Budget: 'E se ascoltassimo l'Italia?' | Megachip
Top

Budget: 'E se ascoltassimo l'Italia?'

Un’intervista della rivista francese L’Express-L’Expansion all’economista Jean Pierre Petit mostra una consapevolezza sulle esigenze italiane sconosciuta a Moscovici e altri cavalieri dello spread.

Budget: 'E se ascoltassimo l'Italia?'
Preroll

Redazione Modifica articolo

23 Ottobre 2018 - 17.02


ATF

Un’intervista della rivista francese L’Express-L’Expansion all’economista Jean Pierre Petit mostra una consapevolezza sulle esigenze italiane sconosciuta a Moscovici e altri cavalieri dello spread.

Buona lettura.

Redazione Megachip

 

La crisi tra Bruxelles e Roma non sembra vicina a spegnersi mentre il governo italiano non vuole rivedere la sua previsione di budget.

Nonostante le critiche della Commissione europea, la coalizione populista al potere in Italia lunedì ha mantenuto invariate le sue previsioni di bilancio, pur impegnandosi a rispettare rigorosamente gli obiettivi che si era prefissata, senza aumentare ulteriormente il deficit o il debito. La situazione di stallo con l’Unione europea proseguirà quindi, anche se la Commissione «non vuole una crisi tra Bruxelles e Roma», come ha assicurato il commissario europeo Pierre Moscovici all’emittente France Inter, aggiungendo che «il posto dell’Italia è nel cuore dell’Europa». Jean Pierre Petit, presidente dei “cahiers verts de l’Economie” (quaderni verdi dell’economia, NdT), è un economista che potrebbe essere descritto come pragmatico. Secondo lui, l’intransigenza dell’Europa è pericolosa quanto inefficiente.

 

Spiegazioni.

 

L’express: – Le rimostranze della Commissione europea contro il bilancio italiano sono giustificate?

Jean Pierre Petit. No. L’Europa continua ad adottare contro l’Italia un approccio punitivo e contabile, irrazionale politicamente ed economicamente.

 

Perché?

L’Italia ha subito troppi shock negli ultimi dieci anni e una cattiva governance europea è stata una delle cause. La grande crisi del 2008 le è costata un volume di 7,5 punti percentuali di PIL, un livello superiore a quello sopportato dagli Stati Uniti e dalla zona euro. Anche se l’Italia non ha alcuna responsabilità particolare per la crisi sistemica del 2008, la diagnosi errata e la lentezza nella risposta delle autorità politiche europee possono essere considerate largamente responsabili. Ricordiamo il 2011-2013, dove qui la responsabilità europea è ancor più chiaramente implicata, con un’assurda offerta monetaria, prudenziale e di bilancio che ha sospinto tutti i paesi del Sud Europa in una profonda recessione. E oggi, nonostante la ripresa (laboriosa), la ricchezza del paese è ancora del 5% al di sotto del suo livello pre-crisi (che risale a più di 10 anni fa). Non c’è alcun grande paese sviluppato in questa situazione. In queste circostanze, uno stimolo fiscale ha senso.

Ciliegina sulla torta: l’Italia è una delle principali vittime della crisi dei migranti con la decisione della cancelliera tedesca di aprire le frontiere nel 2015. Ma se c’è un paese inadatto ad ospitare tanti migranti dal punto di vista del mercato del lavoro e degli alloggi e del sistema educativo, è l’Italia.

 

Ma ad oggi questa crisi è già finita?

No perché le onde gravitazionali di questa molteplicità di crisi sono ancora lì. Le capacità produttive sono state durevolmente distrutte. La mobilità dei capitali privati è stata interrotta, cosa che rende più difficile il finanziamento del debito italiano e, soprattutto, rende la sfiducia degli italiani contro le istituzioni europee più forte che mai.

 

Tuttavia, non possiamo tollerare in Europa un allentamento delle regole di bilancio a vantaggio di alcuni paesi in particolare?

