L’Istat ha comunicato che dal prossimo anno anche attività illegali quali il traffico di droga o la prostituzione andranno a formare il PIL, ovvero la ricchezza prodotta nel Paese. Tra le prime reazioni, alcuni segnalano che anche la criminalità genera un suo – cospicuo – giro d’affari, e che se bisogna rappresentare correttamente la situazione vanno quindi considerate anche tali poste. Altri insistono sul fatto che è comunque per lo meno difficile valutare con esattezza la dimensione di tali attività , al di là delle stime fatte dalle autorità preposte al loro contrasto.
Il punto di fondo è però forse un altro. Può anche avere senso, in una certa misura, inserire le attività criminali nel computo del PIL. Quello che non ha senso, e il paradosso oggi in discussione ne è unicamente l’ultimo e più evidente esempio, è prendere il PIL a riferimento unico dello stato di un dato Paese, del suo benessere, e porre la crescita del PIL come unico obiettivo delle politiche economiche.
È da mezzo secolo almeno che sappiamo, riprendendo le parole di un famoso discorso di Robert Kennedy, che «il PIL misura tutto, tranne ciò per cui vale la pena di vivere»: misura le armi ma non l’amicizia, sale in caso di incidenti ma non se siamo più felici, aumenta in caso di terremoti, calamità o disastri naturali.
Lo stesso Istat ha elaborato da qualche anno il BES o Benessere Equo Sostenibile, un tentativo di misurare il benessere delle persone e non la ricchezza materiale prodotta. Il problema è che tale indice non è utilizzato nelle statistiche ufficiali, non entra nei parametri nazionali o europei.
Al contrario, dall’UE il PIL continua a essere l’elemento di riferimento per capire se e quanto i diversi Stati membri si comportano bene, se e quanto devono continuare ad applicare le devastanti politiche di austerità . L’Italia in particolare, con il Fiscal Compact, è chiamata a ridurre drasticamente il proprio rapporto debito / PIL nei prossimi anni. Le possibilità per riuscire a mantenere gli impegni presi sono poche: ridurre il debito conseguendo enormi avanzi di bilancio, ma più di tanto da questo punto di vista non si può fare; sperare in una ripresa dell’inflazione che trscini il PIL al rialzo, ma l’UE è sull’orlo della deflazione.
Unica altra strada: fare aumentare il PIL a ritmi sostenuti, in modo che cali il rapporto debito / PIL. Il problema è che l’Italia si trova ancora in recessione, ed è diffcile che torni a crescere ai ritmi richiesti. A meno che, ed è l’interessante novità in arrivo, non si trovino dei nuovi aggregati che permettano di fare salire il PIL, o meglio di “drogare†la crescita del PIL. In senso letterale: inserendo le attività illegali. Finalmente un settore che non conosce crisi, e che potrebbe riportare l’Italia a crescere come richiesto dai vincoli europei. E allora, da domani, ci raccomandiamo: drogatevi di più. È l’Europa che ce lo chiede.
(23 maggio 2014) [GotoHome_Torna alla Home Page] [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.es[/url]