'Sgomento e compostezza. L''avvocatura palermitana riunita nel ricordo di Fragala'''

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2 Marzo 2010 - 22.07


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di Anna Petrozzi e Lorenzo Baldo – 1° marzo 2010
Palermo. E” ancora sotto shock il mondo dell”avvocatura che oggi, compatto, si è riunito nella cattedrale di Palermo per dare l”estremo saluto al collega Enzò Fragalà, brutalmente assassinato a bastonate la settimana scorsa.

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Occhi lucidi e sgranati, soprattutto nei volti più giovani, in cui si leggono chiaramente lo sgomento e una enorme inquietante domanda: perché? Perché uno degli avvocati più in vista della città, stimato anche dagli avversari, politici e professionali, è stato aggredito con tanta ferocia, senza dignità, con un gesto così barbaro?
La Cattedrale è gremita, ospita ancora una volta il dolore di una famiglia e di molti amici e colleghi, ma anche il saluto sincero di tanti magistrati e gente comune. E” un pianto composto, discreto, quasi silenzioso, interrotto soltanto dai numerosi applausi che si levano spontanei quando entra il feretro e durante il commosso ricordo degli avvocati Enzo Trantino e Enrico Sanseverino, legati a Fragalà dai tempi dell”università, e dei presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani. Quest”ultimo però ha voluto precisare di essere presente non come figura istituzionale, quanto piuttosto in qualità di amico e di avvocato.
Alla violenza e all”offesa l”avvocatura palermitana ha voluto rispondere con rivendicato orgoglio, per ricacciare l”ombra della paura che si insinua quando ci si riscopre vulnerabili e facilmente attaccabili come è successo a Enzo Fragalà.
Soprattutto i giovani avvocati si sono dati il turno per presidiare ininterrottamente, toga indosso, il feretro dell”avvocato proprio per lanciare un segnale di forza e unità.
Ma colpisce l”assenza di rabbia.
In tutta questa giornata di tiepido sole primaverile dedicata all”avvocato non è trapelata una sola parola di collera o stizza.
I commenti sono sotto voce, gli aneddoti bisbigliati e accompagnati da amari sorrisi.
Tutti gli avvocati riuniti di nuovo, dopo la cerimonia funebre, nel piazzale della memoria dietro Palazzo di giustizia si consolano tra strette di mano, abbracci e baci, tutti sentitamente solidali, ma non si leva una sola voce.
Li raccoglie ancora una volta il presidente dell”ordine degli avvocati di Palermo, Enrico Sanseverino che li ringrazia tutti, per la serietà e la compostezza e ricorda a tutti la linea da seguire, principio sacro di ogni avvocato penalista: “Difendi l”imputato, ma non sposarne mai la causa”. E” l”unica frase che esce dal rituale e sembra cercare di restituire una direzione agli sguardi disorientati di una squadra che sa di aver subito un colpo basso, inaspettato, crudele e senza precedenti nella difficile partita quotidiana della giustizia palermitana.
Dove ogni dettaglio non passa inosservato, ogni gesto è un segnale. E nonostante la pronta voglia di reagire tutti sanno che non riusciranno a riconquistare la piena serenità se non avranno risposto, senza alcun indugio, a quel perché? Se non sapranno di poter tornare a svolgere il proprio lavoro liberi da qualsiasi condizionamento, ricatto o follia omicida, se non saranno certi che non si è trattato di un agguato di mafia.
In caso contrario vorrà dire che dai proclami dal carcere, dalle lettere di protesta, si è passati ai fatti, alle minacce, alle pretese e ai ricatti.
Segnale pessimo che riporta le lancette dell”orologio ai tempi bui dei cadaveri eccellenti che in Sicilia non si piangono da 18 anni, dalla strage Borsellino.
Gli inquirenti sono al lavoro per fugare ogni dubbio.

Tratto da: antimafiaduemila.com

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