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di Giulietto Chiesa.
Per descrivere le cause della crisi bancaria italiana c’è soltanto l’imbarazzo della scelta: è colpevole il governo in carica?; oppure sono colpevoli le banche?; oppure il colpevole è l’Europa?
Con ogni probabilità tutti e tre, insieme all”eredità del passato, che nessuno ha mai voluto affrontare.
Intanto i numeri disegnano un quadro allarmante: 630 miliardi di “non performing loans”, in termini accessibili all”uomo della strada, “carta straccia o quasi”.
Per capire le dimensioni relative si tratta del 18% di tutti i prestiti bancari, ed esso è pari a 1/5 del PIL italiano.
Se l”Italia fosse l”America, o la Gran Bretagna, potrebbe fare quello che entrambe fecero tra il 2008 e il 2010: cioè ricapitalizzare le loro banche con l”iniezione poderosa di oltre 10 trilioni di dollari, inventati dalle rispettive banche centrali.
Ma l”Italia non è né l”una né l”altra: non può inventarsi dal nulla l”occorrente perché non ne ha il potere. La Banca Centrale Europea è la padrona del denaro ed è indipendente dai singoli governi e anche dalla Commissione Europea. A complicare le cose quest”ultima ha reso ancora più rigide le condizioni per un intervento pubblico di salvataggio delle banche bollite (bail-out).
Dal primo gennaio 2016 il governo è impedito a prendere ogni decisione in merito se i risparmiatori, cioè le imprese e i cittadini non si fanno carico di coprire, di tasca loro, fino all”8% degli asset della banca in cui hanno depositato i loro denari (bail-in).
Solo a questo punto può scattare l”operazione salvataggio.
La rapina è evidente e non occorre molto tempo per capirlo. E viene dall”Europa.
Ma Roma non è Berlino, per esempio.
Gli italiani sono creditori verso le loro banche di circa 200 miliardi €. Dei quali è accertato che la grande parte (pari a circa 173 miliardi €) sono stati carpiti a clienti ignari del fatto che si trattava di investimenti ad alto o altissimo rischio. Cioè chi firmava quei contratti non veniva informato che, in caso di bancarotta o comunque di insolvenza, quei crediti non sarebbero stati rimborsati o comunque messi in coda, senza troppe speranze.
Qui è chiaro che si è trattato di una miriade di vere e proprie truffe, i cui responsabili sono il governo, gli istituti di controllo, le stesse banche.
Naturalmente i ladri non processano i ladri, anche perché le leggi sono state fatte dai ladri.
Solo che, a conti fatti, ora che la barca oscilla vistosamente, si scopre che i risparmiatori colpiti sarebbero oltre 100.000. E la crisi bancaria si trasforma in una crisi politica. Prima di tutto per Matteo Renzi, che deve affrontare, per giunta, un referendum in autunno (sulla sua riforma costituzionale e sulla legge elettorale) in cui è già in evidente difficoltà .
In caso di sconfitta è in pericolo l”esistenza stessa del governo attuale.
Dunque cercherà di correre ai ripari. Ma occorre che la signora Merkel gli conceda qualche esenzione dalle regole che egli ha già accettato e firmato. E non è escluso che qualcosa s”inventeranno, per coprire l”inganno che, comunque hanno contribuito loro stessi a creare.
Infatti anche il bail-out è una truffa, perché fa comunque pagare ai cittadini il costo del salvataggio dei disonesti e degl”incapaci.
Questa ipotesi “ottimistica” è effetto del “rischio contagio”.
Lo sapevano tutti (quelli che dovevano sapere) che l”Italia, dopo la Grecia, era a rischio: di diventare il detonatore dell”esplosione del sistema bancario europeo nel suo complesso. Infatti le banche francesi sono in testa tra i possibili danneggiati del crollo italiano con 250 miliardi di euro impregnati del debito italiano, Seguita dalla Germania, che ha in pericolo 83,2 miliardi € (di cui la Deutsche Bank, già pericolante per conto proprio, ne ha in carico 11,8). Seguono Spagna, USA, UK, Giappone.
Adesso sono tutti in affanno e faranno il possibile per coprire di sabbia il disastro.
Forse ci riusciranno, in attesa della prossima crisi e sperando di riuscire a inventare un altro modo per spogliare i cittadini dei loro averi. Intanto, in questo modo, scavano la fossa a ogni possibilità di ripresa dell”economia.
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