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di Daniele Basciu.
Questa riflessione è relativa ad alcuni
punti significativi della proposta di utilizzo dei “Certificati di
Credito Fiscaleâ€. Vengono analizzati alcuni aspetti tecnici, normativi e
politici relativi alla loro ipotetica introduzione.
L’approccio delle istituzioni di governance UE alla crisi economica
da ormai diversi anni a questa parte non lascia più dubbi sulle
aspettative negative per il futuro per gli Stati coinvolti, in
particolare per l’area Euro.
Quadro attuale e vincoli eurozona
L’architettura dell’Eurozona conferisce alla BCE il ruolo di
monopolista dell’emissione della valuta utilizzata dagli Stati aderenti
al sistema. É proibito il finanziamento diretto del monopolista in
favore degli Stati utilizzatori, che sono altresì vincolati dai noti
limiti di spesa in deficit (3%). I debiti pubblici preesistenti (e
quelli di nuova emissione) degli stati aderenti sono stati ri-denominato
nella valuta unica, e non godono di garanzia formalizzata da parte del
monopolista (l’unico soggetto che potrebbe assicurarla in ogni
frangente), ma solo del recente e informale “whatever it takesâ€
comunicato ai media dal governatore Draghi nel 2012. L’autonomia
fiscale degli Stati così limitata non è stata sostituita da quella di
un’entità federale di nuova formazione dotata di capacità di spesa.
L’intera struttura istituzionale limita pertanto la possibilità che
il desiderio di risparmio finanziario netto del settore privato possa
essere soddisfatto e compensato da corrispettivi ed adeguati deficit del
settore pubblico, che potrebbero esistere sotto forma di
spesa/finanziamento diretto del monopolista e/o di deficit degli Stati
garantiti dal monopolista [W. Mosler, 2014].
Il risultato verso cui il sistema eurozona tende è che il surplus
aggregato del settore privato possa avvenire solo in conseguenza di
surplus commerciali vs il resto del mondo, che a loro volta non possono
che conseguire da politiche di tipo mercantilista e di competizione
commerciale intra eurozona, e eurozona vs. resto del mondo.
Il perseguimento della “competitività †passa necessariamente attraverso
la destrutturazione del sistema giuslavoristico europeo quale
conosciuto dal dopoguerra da oggi nelle sue varie declinazioni, e in una
perenne spinta alla compressione delle retribuzioni che diventa tanto
più “necessaria†quanto più sono “labour intensive†i settori di
riferimento.
I Certificati di Credito Fiscale
L’emissione e utilizzo di certificati di credito fiscale come
strumento di spesa da parte di uno Stato eurozona (l’Italia in
particolare) è stata ipotizzato in più forme come potenziale rimedio
agli esiti negativi derivanti dai vincoli di spesa come sopra
illustrati. Tra il 2011 e il 2013 Warren Mosler ha proposto dapprima lo
strumento dei “Tax backed bondsâ€
e poi, successivamente la spesa diretta da parte dello Stato effettuata
con l’emissione di certificati di credito fiscale validi per il
pagamento delle imposte. In entrambe le proposte, il principio del
“taxation drives money†è il fondamento dell’aspettativa che i fornitori
di beni/servizi accettino di trasferire al settore pubblico risorse
reali in cambio di certificato di credito riconosciuti dallo Stato come
validi per il pagamento delle tasse future. Il punto chiave, in
Eurozona, è che mentre il monopolio dell’emissione della valuta è
attribuito alla BCE, l’imposizione e il prelievo fiscale avvengono ad opera
degli Stati.
La proposta di introduzione dei CCF elaborata di recente da Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi
riprende questo principio e prevede, accanto alla spesa effettuata
direttamente dal settore pubblico e pagata con l’emissione di CCF, la
distribuzione degli stessi CCF al settore privato (una forma di “helicopter moneyâ€) fino a 200 miliardi annui, utilizzabili in un tempo differito (due anni) nel pagamento di qualsiasi obbligo fiscale futuro.
