ATF
di Giuseppe Masala.
Nel 2007 ci furono le prime devastanti ripercussioni finanziarie dell’esplosione della bolla immobiliare (in realtà il crollo del prezzo degli immobili in USA iniziò già nel 2005).
Chiusero i primi hedge fund (i più importanti furono due della banca d’affari Bear Stern) e altri generi di fondi (i più importanti furono tre di BNP Paribas).
Tutto dipese dai titoli che cartolarizzavano mutui immobiliari garantiti da ipoteca.
Da lì partì una reazione a catena che ormai è storia.
Da notare che questi primi crack furono dei veri e propri fulmini a ciel sereno di cui molti sottovalutarono l’importanza, tanto è vero che la BCE portò i tassi al 4%, evidentemente aspettandosi di raffreddare una fase espansiva che non esisteva se non nei propri modelli econometrici, che funzionano evidentemente come i fondi di caffè di una fattucchiera.
Ora, a distanza di 10 anni, sembra che qualcosa non torni.
O meglio, sappiamo bene che alcune nazioni sono sull’orlo del baratro sia per quanto riguarda il debito pubblico sia per quanto riguarda le banche (leggi Italia), ma questa situazione sembra uno sgradevole strascico della vecchia crisi ormai passata.
Tuttavia c’è dell’altro: la settimana scorsa d’improvviso è fallita la spagnola Banco Popular, una banca apparentemente solida con un CET 1 al 10%. Oltretutto la Spagna cresce al 3%.
Cosa è successo a Popular (fateci caso) nessuno lo ha detto. Sappiamo solo che dalla sera alla mattina è passata da un CET 1 al 10% ad esser pagata 1 euro da Santander nel ruolo di cavaliere bianco.
Ovviamente dopo l’azzeramento degli azionisti e dei detentori di bond jr. Strano…
Non basta, le autorità spagnole vietano lo short selling su Lendbank, un altra grossa banca evidentemente in difficoltà. Dunque il caso Popular non è isolato.
Nel frattempo la FED alza i tassi, così come fece la BCE nel 2007.
Strane similitudini.
Ma cosa potrebbe essere il sottostante che rischia di esplodere e di riprecipitarci in una nuova grande crisi? Nel 2007 fu il mercato immobiliare americano a dar la stura alla crisi. Noto però che molti economisti lanciano l’allarme sulla sopravvalutazione dei titoli tecnologici. Potrebbe essere un indizio.
Poi c’è il problema dell’allargamento del differenziale tra tassi USA e tassi europei che presto o tardi creerà problemi in Europa.
Infine faccio notare che il prezzo del petrolio scende nonostante l’accordo tra Russia e Arabia Saudita. E nonostante la crisi nel Golfo Persico tra Qatar e gli altri paesi arabi del Golfo (che dovrebbe aiutare a tenere i prezzi alti). Il prezzo del petrolio che scende è indice di attività economica in rallentamento, inutile dirlo.
Insomma, noto che ci sono tutti gli ingredienti per l’esplosione di una nuova grande crisi. O forse è già esplosa (come indicherebbe la crisi bancaria spagnola, improvvisa come un infarto).
PS. Ovviamente non mi riferisco all’Italia. Noi abbiamo comunque problemi anche se non ci fosse una ulteriore crisi internazionale.
Modalità Nostradamus: on.