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'L''ossimoro dei "mercati autoregolati"'

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10 Febbraio 2012 - 19.06


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neo liberalism 20120211

di Alberto Rabilottarebelion.org
Tradotto da www.comedonchisciotte.org

Ossimoro, nel dizionario della lingua spagnola, significa “combinazione di due parole o espressioni di significato opposto nella stessa struttura sintattica, che dà origine a un nuovo significato: per esempio silenzio fragoroso”. Un altro esempio (che non c”è nel dizionario) è l”espressione “mercati autoregolati”, cioè il sistema neoliberista che per sopravvivere “esige regolarmente l”intervento statale e l”azione coercitiva dello Stato”.

Il Consenso di Bruxelles, come prima il Washington Consensus

In occasione del vertice dell”Unione Europea (UE) che si è tenuto a Bruxelles il 30 gennaio scorso è stato concordato un Trattato sulla Stabilità, Coordinamento e Governo per l”Unione Economica e Monetaria che, per volere della Germania – come riporta il quotidiano britannico The Guardian – trasforma la Commissione Europea nell”organismo cha fa da “cassiere” dei bilanci statali che da adesso in poi dovranno essere confezionati dai paesi membri dell”UE, e la Corte di Giustizia Europea nell”istituzione che applicherà il “rigore fiscale” nell”eurozona.

Per essere più chiari, questo Trattato (che non fa parte dei Trattati dell”UE per evitare il processo di ratifica e permettere che entri in vigore solo con l”appoggio di 12 dei 27 paesi dell”UE) trasforma la Commissione nell”istanza sovranazionale che deciderà, al posto dei parlamenti, la politica della spesa pubblica, e la Corte di Giustizia nella “polizia fiscale sovranazionale” che, riprendendo l”interpretazione del quotidiano britannico, “può applicare in modo quasi automatico” multe agli Stati che in maniera persistente non rispettino le nuove regole che rendono illegali i deficit fiscali. E il Trattato rende obbligatoria per i 17 paesi dell”Euro zona, e per quelli che verranno accettati in futuro, l”adozione obbligatoria di disposizioni o di modifiche costituzionali per “abolire il diritto dei governi a incorrere in livelli eccessivi di debito nazionale“.

La Cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo il quotidiano, ha dichiarato che “questo freno al debito sarà obbligatorio e valido per sempre. Mai (i governi) potranno modificarlo tramite una maggioranza parlamentare”. Ossia, per dirlo con parole più dure, la democrazia parlamentare non potrà mai liberarsi di questa camicia di forza imposta dai “sacri” interessi della plutocrazia finanziaria e dai suoi alleati.

E quindi, l”UE ha istituzionalizzato per l”eurozona un orrore equivalente al Washington Consensus (del 1989) che, con i suoi dieci comandamenti, è servito a far sì che la Banca Mondiale, il FMI e la maggioranza delle istituzioni controllate dagli Stati Uniti imponessero in America Latina negli anni ”90 le politiche di governo destinate a distruggere quello che restava in piedi dello “Stato benefattore” e a fare in modo che si sviluppassero i “mercati autoregolati“, o meglio il neoliberismo: politiche di austerità, di deficit zero, di libero commercio, di investimenti stranieri protetti, di privatizzazione dei servizi pubblici, la “mobilità” lavorativa per distruggere i sindacati e applicare salari più bassi, oltre ad altre misure che hanno provocato conseguenze socioeconomiche disastrose e durature per i popoli latinoamericani.

Questa politica ora verrà applicata integralmente in Grecia e nella maggior parte dei paesi dell”eurozona che ora hanno il peso di un debito pubblico prodotto, in una buona percentuale, dalla “socializzazione” delle perdite delle banche private europee, che tra l”altro sono state e continueranno a essere salvate per le insolvenze dalla Banca Centrale Europea affinché recuperino la posizione dominante nel settore finanziario.

La deriva autoritaria del governo della signora Merkel è venuta alla luce nei giorni precedenti al Vertice di Bruxelles, quando alcuni funzionari tedeschi hanno rivelato alla stampa che la Germania esigeva che “la Grecia cedesse il suo potere in materia di bilancio all”UE”. La proposta di inviare un “commissario” dell”Unione Europea per mettere mano al bilancio del governo di Atene ha causato malcontenti in Grecia, in Italia e negli altri paesi indebitati che, in cambio dell””aiuto” che salverà le banche creditrici, devono applicare i brutali programmi di aggiustamento strutturale e la politica di “zero deficit” dei conti pubblici.