Alcuni sostenitori hanno pubblicato diversi articoli a sostegno di questa proposta, presentata come (link), schematizzando:
- una “quasi moneta†, che “non costituisce una moneta parallela all’euroâ€,
- strumento “giuridicamente ineccepibile “ con cui uscire dalla
- “trappola del debito pubblico†e che
- evita in ogni caso “l’uscita unilaterale dall’euro, in quanto
“rischia di produrre traumi economici e geopolitici dalle conseguenze
imprevedibili; e, comunque, molti cittadini italiani sono contrari
perché temono di vedere svalutati risparmi, stipendi e pensioniâ€.
Ma se queste dichiarazioni corrispondessero a realtà , la proposta dei
CCF sarebbe inefficace e in ogni caso sarebbe altro da ciò che in
realtà è (e che i suoi stessi sostenitori sembrano in questi appelli non
riconoscere o voler occultare).
Piuttosto, seguendo i punti sopra
elencati:
1) Quasi moneta o Moneta?
Nel moderno sistema monetario fiat è un controsenso la pretesa di
creare “moneta senza debitoâ€, in quanto la moneta come sopra definita è
di per sé credito per un soggetto (privato) e debito per un altro
(pubblico), ed attivi finanziari netti per il settore privato possono
esistere solo come contropartita del passivo pubblico. Per converso, “Government debt is a private assetâ€: il debito pubblico è attivo del settore privato.
finanziario, ovvero di attività finanziaria netta resa disponibile per
il settore privato, è necessario corrispettivo di una posizione di
passività del settore pubblico.
coinvolta la BCE (né la BC nazionale che nell’attuale sistema ECB+SEBC è
funzionalmente un’agenzia del sistema complessivo) non modifica quindi
la natura dello strumento, a prescindere da come si cerchi di
“confezionarne†la presentazione. Pone, piuttosto, altri problemi che
vediamo poco avanti.
2) Giuridicamente ineccepibili o vietati dai trattati?
basa sul fatto che in sostanza operano nel senso di ampliare (seppure in
un arco di tempo biennale) il deficit pubblico, in quanto (a paritÃ
degli altri fattori) aumentano le passività emesse dal settore pubblico
in favore del settore privato. La spesa derivante da questi deficit
aggiuntivi dovrebbe compensare la domanda mancante a causa delle scelte
del risparmio aggregato, spingendo il sistema fuori da quella che non è
tanto una “trappola di liquidità â€, quanto una “trappola del risparmioâ€.
Pertanto pur non correlata all’emissione di Titoli di Stato l’emissione
per conferimento/spesa dei CCF è passività dello Stato, che
nell’attuale quadro istituzionale Eurozona è considerata debito
pubblico. La scelta della denominazione di “credito†enfatizzata
dai sostenitori della proposta non cambia la sostanza; anche un titolo
di Stato è debito per il settore pubblico e contestualmente credito per
il settore privato, si tratta di quale delle due facce esistenti
vogliamo utilizzare per dare un nome alla relazione finanziaria in
essere, che come ogni rapporto finanziario non può che essere (almeno)
bilaterale.
riguarda il settore «amministrazioni pubbliche» (S.13), suddiviso
nei sottosettori «amministrazioni centrali» (S.1311),
«amministrazioni di Stati federati» (S.1312), amministrazioni
locali» (S.1313) e «enti di previdenza e assistenza sociale»
(S.1314), escluse le transazioni commerciali quali sono definite nel SEC
95.
si intende l”indebitamento (o accreditamento) netto (EDP B.9)
del settore «amministrazioni pubbliche» (S.13), quale definito
nel SEC 95. Gli interessi inclusi nel disavanzo pubblico sono
costituiti dagli interessi (EDP D.41) quali definiti nel SEC 95.
valore nominale di tutte le passività (lorde) del settore
«amministrazioni pubbliche» (S.13) in essere alla fine dell”anno,
ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attivitÃ
finanziarie detenute dal settore «amministrazioni pubbliche» (S.13).
