare una minaccia esistenziale per l’umanità. Guidato da politici irresponsabili e privi di reale autonomia decisionale, esso si limita a sottrarre risorse in modo parassitario. A supportarlo, un sistema mediatico corrotto e fanatico, che ne amplifica le azioni e ne legittima l’operato.
La NATO e la dottrina dell’attacco preventivo
Perciò possono allargarsi con uno uno spazio mai visto prima le posizioni del già citato ammiraglio Bauer. Il nostro novello Stranamore ha dichiarato che la NATO dovrebbe valutare «attacchi di precisione preventivi» contro la Federazione Russa in caso di escalation militare, sottolineando che non è più tempo di aspettare passivamente un attacco. Guerra preventiva, dunque. Il presidente del Comitato Militare della NATO lo ha affermato durante un evento a Bruxelles, organizzato dall’European Policy Centre: «È più prudente non aspettare, ma colpire i lanciatori russi.» Meglio: «È necessaria una combinazione di attacchi di precisione per disabilitare i sistemi utilizzati per attaccarci, e dobbiamo colpire per primi». Colpire per primi. È un cambio di paradigma, una dottrina offensiva che legittima l’uso preventivo della forza contro una massima potenza nucleare.
Fin dove si spingeranno, visto che l’attuale “guerra non nucleare” – lasciata andare così com’è – sarebbe solo un conto alla rovescia verso la sconfitta del “progetto”? Il primo cambio di passo invocato dai falchi più attivi è precipitoso: giocoforza aprire il negoziato con la Russia, ma solo per inevitabili concessioni territoriali e non per un ridisegno del “progetto” occidentale.
La Russia non accetterà, in tutta evidenza. Non le conviene in nessun modo.
Muovono le pedine
I manovratori occidentali saranno costretti ad altre azioni – pressioni e ricatti militari – e già le vediamo in campo, in una logica globale. Muovono tutte le pedine a disposizione:
- Gli schiavetti lobotomizzati dell’Europarlamento: leggiamo in un suo comunicato che il 28 novembre il Parlamento UE ha approvato una nuova risoluzione (non vincolante) per l’uso di armi europee sul territorio russo: «i deputati accolgono con favore la decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di consentire all’Ucraina di utilizzare sistemi missilistici avanzati su obiettivi militari all’interno del territorio russo e chiedono ai Paesi UE di fare altrettanto».
- I servi dell’opposizione georgiana: contro ogni ragionevolezza e contro ogni proporzione, l’opposizione georgiana a libro paga delle cricche atlantiste – che ha perso malamente le elezioni parlamentari contro quel partito di governo che vuole evitare di trasformare la Georgia in una seconda Ucraina in guerra con la Russia – non riconosce le elezioni regolari, spalleggiata dalle istituzioni UE e dall’amministrazione uscente USA, e inizia un tentativo golpista incendiando gli animi delle piazze. Per chi orchestra la sedizione da lontano è vitale un focolaio volto a paralizzare su un altro fronte la Russia.
- I triplogiochisti turchi: la Turchia, che pure gioca fra mille ambiguità un ruolo di apertura e negoziato con Mosca traendo vantaggi geopolitici, ora scatena di nuovo dopo anni i tagliagole jihadisti in Siria per attaccare Assad e creare un altro fronte caldo per Mosca, con qualche beneplacito israeliano. Quanto scommettiamo che il tema entrerà nell’equazione del negoziato sull’Ucraina?
- La pannocchia guerrafondaia: l’ex premier britannico Boris Johnson, un fervente russofobo fanatico, al centro di una potente rete che usa ogni leva violenta, incluse le milizie naziste ucraine, per imporre la volontà di Londra in questo conflitto, afferma che qualsiasi possibile cessate il fuoco in Ucraina deve includere il dispiegamento di una missione europea di “mantenimento della pace”, compreso un contingente del Regno Unito (potenza nucleare). All’obbedientissima nuova alta rappresentante della politica estera UE, Kaja Kallas, non è parso vero di poter scattare sull’attenti per “non escludere l’invio di truppe europee”, trovando l’eco dell’altra obbedientissima burattina, Annalena Baerbock, ministra degli esteri tedesca e del presidente francese Emmanuel Macron, che si dice pronto a mandare soldati francesi.
- I pazzi nervosi: l’impellenza e il nervosismo è tale che il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, così come il dittatore impazzito dello Stato di Bananas di un vecchio film di Woody Allen – che improvvisamente voleva imporre lo svedese come lingua ufficiale del paese – il 3 dicembre vuole restaurare la democrazia abolendola, per il tramite di una legge marziale golpista, rigettata dal parlamento; il tutto per prevenire il pericolo Corea del Nord, stretta alleata militare della Russia.
- Le vecchie atomiche: in modo concitato, a Londra e Washington si parla di “restituire” all’Ucraina, ossia in realtà fornirle “ex novo”, nientemeno che alcune bombe atomiche, superando le linee rosse senza riguardo per Mosca. Il tutto con una fretta boia.
