di PierGiorgio Gawronski.
C’è polemica fra Monti e Renzi su chi abbia fatto aumentare la povertà assoluta in Italia fino a quasi cinque milioni di persone. Il Fatto quotidiano dà spazio a Monti e critica Renzi: “Al governo c’era lui, ma la colpa è di chi c’era prima. Un’analisi sciorinata con una certa dose di faciloneria a uso dei social network, visto che quelli in questione sono fenomeni causati da una molteplicità di fattori che agiscono sul lungo periodo, la cui corretta interpretazione dovrebbe essere frutto un’osservazione altrettanto estesa nel tempo e che richiederebbero un’analisi più approfondita da parte del leader di quello che resta uno dei maggiori partiti del Paese”.
Se si tratta di fenomeni di lungo periodo, avrebbe ragione Renzi ad attribuire al passato la responsabilità dei trend odierni. Ma partiamo da fatti e dati affinché il lettore, innanzitutto, possa farsi una sua opinione.
Un individuo è “assolutamente povero” se al mese spende cifre inferiori a quelle incluse tra i 550 euro (se vive in un paesino del sud) e i 820 euro (se vive a Milano), e non può permettersi un paniere minimo di beni. Per contestualizzare: nel 1861 il reddito medio pro capite era pari a circa 190 (attuali) euro al mese. I poveri del 2017 sono soprattutto disoccupati, operai, famiglie numerose (quindi molti bambini poveri), gente con titoli di studio bassi (licenza media o meno), che vive in periferia, stranieri. Non c’è dubbio: la crisi l’hanno subita soprattutto i ceti deboli.
Come si vede nel grafico sopra, la povertà ha cominciato la sua salita all’inizio del 2008, subito dopo la prima recessione del 2007. Anche nel 2012 ha reagito subito al crollo del Pil (“Stiamo sottraendo domanda aggregata” dichiarava giulivo Monti). Possiamo dire, quindi, che – almeno in parte – la povertà reagisce entro un anno all’andamento del Pil (occupazione), e alle “liberalizzazioni” del mercato del lavoro.
Per tali motivi, possiamo affermare che a Monti dobbiamo la più grande impennata della povertà della Storia d’Italia in tempo di pace. Fu corresponsabile della crisi finanziaria, in solido con Trichet & Bce/ Berlusconi & Tremonti, rifiutando per mesi l’impostazione (corretta) degli ultimi giorni del governo Berlusconi. Il quale ai primi di Novembre del 2011 propose confusamente all’Europa un “Whatever it takes” offrendo in cambio una dignitosa variante delle future operazioni monetarie, le Outright Monetary transaction (Omt). Monti inoltre aggravò la crisi occupazionale con una non necessaria eccessiva austerità, che schiantò l’economia italiana – in maniera (per lui) imprevista – e gonfiò il rapporto debito/Pil.
Quanto a Renzi, osserviamo nel grafico che – dopo il suo avvento nel 2014 – nel 2015/16 c’è stata una ripresa della povertà. Colpa di Monti? C’è davvero una componente “inerziale” nella povertà, che reagisce in ritardo agli sviluppi dell’economia? È possibile: se uno perde il lavoro (con Monti), è probabile che abbia dei risparmi, grazie ai quali non cade subito in povertà. D’altra parte, se l’economia riprende (con Renzi), quelli che stanno per entrare in povertà (per colpa di Monti) dovrebbero riuscire a evitarlo, oppure il loro ingresso in povertà dovrebbe essere compensato dall’uscita di altri.
Il grafico sotto può essere interpretato, con un po’ di sforzo, come un debole indizio dell’esistenza dell’inerzia: l’intensità della povertà è in continuo aumento. (Misura quanto in percentuale la spesa media delle famiglie definite povere è al di sotto della soglia di povertà).
In conclusione, il bicchiere di Monti è vuoto. Si può discutere se quello di Renzi sia mezzo vuoto o mezzo pieno. Peccato che lui affermi sia pieno: non ha ridotto la povertà (anzi). Renzi l’audace nel 2014 sembrava l’uomo giusto per rottamare le pessime politiche economiche che hanno impoverito l’Italia; ma è stato imbrigliato da Napolitano, che gli ha imposto una linea economica “ortodossa” e gli ha messo a fianco un guardiano (Padoan). Ora è tardi per riciclarsi come leader alternativo: too little, too late! A meno di non avere molto più coraggio, competenza, intelligenza e sottigliezza di quanto non stia dimostrando.
Monti e Renzi hanno più ragione quando parlano l’uno dell’altro, che di se stessi. Tutti gli altri hanno l’onere di spiegare perché farebbero meglio.