Il debito pubblico è costituito dalle passività delle
amministrazioni pubbliche classificate nelle categorie seguenti:
biglietti, monete e depositi (AF.2), titoli diversi dalle azioni,
esclusi gli strumenti finanziari derivati (AF.33), e prestiti (AF.4),
secondo le definizioni del SEC 95.Il valore nominale di una passività in
essere alla fine dell”anno è il valore facciale.
nell’architettura della CN, la contropartita dei conti degli altri
settori istituzionali (famiglie, società finanziarie e non finanziarie,
istituzioni non profit, resto del mondo). Esiste, pertanto, un vincolo
di coerenza tra i conti dei vari settori che regola di fatto
l’attribuzione delle singole transazioni tra le varie partizioni del
conto (e tra le singole voci).
3) Debito pubblico: trappola o necessità ?
“sfuggire alla trappola del debito pubblicoâ€, sia perché essi stessi
costituiscono debito pubblico, sia perché il debito pubblico non è una
colpa, ma una necessità economica. In presenza di divieto di scoperto di
conto in favore del Governo presso la Banca centrale (situazione
propria ma non esclusiva dell’Eurozona) il debito pubblico viene ad
essere costituito da Titoli di Stato, di fatto garantiti dalla Banca
Centrale di riferimento.
diventati utilizzatori di moneta, i problemi legati al debito pubblico
derivano dal fatto che dei debiti pubblici è stata trasformata la
natura, e non essendo garantiti dal monopolista della valuta sono diventati “a rischio†similarmente a dei debiti privati.
è perfettamente in linea con le distruttive limitazioni previste dai
trattati europei, ed in contrasto con le necessità di funzionamento di
un’economia moderna. Il debito pubblico deve esistere e come misura
minima deve, semplicemente, essere garantito dal monopolista. Cosa che
in Eurozona non è prevista né oggi né in prospettiva. [Si ricorda per
inciso che la MEMMT sostiene, come assetto ottimale da adottare, la
proposta di “zero policy rate†con eliminazione dell’emissione dei
Titoli di Stato e il “debito pubblico†contabilizzato come sommatoria
degli importi accreditati dal settore pubblico in favore del settore
privato]
4) CCF per salvare l’Eurozona o per uscire dall’Eurozona?
l’uscita dall’Eurozona è altamente improbabile. La spesa così effettuata
avverrebbe bypassando la BCE e le linee di politica fiscale restrittiva
che la stessa BCE impone semi-informalmente agli Stati nell’ambito di
un ruolo politico che a lei non compete. Che gli strumenti fiscali come
gli stessi CCF non siano (ovviamente) di competenza formale BCE è
certificato dal fatto che la stessa BC interpellata in merito ha
dichiarato per iscritto di non avere voce in capitolo. L’immane
onnipotenza (così percepita) della BCE poggia su una sorta di illusione
collettiva che nell’opinione pubblica verrebbe seriamente lesa dal
funzionamento di uno strumento come i CCF, con immaginabili reazioni
violente del “centro di controllo†eurozona.
per una “riforma morbida†dell’eurozona, quanto come primo passo per
un’uscita dall’eurozona che dovrebbe essere predisposta e pronta anche
per gli altri aspetti chiave urgenti e indifferibili (Sistema bancario,
gestione debito esistente, etc). Tra l’altro non ha alcun senso
rispondere a una struttura istituzionale che obbliga a politiche
economiche malsane progettando uno strumento che permetta di permanere
in questo quadro istituzionale malsano. Il recente Report Euro Area
della Commissione Europea richiama ancora una volta la necessità che
gli Stati membri eurozona proseguano con le riforme strutturali per
incrementare la produttività , con la deregolamentazione del mercato del
lavoro, etc., per cui (come evidente da anni) non sono in programma
quelli che sarebbero i necessari aggiustamenti, ma piuttosto un
inasprimento di quanto fino ad oggi già conosciuto.
