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L”otto per mille è stato creato dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 e su quale fosse la sua finalità non vi può essere dubbio. La legge ha infatti per titolo: «Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi».
Questa legge si è resa necessaria in seguito alla modifica del Concordato tra la Santa Sede e lo Stato italiano, firmata l”anno precedente e ratificata dal parlamento pochi mesi prima dell”approvazione della legge 222/85.
Il nuovo Concordato del 1984 ha abolito la cosiddetta «congrua», dei veri e propri «assegni» che lo Stato versava alla Chiesa cattolica per il sostentamento del clero ad integrazione «dei redditi dei benefici ecclesiastici» (così recitava l”articolo 30 del Concordato del 1929).
L”accordo di modifica del Concordato rimandava alle decisioni di una commissione paritetica «la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano» nei confronti della Chiesa. L”otto per mille costituisce esattamente la «trovata» dei nostri politici per supplire al sostegno diretto. E così l”articolo 47, comma 2, della legge 222/85 recita: «A decorrere dall”anno finanziario 1990 una quota pari all”otto per mille dell”imposta sul reddito delle persone fisiche [.] è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica». Una norma inserita in una legge che, come abbiamo visto, aveva proprio l”obiettivo di dare seguito alle modifiche concordatarie. Nulla a che fare, quindi, con slanci di solidarietà e filantropia. Tanto che gli unici due destinatari originari dell”otto per mille erano lo Stato e la Chiesa cattolica. E basta poco per accorgersi che inserire lo Stato tra i beneficiari era un mero escamotage per rendere accettabile anche alle sensibilità un po” più laiche un finanziamento diretto alla Chiesa cattolica.
L”irpef – lo ripetiamo – è tutta dello Stato, che con questa norma non fa che sottrarre a se stesso una quota delle proprie entrate fiscali per darla alla Chiesa. Sarebbe come dire che una quota dell”ici è destinata ai comuni per fini specifici: un evidente non senso per nascondere una realtà che iniziava ad essere imbarazzante.
Oggi, però, come si sa, i destinatari dell”otto per mille non sono solo lo Stato e la Chiesa cattolica, ma anche altre istituzioni religiose. Come mai? C”è lo zampino dei radicali (siano benedetti). Durante la discussione alla Camera del disegno di legge che istituiva l”otto per mille, alcuni parlamentari radicali, tra cui l”allora laico e anticlericale Francesco Rutelli, presentarono un ordine del giorno che impegnava il governo a mettere in atto tutte le iniziative volte a porre rimedio alla «grave situazione di disparità con le altre confessioni religiose» che la nuova legge avrebbe creato.
L”ordine del giorno venne approvato e da allora anche le altre confessioni religiose con cui lo Stato italiano ha stipulato intese in base all”articolo 8 della Costituzione italiana possono concorrere alla ripartizione dell”otto per mille. L”apertura non deve aver fatto molto piacere alla Chiesa cattolica ma, una volta abolito l”articolo dei Patti lateranensi del 1929 che definiva la «religione cattolica, apostolica e romana» come «la sola religione dello Stato», un finanziamento esclusivo alla Chiesa cattolica sarebbe diventato incostituzionale.
È stato questo, dunque, il percorso che ha portato a quello strano oggetto con cui abbiamo a che fare ogni anno tra maggio e giugno.
L”inganno
Quello dell”otto per mille è un meccanismo subdolo inventato per ingannare.
Il terzo comma del già citato articolo 47 della legge 222/85 recita: «Le destinazioni di cui al comma precedente vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse».
Tre righe in grado di stravolgere, se non addirittura capovolgere, le volontà reali dei contribuenti. Ogni anno la stragrande maggioranza delle scelte espresse va alla Chiesa cattolica: per i fondi ripartiti nel 2007 – relativi ai redditi 2003, dichiarati nel 2004 – addirittura l”89,81 per cento. Ma a fare una scelta esplicita per la destinazione dell”otto per mille è stato solo il 40 per cento dei contribuenti.
Dunque, a rigore, è il 90 per cento di quel 40 per cento che vuole destinare l”otto per mille alla Chiesa cattolica, cioè su 100 contribuenti solo 36 e non 90. E invece alla Chiesa è andato il 90 per cento circa dell”intero ammontare dell”otto per mille dell”irpef. Proviamo a fare un gioco mentale. Immaginiamo che alla prossima dichiarazione dei redditi un solo contribuente esprima la sua preferenza e la dia alla Chiesa cattolica: in questo caso, poiché il 100 per cento delle scelte espresse ha indicato la Chiesa cattolica come destinatario, tutto l”otto per mille di tutti i contribuenti andrà alla Chiesa cattolica.
Il paradosso mostra chiaramente la natura ingannevole del meccanismo. E non poteva che essere così. Sarebbe mai stato possibile abolire la congrua sostituendola con un meccanismo che non garantiva alla Chiesa entrate almeno simili, se non addirittura maggiori? Ricordiamo che la modifica del Concordato si può fare solo con l”accordo delle parti (l”unico atto unilaterale che lo Stato italiano potrebbe fare è abolire l”articolo 7 della Costituzione che riconosce i Patti lateranensi come testo di riferimento nei rapporti Stato-Chiesa. ve l”immaginate?). Visto l”atto di nascita dell”otto per mille, dunque, non è affatto malizioso né dietrologico affermare che si tratta di un meccanismo di finanziamento pubblico della Chiesa cattolica, escogitato in modo che fosse il più possibile favorevole alla Santa Sede. Se così non fosse, perché lo Stato non fa neanche un minuto di pubblicità per spiegare bene il meccanismo dell”otto per mille e invitare i cittadini a destinarlo a esso stesso?