Ci sono analisti, come l”esperto di investimenti Marshall Auerback (autore di “The Germans Launch a Blitzkrieg on the Greek Debt Negotiations”), che vedono in questa minaccia della Cancelliera Merkel e della cosiddetta Troika (la Comunità Europea, la BCE e il FMI) – secondo cui “l”austerità fiscale verrà realizzata secondo le nostre regole” – un segnale nei confronti degli altri paesi indebitati, come Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia: “Cercate di rinegoziare (il debito) come stanno facendo i greci e vi porremo sotto il nostro controllo. L”alternativa è che usciate dall”Eurozona.”

Senza essere pessimisti, ma il presente assomiglia molto al passato.

Nel 1944, quando la seconda Guerra Mondiale scatenata dal fascismo stava terminando in Europa e proseguiva in Asia, l”economista ungherese Karl Polanyi pubblicava a Londra la prima edizione de “La Grande Trasformazione”, un libro ben documentato sulla storia del liberismo economico, il “laissez faire”, i “mercati autoregolati”, le crisi, che scoppiarono tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, in seguito alla Grande Depressione degli anni ”30 e alla nascita del corporativismo fascista.

“Retrospettivamente si attribuirà alla nostra epoca l”aver assistito alla fine del mercato autoregolatore. Gli anni ”20 (del XX secolo) videro il liberalismo economico raggiungere il picco del suo prestigio. Centinaia di milioni di esseri umani soffrirono il flagello dell”inflazione, classi intere, nazioni intere vennero espropriate. La stabilizzazione della moneta divenne il punto focale del pensiero politico dei popoli e dei governi; la restaurazione del gold standard si convertì nell”obiettivo supremo di tutti gli sforzi organizzati nel campo economico. Si riconobbe il rimborso dei prestiti stranieri e il ritorno a una moneta stabile come la pietra di paragone della razionalità in politica, e si considerò che nessuna sofferenza personale, nessuna ingerenza nella sovranità era un sacrificio abbastanza grande per recuperare l”integrità monetaria. La privazione dei disoccupati, ai quali la deflazione aveva fatto perdere il proprio lavoro, l”indigenza totale dei funzionari licenziati, senza neanche una misera pensione; e anche l”abbandono dei diritti della nazione e la perdita delle libertà costituzionali vennero giudicati come un prezzo giusto da pagare per rispondere alle esigenze di conti sani e di monete solide, le priorità del liberalismo economico“. (Karl Polanyi, La Grande Trasformazione, Edizioni Gallimard, pagine 192-193).

Mentre oggi il discorso ufficiale dei governi, delle istituzioni e della plutocrazia finanziaria che sostengono il neoliberismo attacca qualsiasi forma di interventismo economico, come le politiche di pianificazione economica e gli stimoli per aumentare la domanda aggregata e generare impiego, giustificandolo con il fatto che i mercati autoregolati escludono l”intervento dello Stato, in realtà – e come segnalava Polanyi nell”opera citata – “questo liberismo economico esige regolarmente l”intervento statale e l”azione coercitiva dello Stato“. Non per beneficio dell”economia, del lavoro, ma degli interessi capitalisti che si trovano in posizione dominante.

Le decisioni successive al Vertice dell”UE, e si potrebbe dire lo stesso di quelle prese dai governi di Washington e Londra dal momento in cui nel 2008 si scatenò la crisi, finora sono prove irrefutabili del fatto che i mercati autoregolati esistono e prosperano a scapito della popolazione in generale, grazie a un intervento ogni volta più coercitivo degli Stati. Come scrive Polanyi (pagina 200 dell”opera citata), lo Stato interviene per stabilire (il liberismo economico) e, una volta stabilito, interviene per mantenerlo.