(euro-salvataggio/euro-exit) dei CCF, esistono posizioni diverse tra gli
stessi autori/promotori dello strumento:
“L”idea di creare una moneta parallela,
all”interno del sistema dell”Euro, che in qualche modo simula i poteri
della Banca Centrale che oggi non abbiamo, non deve servire a illudere
che questo sistema dell”eurozona, della BCE e della Troika funzionerà , come sembra invece dall”appello “
intervento finanziario “di emergenzaâ€. Ma è inoltre cruciale (partendo
dalla fondamentale distinzione risorse materiali / finanziarie su cui si
fonda la MMT) il fatto che i vincoli finanziari del sistema Eurozona
siano parte di un quadro più generale di vincoli sugli Stati membri,
riguardanti anche ad esempio forti limitazioni sulle politiche
industriali, agricole, etc. che rendono impossibile il perseguimento
dell’interesse pubblico da parte dei Governi. Questo, quanto meno, nel
caso che qui ci interessa: l’Italia.
Le prossime e ultime quattro considerazioni sono necessariamente di natura politica.
La prima è che la proposta CCF è piuttosto sintetica, concreta, e già formalizzata in una bozza di proposta di legge. È un possibile strumento che nel panorama attuale si evidenzia per la propria “operatività â€.
La seconda è che i vari appelli pubblici all’adozione dei CCF
appaiono evidentemente carichi di “segnali calmanti†rivolti
all’establishment europeo come messaggio di “non pericolosità †della
proposta per la sopravvivenza del sistema euro… Scelta comprensibile se
si considera che tra i promotori dell’appello figura, ad esempio,
Luciano Gallino, che fino a pochi anni fa scriveva che “E’ necessario che un maggior numero di cittadini arrivino a convincersi che l’Unione Europea è un grandioso progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondoâ€. Questa
ambiguità della proposta, nelle condizioni attuali, è situata tra
l’incomprensibile e inaccettabile (oltre che non credibile, come sopra
evidenziato). Se siamo di fronte alla “fine della democrazia in Europaâ€,
come di recente ha scritto lo stesso Gallino dopo aver cambiato idea
rispetto a quanto scriveva due anni prima, occorre agire di conseguenza
piuttosto che lanciare messaggi di accondiscendenza.
La terza è che ad oggi la proposta non pare aver riscosso alcun
sostegno politico visibile. Comprensibilmente, in quanto la proposta
incrinerebbe seriamente l’equilibrio politico Eurozona, per cui può
essere adottata solo da un Governo o comunque uno schieramento politico
che sia assolutamente pronto e preparato per questo passo ed intenda
farlo con una scelta di politica fiscale che amplia il deficit pubblico,
andando quindi (pur al di fuori della normativa UE) verso una
violazione dell’Art. 81 della Costituzione (Pareggio di bilancio)
La quarta, conclusiva, è che i CCF sembrano essere realmente uno
strumento valido come primo passo per l”euro-exit, ma come tale
necessitano di un supporto politico che ad oggi non sembra esistere, e
di una inequivocabilità riguardo il senso della proposta che purtroppo
sembra mancare anche tra gli stessi promotori del progetto.
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M. Cattaneo – Introdurre I CCF è un’euroexit (2014) [bastaconleurocrisi.blogspot.it]
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M. Cattaneo – Prima bozza della proposta di legge – Certificati di Credito Fiscale (2013) [bastaconleurocrisi.blogspot.it]
L. Gallino – Il modello sociale, pilastro dell’unità europea (2011) [eguaglianzaeliberta.it]
L. Gallino – Un Colpo di Stato è in atto in Italia e in Europa (2014) [ilmanifesto.info]
Fonte: http://www.retemmt.it/component/k2/item/448-ccf-in-eurozona-tutto-quello-che-funzionerebbe-e-vietato.
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