L”inganno nell”inganno
I cittadini che intendono lasciare allo Stato tutte le tasse che pagano, otto per mille compreso, sono ingannati due volte. La prima con il meccanismo di distribuzione che abbiamo appena visto. Non ci vuole infatti un sondaggio per capire che la stragrande maggioranza di chi non esprime una preferenza (cioè più della metà dei contribuenti) è arciconvinta che il suo silenzio valga come una preferenza per lo Stato. A nessuno dotato di un minimo di capacità logica – bene ormai introvabile nel nostro paese – verrebbe mai in mente un meccanismo diabolico come quello descritto. Ma ad essere ingannati sono anche coloro che – capito il primo tranello – fanno una scelta esplicita in favore dello Stato. Secondo la legge, infatti, questo ha l”obbligo di utilizzare i fondi che gli derivano dalla ripartizione dell”otto per mille (che per il 2007 ammontano a quasi 86 milioni di euro) esclusivamente «per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali». Sorvoliamo qui sull”arbitrarietà con cui sono stati scelti questi ambiti (perché la conservazione dei beni culturali e non – parola impronunciabile in Italia – la ricerca scientifica? Misteri della politica).
Il problema è che negli anni lo Stato ha in realtà utilizzato questi fondi sostanzialmente per integrare le sue, già scarse, finanze. Domanda: e se se lo tenesse tutto l”otto per mille piuttosto che finanziare col denaro di tutti alcune confessioni religiose? Ma questi, si sa, sono quesiti da laicisti anticlericali.
Torniamo al punto. Lo Stato inventa un meccanismo per favorire la Chiesa cattolica, meccanismo grazie al quale alcune briciole rimangono allo Stato stesso. Ci si aspetterebbe che almeno queste briciole venissero utilizzate coerentemente a quanto dichiarato nella legge. Ma così non è.
Un accurato dossier sull”otto per mille realizzato da Annapaola Laldi per l”Aduc (www.aduc.it/dyn/documenti/allegati/pulce/dossierottopermille.html) riporta un dettagliato prospetto di come sono stati impiegati, anno per anno, i fondi a diretta gestione statale.
Secondo questa fonte, i fondi dell”otto per mille sono sempre stati utilizzati (ad eccezione del 2002 e del 2003) anche per scopi che esulano dalla normativa (la legge 222/85, che individua gli ambiti in cui questi fondi devono essere utilizzati, e il decreto del presidente della Repubblica n. 76 del 1998, che definisce più analiticamente i criteri per l”assegnazione).
Gli usi più «impropri» sono quelli relativi al finanziamento di missioni militari. Non è storia solo recente. Nel 1999 cento miliardi di lire dell”otto per mille vennero dirottati per l”invio in Albania e in Macedonia di contingenti italiani nell”ambito della missione Nato «per compiti umanitari e di protezione militare, nonché rifinanziamento del programma di aiuti italiani all”Albania e di assistenza ai profughi» (decreto legge 21-4-1999, n. 110 convertito in legge il 18-6-1999, n. 186). Nei due anni successivi la somma destinata a missioni internazionali è addirittura aumentata fino ai 150 miliardi circa del 2001.
Ma la cosa più scandalosa è avvenuta nel 2004, quando venne inserito nella finanziaria questo passaggio: «L”autorizzazione di spesa di cui all”articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell”otto per mille dell”imposta sul reddito delle persone fisiche (irpef) è ridotta di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2004». Avete letto bene: ogni anno la quota di otto per mille destinata allo Stato dovrebbe essere decurtata alla fonte di 80 milioni di euro (che quest”anno rappresenterebbero quasi il 100 per cento dei fondi!) senza nessuna specificazione circa il loro utilizzo. Poiché vanno a finire nel grande calderone del bilancio dello Stato, è difficile seguire esattamente il percorso di questi danari.
Pare certo – lo ha confermato anche Giuseppe Vegas, viceministro dell”Economia ai tempi del governo Berlusconi – che in passato una grossa fetta sia stata utilizzata per finanziare le missioni militari italiane all”estero, Iraq e Afghanistan in testa.
Lo scandalo venne fuori però solo nel novembre 2006 grazie alla denuncia del presidente del Fai, Giulia Maria Crespi. All”epoca il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del nuovo governo di centro-sinistra Enrico Letta rassicurò: «Con la prossima finanziaria il fondo dell”otto per mille tornerà ad essere utilizzato per le finalità previste dalla legge». Peccato che nella finanziaria 2007 la decurtazione c”è, ridotta a 35 milioni per il 2007 ma ripristinata a 80 milioni di euro per il 2008 e il 2009.
Insomma, questa faccenda dell”otto per mille è un classico pasticcio all”italiana con il danno e pure la beffa per milioni di contribuenti che non riescono a capire che fine fanno i propri soldi. Tutto questo fa quasi rimpiangere i tempi della vecchia congrua, quando almeno tutto era chiaro: l”Italia era uno Stato dichiaratamente confessionale, quella cattolica era la religione di Stato che pagava direttamente per mantenere preti, vescovi e chiese, tutto alla luce del sole. Oggi non è cambiato molto, solo che la luce è stata oscurata da una spessa coltre di ipocrisia.
OTTO PER MILLE
RIPARTIZIONE IN EURO (riferito ai redditi del 2003, dichiarati nel 2004, e ripartito nel 2007)
CHIESA CATTOLICA 362.423.877,33 89,81Â Â Â 524.565.543,44..TOTALE 991.278.769,09
***
Assemblee di Dio in Italia 766.735,74
Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
1.975.257,59
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste valdesi) 5.770.695,30
Unione delle Comunità ebraiche italiane 3.654.226,54
Chiesa Evangelica Luterana in Italia 2.567.834,87
Questo “pezzo” è tratto da un articolo pubblicato su MicroMega 04/2007
Tratto da: gliitaliani.it
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