In primo luogo, queste regole uniformi sono assurde. Quindi, il postulato su cui si basano è falso. Ci viene detto che un allentamento fiscale italiano contribuirà a diffondere il rialzo dei tassi di interesse verso altri paesi dell’area dell’euro. Questo non è il caso. Quando aumenta il rischio italiano, i paesi nel cuore della zona euro (Germania, Nord Europa, Francia) svolgono il loro ruolo di rifugio e i loro tassi di interesse diminuiscono. Al contrario, sta imponendo un’austerità di bilancio quasi eterna sull’Italia che minaccia l’esistenza della zona euro. Non dimentichiamo che questo paese pesa ancora per il 15% del PIL della zona.

 

Ma non dobbiamo comunque punire Salvini e Di Maio, quando presentano un bilancio ben al di fuori delle previsioni del precedente governo?

Il vero problema dell’Italia non è il suo deficit, ma innanzitutto il suo debito pubblico (131% del PIL), che si sta trascinando dagli anni ’80 e da cui deriva un considerevole onere del debito. Durante la prima metà degli anni ’90, il rapporto debito pubblico era già quasi del 120% (meno del 60% per la Francia). Salvini e Di Maio non hanno alcuna responsabilità in questo. L’altro problema è la sua crescita potenziale, che ora è quasi zero per varie ragioni (invecchiamento, debole R & S, specializzazione di fascia bassa, polarizzazione delle disuguaglianze regionali, fallimenti del suo sistema di istruzione e delle sue infrastrutture, che l’austerità di bilancio ha rafforzato, …). Più in generale, la società italiana è corrotta e inquinata da un sottobosco di rendite.

 

L’Italia non dovrebbe forse fare prima e soprattutto le riforme strutturali?

In una società democratica, che invecchia e orientata alle rendite, è politicamente, socialmente e persino economicamente pericoloso e illusorio fare riforme ambiziose e di vasta portata senza sostegno monetario e di bilancio, perché queste riforme sono recessive a breve termine.

 

La Francia ha il diritto di sostenere le rimostranze contro l’Italia?

La grande fortuna della Francia è quella di essere considerato un partner indispensabile della Germania e di avere uno stock minore di debito pubblico. Se guardiamo al saldo di bilancio prima degli oneri per interessi in relazione al PIL (il cosiddetto saldo primario), possiamo vedere che è quasi sempre stato in territorio positivo in Italia da 20 anni, mentre è stato quasi costantemente nella zona rossa in Francia. È anche divertente vedere un commissario europeo, ex ministro socialista di Hollande, dare lezioni agli italiani sulle finanze pubbliche.

 

La Francia non può sostenere un governo populista …

Non è che da una parte ci sono i buoni (gli eurofili) e dall’altro i cattivi (gli euroscettici), i quali ultimi stanno teoricamente tutti nel campo dei populisti. I cosiddetti eurofili recano una responsabilità ben maggiore per il declino europeo.

 

Allora, cosa dovrebbero fare oggi gli europei?

Evitare di stigmatizzare il governo italiano e discutere con loro i modi migliori per riportare l’Italia in linea nel medio e lungo periodo nel quadro europeo. La zona euro presenta un avanzo delle partite correnti di quasi il 4% del PIL (a cui l’Italia contribuisce in larga misura) e dispone di una valuta internazionale. È necessario spingere Salvini a dirigere la sua politica di bilancio verso il rafforzamento della competitività dell’offerta: spese in infrastrutture e istruzione, diminuzione della tassazione sulle imprese, lotta contro la burocrazia e la corruzione …

 

 

Fonte: https://lexpansion.lexpress.fr/actualite-economique/budget-et-si-on-ecoutait-l-italie_2043731.html

Traduzione per Megachip a cura di Dora di Caprio e Matzu Yagi.

Native

Articoli correlati