Tutte queste belle pedine – che si muovono proprio nel momento in cui la vecchia amministrazione USA ancora in carica vuole avvelenare i pozzi a Trump – vengono valutate con molta attenzione, ci potete contare, in quel di Mosca. Il Servizio di intelligence estero russo (SVR) diretto da Sergei Naryshkin vede la NATO sempre più propensa a “congelare” il conflitto in Ucraina in funzione di una sorta di novello “Accordo di Minsk” con gli stessi intenti nascosti dei precedenti: rimettere in piedi la capacità di combattimento delle forze ucraine usando a questo unico scopo la tregua. I russi notano che “«la NATO sta già dispiegando in Ucraina centri di addestramento, che dovrebbero inquadrare e formare almeno un milione di ucraini mobilitati»: le insistenze dell’amministrazione USA affinché Kiev arruoli i diciottenni e raschi il barile della carne da cannone sono sempre più incalzanti. Notano anche che la NATO collabora attivamente anche con le aziende militari-industriali occidentali, chiedendo investimenti e inviando specialisti e attrezzature in Ucraina. Insomma, non si bevono le promesse di intenti pacifici di Johnson & C.: «L’Occidente risolverà questi compiti sotto le mentite spoglie di schierare un “contingente di peacekeeping” nel paese. In totale, si prevede di introdurre 100.000 “peacekeeper” in Ucraina», dice l’SVR. E aggiungono cosa ritengono di percepire come imminente: «di fatto, l’Ucraina è occupata: le sue regioni settentrionali, compresa la regione della capitale, diventeranno zona della Gran Bretagna; il centro e l’est del paese: – la Germania; le regioni occidentali: – la Polonia; infine la costa del Mar Nero: – la Romania.»
Gli scenari futuri: dalla provocazione nucleare alla possibilità di pace
Al di là delle schermaglie: è chiaro che a Mosca, visti i precedenti, non si fidano di soluzioni tampone che lascino intatto il problema di una qualche porzione di Ucraina usata come piattaforma ostile di lancio missili. Il principio che “un negoziato ci sia” è oggi finalmente accettato come ineluttabile anche in Occidente e perfino a Kiev, ma parte da un presupposto negoziale irricevibile da Mosca (il semplice “congelamento” della linea del fronte) e per questo l’equivoco si scioglierà molto presto.
Siccome i caporioni NATO, come detto, non prevedono alcun Piano B, nemmeno alcuna vera “strategia di uscita”, si lasciano come unica strada percorribile quella dell’«escalation», a partire da un’intensificazione delle provocazioni, non esclusa la follia di dare armi atomiche all’Ucraina per un’operazione trappola con cui costringere Mosca a un salto nel livello nucleare. Questo, tutti, oggi, devono sapere. L’unico modo per tenere in piedi il Piano A, che poi è il piano unico, è attirare Mosca dentro il laccio della logica nucleare, creando “fatti compiuti” che la obblighino a uscire dal “convenzionale”, dove il Piano A fallirebbe per certo.
Da parte di Vladimir Putin si è dato un doppio segnale forte, da un lato con il ritocco della dottrina nucleare russa, dall’altro con la dimostrazione sul campo – in Ucraina – del nuovo missile Oreshnik a testata multipla. Il missile a sua volta trasmette, per diramazione, due ulteriori segnali diversi: il primo, drammatico, è la dimostrazione che in questo modo esiste un inedito vettore a medio raggio in grado di portare tante testate nucleari su tanti obiettivi diversi senza alcuna possibilità di fermarle, cosa che porta a un vicolo cieco la guerra totale voluta dagli Stranamore; il secondo segnale, assai sorprendente, è enfatizzato dallo stesso Putin: il missile in questione è in grado di infliggere danni devastanti anche senza testate nucleari, dunque senza l’inevitabilità dell’accumulazione di una massa abnorme di vittime civili e di fallout radioattivi in corrispondenza dei colpi strategici, tanto che il presidente russo ha descritto l’effetto di un attacco con l’Oreshnik senza il nucleare paragonandolo alla forza devastante di un bolide che arriva dallo spazio. «La storia ci insegna cosa può provocare la caduta di un meteorite, con conseguenze talmente imponenti da creare, in certi casi, perfino laghi interi», ha affermato Putin. In linea di principio, questa nuova classe di armamenti potrebbe liberare Mosca dal dover rispondere in modo direttamente atomico alle pervicaci provocazioni volte a farle usare le armi nucleari tattiche. Con ordigni che possono arrivare a 14mila kmh in qualunque punto strategico dell’avamposto europeo, il gioco cambia.
Questo mi fa temere più decisamente che dal lato atlantico si possa tentare il tutto per tutto per portare comunque la guerra al livello superiore, con provocazioni nucleari o con un’invasione affrettata dell’Ucraina da parte delle truppe NATO.
Registriamo che non c’è nessuno, presso i vertici occidentali, che voglia liberare il campo dagli isterismi di tutta questa fuffa piromane. Anzi, ogni giorno fanno a gara a chi propone più passi verso la guerra.
Eppure, la soluzione pacifica c’è: Rinunciare a soluzioni che ripropongano la piattaforma ostile, governare il “melting pot” post-sovietico con un’architettura di sicurezza europea che consideri la sicurezza un “bene indivisibile”, che riconosca alla Federazione Russa una funzione co-dirigente, un processo di disarmo bilanciato, una regolazione dei confini che renda tutti più sicuri rispetto alle linee ereditate da uno stato che non c’è più (l’URSS), soluzioni alla Trentino Alto-Adige dove occorre (in tante enclave e luoghi di confine e di crogiuolo multietnico), smantellamento degli apparati ideologici sovvenzionati che fomentano la russofobia, fermare il processo di espansione della NATO e altre istituzioni dalla postura belligerante, ricostruire un sistema di relazioni equilibrato e non in contrapposizione tra diverse economie-mondo.
Il fatto che la UE si tenga la Von Der Leyen e tutta la sua Commissione (che sembra il Bar di Guerre Stellari, anzi di Guerre Russofobe), ci dice da solo che l’impatto con la realtà da parte dei popoli europei sarà durissimo.
Non bisogna comunque demordere. Dovremo spenderci per conquistare spazi sovrani. La rigidità degli schemi del Potere che vuole sciogliere le nostre vite nella guerra non va confusa con una forza imbattibile. La loro rigidità non è una schiena dritta. Siamo noi ad avere la schiena dritta. Siamo pochi, ma ci temono perché possiamo essere molti.