L'offensiva economica delle potenze eurasiatiche

'Mentre il blocco occidentale (Nato + UE) spinge alla guerra fredda con la Russia, assistiamo a un''offensiva economica dei nuovi perni del mondo multipolare. '

L'offensiva economica delle potenze eurasiatiche
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22 Marzo 2015 - 00.20


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di Giuseppe Masala.

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Mentre la crisi ucraina sta spingendo il
blocco occidentale (NATO + UE) e la Russia in direzione di una nuova guerra
fredda, assistiamo a una vera e propria offensiva
economica
da parte delle potenze eurasiatiche
(Cina + Russia).

Un fenomeno questo non troppo analizzato dai
nostri mass media, che passano la lente d’ingrandimento sulla singola
operazione ma non sulla strategia complessiva.

Da un lato la Russia si concentra nella “reintegrazione”
di quel che era lo spazio sovietico,
sia con l’allargamento e approfondimento della “Unione Eurasiatica” (Russia,
Bielorussia, Kazakistan e Armenia ), sia attraverso la firma di nuovi trattati
di cooperazione. Solo in questi giorni abbiamo assistito alla firma di un
trattato di “cooperazione e integrazione” tra Russia e Sud Ossezia (una delle
due repubbliche ribelli resesi indipendenti dalla Georgia) e al vertice tra
Putin e il presidente del Kirghizistan per discutere dell’entrata di questa nazione
nell’Unione Eurasiatica.

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Non solo: ieri durante il vertice trilaterale
tenutosi nella capitale kazaka Astana tra Putin
(Russia), Nazarbaev (Kazakistan) e Lukashenko (Bielorussia), il capo di Stato
russo ha lanciato l’idea di creare una moneta
comune
tra questi stati. Un’idea che più di ogni altra chiarisce la volontà
russa di “riunificare” in una sfera geopolitica più compatta molti paesi che
facevano parte dell’Unione Sovietica. È evidente la volontà russa di riuscire a
raggiungere quel peso demografico, economico, politico e strategico tale da
riproiettarla a pieno titolo tra le superpotenze,
oltre che evitare a tutti i costi che paesi come il Kazakistan e la Bielorussia
possano essere attratti nel campo avverso Occidentale magari dopo una ‘provvidenziale’
Rivoluzione colorata’.

Dall’altro lato anche la Cina pare aver abbandonato
il basso profilo
che da sempre contraddistingue la sua azione politica ed
economica.  Nel giro di pochi giorni
abbiamo assistito ad una spettacolare“offensiva” della superpotenza asiatica, rivelata dalla richiesta di
entrare in qualità di paesi fondatori nella sua “Asian Infrastructure Investment Bank” da parte di alcuni paesi pur strettamente legati agli USA e alla
sfera dell’Occidente: Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Australia.

Non solo in Italia indiscrezioni di stampa
paventano l’acquisto da parte di una società statale cinese (la ChemChina)
della super blasonata Pirelli

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Ad un’analisi
più approfondita, questi fatti sono la punta dell’iceberg di una strategia ben
più complessa che riguarda l’Italia (e non solo). Infatti, in questi ultimi
anni alcune società statali cinesi hanno acquisito partecipazioni in
importantissime società italiane. L’esempio più eclatante è il 35% di CDP Reti
(che controlla due campioni quali Terna, ossia la rete elettrica, e Snam Rete Gas)
acquisito dal colosso cinese State Grid Corporation, ma non dimentichiamo le
partecipazioni in Saipem ed Enel, o ancora l’acquisizione della casa di moda
Krizia e le partecipazioni in altre 272 società medie e piccole (fonte: KPMG “China
Outlook 2015”).

Solo a titolo esemplificativo, non va
dimenticato che anche altre nazioni quali Portogallo e Grecia hanno visto
sbarcare in grade stile i capitali del “regno di mezzo”. Il Portogallo ha visto
l’acquisto di una forte partecipazione nella società Energias de Portugal e
nella sua rete elettrica, la Grecia invece ha visto acquistare il Porto del
Pireo, che nei progetti dovrà diventare il più importante d’Europa superando perfino
Rotterdam.

Al di là dell’aspetto economico legato a una
politica ben nota (la “go out policy”) e tendente a internazionalizzare le imprese cinesi anche attraverso la riduzione
delle proprie immense riserve in valuta estera
, sembrerebbe di essere di
fronte ad una vera e propria offensiva diplomatica. Quali obiettivi possiamo
ipotizzare? Esercitare una influenza in molti paesi della NATO e della UE,
controbilanciare l’influenza americana e in definitiva tentare di limitare
l’aggressività contro la Russia e in prospettiva anche contro la Cina stessa
(gli USA non hanno mai nascosto il loro piano di contenimento nei confronti di Pechino,
definito “pivot to Asia”).

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Vedremo se questa strategia funzionerà o se
addirittura aumenterà la disperazione dell’Impero in difficoltà. 

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