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di Benny Calasanzio Borsellino.
Se la chiamassi autopsia, giù con le polemiche. Ma questo lavoro dei giornalisti e amici di Anno Zero, Giusy Arena e Filippo Barone, è chirurgica, maniacale, attenta ai dettagli. Ambientazioni a volte degne del miglior Buzzati. Facciamo allora che la biografia non autorizzata di Gianni Letta è una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. Episodi dimenticati, cancellati, qui vengono tirati fuori dall”oblio,
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spolverati e forniti ai lettori con un linguaggio per cui non si può non capire. E” un libro, questo, che difficilmente altri avrebbero scritto, per una semplice ragione: di Letta in Italia non si parla e non si deve parlare, nè in bene nè soprattutto in male.
E” un pò come cosa nostra in Sicilia: tutti sanno che c”è e hanno idea del suo potere, ma lo sussurrano sottovoce, perchè magari qualcuno è in ascolto. Letta oggi è un tabù. Giusy Arena e Filippo Barone, che di spunti ne avrebbero per altri cento personaggi, decidono però di dedicarsi all”uomo ombra, e lo fanno partendo dall”Abruzzo, da Avezzano, dove il giovane Gianni da piccolo corrispondente di provincia del Tempo diviene prima sostituto in redazione e poi caposervizio 23 enne. Più che dotato superdotato.
Quando poi di anni ne ha 37, del Tempo diviene amministratore e direttore. Più che superdotato direi Topolanek.
Ma è con la sua prima bustarella che la strada di Letta incrocia quella del potere, della politica fatta come piace ai diversamente onesti: nel 1983 accetta una tangente in Cct da 1,5 miliardi di lire da Ettore Bernabei, dal 61 al 74 direttore Rai ma soprattutto direttore della società finanziaria a partecipazione statale Italstat. La giustificazione davanti ai magistrati è in puro stile “british”: “tutto regolare”.
C”è chi regala un orologio, chi un miliardo e mezzo. Sono gli anni dei fondi neri dell”Iri e i miliardi passano da un borsellino all”altro come fossero monetine. Fondi neri che, come diceva l”allora radicale ex cuor di leone Francesco Rutelli, servivano per “addomesticare i media”. Un regalo al direttore de Il Tempo da 1,5 miliardi, cosa c”è di male? Si chiamano “presenti”, non mazzette. Ma Gianni non aveva bisogno di ordini di scuderia; ha sempre avuto una tendenza innata alla trattativa, più o meno lecita. La vita del San Paolo di Avezzano cambia con il fulmine sulla via di Arcore: nel 1987 incontra sulla sua strada colui che sarà suo datore di lavoro per il resto della vita: Silvio Berlusconi.
E qui la domanda degli autori: dietro Letta c”è Berlusconi o dietro Berlusconi c”è Letta? L”una e l”altra, pare di capire. Silvio lo piazza subito come vicepresidente Fininvest, nel Cda di Mondandori/Repubblica e lo impone ai soci come capo del gruppo Standa, tra le ire e le proteste degli azionisti che si chiedevano cosa c”azzeccasse un giornalista a capo di un grande gruppo imprenditoriale? Cosa c”azzeccava? Nulla, quindi era perfetto.
Il ruolo di mediatore e diplomatico alla matriciana Letta lo sfodera durante l”approvazione della legge Polaroid, detta anche Mammì, quando tra una pausa e l”altra si presta a fare da confessore agli amici socialisti, e ottiene risultati straordinari. Quando infatti la legge viene approvata, spianando la strada verso il monopolio all”amico di D”Alema, Silvio per ringraziarlo, gli mette nel taschino della giacca 3 miliardi di azioni: questa legge gliene frutterà mille volte tanto. Letta è lo stesso Letta che riesce a convincere Remo Toigo, titolare della Ftm, a pagare oltre 600 milioni di tangente per accaparrarsi l”appalto per stendere il piano frequenze, cucendolo poi addosso a Fininvest; lo fa con l”aiuto del compare bello, Adriano Galliani.
Il 2 novembre 1993 Gianni mette il bacheca il primo dei suoi avvisi di garanzia: la procura di Roma, quando ancora faceva le indagini, lo accusa di corruzione e tangenti all”amministratore delle Poste per conto di Fininvest.
I pm chiedono addirittura l”arresto per Gianni, che viene però rifiutato dal Gip, che era, non ve lo aspetterete, Renato Squillante. Poi arriva l”incarico di sottosegretario nel 1994 e le trame per la bicamerale, portate avanti dal prescritto D”Alema alla faccia degli elettori: maggioranza e opposizione non dialogano in Parlamento, ma a casa di Letta: la famosa Colazione da Lettany.
Da lì in poi la carriera di Gianni non smetterà più di correre, fino a ricevere incarichi di consulenza dalla Goldman e Sachs, alla pari di Romano Prodi e Mario Draghi, che qualcosa di economia capivano, al contrario di Letta. Dal punto di vista trascendentale le cose non vanno peggio: Letta viene nominato anche Gentiluomo del Papa: può assistere ai momenti privati del Papa, può viaggiare con lui e può intercedere quando il suo datore di lavoro le combina grosse, tipo gestendo harem a Villa Certosa o facendo le maratone di sesso a Palazzo Grazioli.
Tanti impegni, certo, ma parecchio remunerativi: nel 2002 Letta guadagnava 170 mila euro; nel 2007 il suo conto corrente parlava di 1,55 milioni di euro. Un Letta che ormai si può permettere di sponsorizzare la scalata bancaria a Rcs da parte dei burini del quartierino, e che colleziona avvisi di garanzia come fossero medaglie al valore: nemmeno una piega quando la Procura di Potenza, tra mille interferenze, gli comunica che è indagato per i servizi di ristorazione dei centri di permanenza temporanea: turbativa d”asta e corruzione.
Del resto nemmeno i giornali si scompongono, e per 10 mesi la notizia non viene ritenuta di interesse nazionale. Questo e molto altro hanno ricostruito Arena e Barone, dando alle stampe un libro coraggioso e che merita di essere letto anche solo per un semplice motivo: Letta non sarebbe d”accordo.
E allora vale la pena conoscere fino in fondo quello che rischia di diventare Presidente della Repubblica, visti gli apprezzamenti che gli arrivano dai colleghi del Pdl e dai compagni del Pd, sempre pronti a dialogare, anche con un tangentaro: chissenefrega.
Fonte: http://bennycalasanzio.blogspot.com/2010/01/gianni-letta-biografia-non-autorizzata.html.
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