Quali sono i pericoli di questo interventismo antipopolare e autoritario dello Stato per mantenere il neoliberismo? Facendo il punto sulla nascita e l”espansione del fascismo come conseguenza della crisi monetaria, finanziaria ed economica degli anni ”30, Polanyi puntualizza che “l”ostinazione con la quale, durante dieci anni critici, i difensori del liberalismo economico hanno sostenuto l”interventismo autoritario al servizio delle politiche deflazioniste, hanno avuto come conseguenza diretta e semplice l”indebolimento decisivo delle forze democratiche (i partiti socialdemocratici e socialisti, i sindacati) che avrebbero potuto evitare la catastrofe fascista. Gran Bretagna e Stati Uniti, che non erano i servi ma i padroni della moneta, abbandonarono il regime aureo abbastanza rapidamente come se volessero evitare questo pericolo” (pagina 302), e (Polanyi, ndr) aggiunge più avanti (pagina 305) che “se mai un movimento politico rispose alle necessità di una situazione obiettiva, invece che essere la conseguenza di cause fortuite, questo fu di certo il fascismo”.

Il fascismo, continua Polanyi, proponeva un modo di evadere dalla situazione istituzionale senza vie d”uscita che era, essenzialmente, la stessa in numerosi paesi, e pertanto l”esperimento di questa soluzione servì per diffondere ovunque una malattia mortale. Così muoiono le civiltà. Possiamo descrivere la soluzione fascista nel momento di difficoltà in cui si era messo il capitalismo liberale come una riforma dell”economia di mercato realizzata in cambio dell”eliminazione di tutte le istituzioni democratiche, sia nel contesto delle relazioni industriali che nel campo politico.

Non è casuale che oggi, in una situazione di grave crisi e con la disoccupazione che raggiunge livelli inaccettabili nell”Unione Europea – particolarmente tra i giovani -, con l”impoverimento che coinvolge anche parti della classe media, che la estrema destra neofascista sia arrivata a far parte dei governi di diversi paesi europei. Una destra estrema decisamente antidemocratica che riprende in mano le bandiere del nazionalismo originario ed escludente, che non ha abbandonato la sua essenza xenofoba né l”utilizzo della lotta di classe per intimidire le forze realmente progressiste e che, come all”inizio Mussolini e i nazisti tedeschi, fa un discorso demagogico “anticapitalista” per attirare il voto dei lavoratori colpiti dal calo dei salari o dai licenziamenti, della piccola borghesia schiacciata dai monopoli commerciali, industriali e finanziari, delle classi medie impoverite e con poche prospettive.

Tutto ciò è valido anche per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Canada e gli altri paesi capitalisti avanzati, dove è evidente una deriva autoritaria che si accentua con la concentrazione del potere – per l”esclusione evidente dei parlamenti e delle assemblee nazionali dal processo di dibattito e presa di decisioni su qualsiasi argomento fondamentale – nelle mani dei Poteri Esecutivi che difendono esclusivamente gli interessi della finanza, delle multinazionali, dei produttori di petrolio e minerali, che a loro volta finanziano i partiti politici del governo, cioè i partiti che si alternano per proseguire fondamentalmente la stessa politica.

Questa deriva autoritaria per salvare i mercati autoregolati può sfociare in una vecchia o nuova forma di totalitarismo. Tutto è pronto per reprimere lo scontento popolare che logicamente nascerà nei prossimi mesi, a mano a mano che la situazione peggiorerà in molti paesi. La repressione è un elemento indispensabile per poter applicare questa austerità selvaggia. Così è successo in Sud America, terra di sperimentazione del neoliberismo, di tutte le terapie d”urto e delle altre infamie del sistema imperialista, come è solito ricordare lo storico statunitense Greg Grandin.

NOTE

[1] I “dieci comandamenti” del Washington Consensus sono per la maggior parte inclusi nei Trattati e tra i principi che reggono l”UE. Il Trattato adottato il 30 di gennaio scorso riprende il “primo comandamento” e lo trasforma in un assoluto: Disciplina sul bilancio. I conti pubblici non possono essere in deficit. Gli altri nove “comandamenti del Washington Consensus” sono i seguenti: riordino delle priorità della spesa pubblica; riforma delle tasse (allargare la base dei contribuenti, riducendo le imposte ai redditi più alti); liberalizzazione dei tipi di interesse; un cambio della moneta competitivo; liberalizzazione del commercio internazionale; eliminazione delle barriere agli investimenti stranieri diretti; privatizzazione (vendita delle imprese pubbliche e dei monopoli statali); deregolamentazione dei mercati; protezione della proprietà privata.


Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=144123.

[Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUDO]

Link: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&;file=article&sid=9838.



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