'Malacarne. La ''''cultura'''' della mafia che inganna la Germania' | Megachip
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'Malacarne. La ''''cultura'''' della mafia che inganna la Germania'

'Malacarne. La ''''cultura'''' della mafia che inganna la Germania'
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30 Maggio 2010 - 08.36


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musica-mafiadi Monica Centofante
Ci sono storie che a volte ti ripiombano nel passato più oscuro. Quello che speravi dimenticato, spazzato via dal vento di una coscienza che ha affondato le sue radici nel sangue, nel dolore e nell”eredità lasciata dai tanti, troppi martiri.
Sono storie di fantasmi che riemergono dal buio del tempo, con il loro fardello pesante, carico di vergogna e di orrore. E riportano di molto indietro le lancette. “La musica della mafia”, la trilogia di Francesco Sbano, è capace di produrre questo effetto. Un elogio ai “valori” mafiosi, all”omertà; la strenua difesa di “una antica cultura da rispettare”, che arriva a farsi beffe perfino dell”estremo sacrificio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Da quando in Germania la trilogia ha venduto centinaia di migliaia di copie ai cd si è aggiunto un film: “Uomini d”onore”, una sorta di completamento alla raccolta musicale in cui l”autore chiede di non giudicare l”operato dei mafiosi. E da allora, i pochi giornalisti tedeschi informati e impegnati in ogni modo a spiegare ai propri concittadini cos”è la mafia, a diffondere una corretta cultura della legalità, non si danno pace.

Qualche giorno fa alcuni di loro hanno scoperto che il libro fotografico di Alberto Giuliani “Malacarne”, appena uscito in Germania con l”annunciato intento di sensibilizzare i lettori al tema della Camorra, della ”Ndrangheta, di Cosa Nostra, esce in allegato ad uno di questi cd. E quel che è peggio è che l”opera si avvale dei contributi di icone dell”antimafia come Roberto Saviano, Francesco La Licata, Antonio Nicaso, Nicola Gratteri e Rita Borsellino. Appena appresa la notizia tutti loro hanno denunciato pubblicamente, attraverso il quotidiano Il Fatto, di essere stati ingannati, riuscendo ad impedire, per il momento, la distribuzione in Italia dell”opera già pubblicata in doppia lingua. “Ci è stato chiesto un contributo editoriale per un libro fotografico – hanno detto all”unanimità -. Ma nessuno ci ha avvisato della decisione di distribuire il libro con i canti di malavita, canzoni neomelodiche che inneggiano alla ”Ndrangheta e alla Camorra”. Ignaro si è detto anche il fotografo Giuliani: “Reputo giuste le considerazioni degli autori. Neppure io sapevo che il libro sarebbe uscito con quelle canzoni in cd”.

In Germania invece le cose andranno diversamente: “Malacarne”, nonostante i discussi contenuti, non sarà ritirato e non subirà alcuna censura, come invece era accaduto tempo fa per il libro “Mafia. Von Paten, Pizzerien und falschen Priestern”, della giornalista Petra Reski, inviata in Italia per il Die Zeit e tra le maggiori esperte estere sul tema della criminalità organizzata. In quell”occasione Spartaco Pitanti, indicato nel rapporto dell”anno 2000 del Bka (l”Ufficio criminale federale) come soggetto sospettato di essere legato alle ”ndrine trapiantate in Germania, era riuscito ad ottenere che alcune pagine, nelle quali era citato il suo nome, fossero annerite con inchiostro nero.
Sbano invece, temono le malelingue, potrà farsi vanto di quelle prestigiose collaborazioni. Accreditandosi agli occhi di un”opinione pubblica indifesa, perché priva degli strumenti idonei a decodificare i “messaggi d”onore”. Dettaglio che era già emerso da un”interpellanza parlamentare a Düsseldorf, seguita alla sua partecipazione in qualità di esperto dell”antimafia ad un incontro organizzato all”Università di Bochum.

Alcuni giorni fa gli autori ingannati hanno parlato di una “sofisticata operazione culturale” per far passare “la ”Ndrangheta come modo di essere piuttosto che come organizzazione criminale. Una sorta di interpretazione ”calabrianista”, secondo cui non è possibile dissociare la ”Ndrangheta dalla cultura calabrese. La stessa operazione – hanno aggiunto – è in atto da tempo anche in Campania. È opportuno prendere le distanze da questa strategia mediatica per evitare di confondere i sacrifici e le battaglie antimafia con iniziative ambigue e discutibili”.

Un tuffo nel passato dunque, nell”Italia in cui la mafia era “una mentalità” mentre nel silenzio e nella generale sottovalutazione conquistava pezzi di strutture democratiche strisciando all”interno degli apparati istituzionali. Offrendosi come braccio armato, stringendo accordi, siglando affari.
In quegli anni, nonostante le stragi di Portella della Ginestra o di Ciaculli, soggetti al vertice della politica regionale e ministri in carica insistevano a ridurre la mafia a un fenomeno folcloristico, a un problema culturale, permettendo il suo indisturbato consolidamento all”interno della borghesia e dell”imprenditoria e l”ingresso nei grandi business. Tutto questo, in futuro, avrebbero avuto una forte ricaduta politica.
La Germania è all”anno zero e la metaformosi è appena iniziata. I figli di mafia radicati in quella terra, come la strage di Duisburg ci ha dimostrato, saranno a tutti gli effetti cittadini tedeschi e avranno le carte in regola e la potenza economica che deriva dalle attività illecite per avviare l”opera di penetrazione.
Il rischio quindi è alto e la battaglia si gioca principalmente sul piano della cultura, della consapevolezza e dell”informazione ed è questo il reale pericolo de “La musica della mafia”.

La giornalista Francesca Viscone, per lungo tempo cittadina tedesca, aveva parlato di Sbano nel suo libro “La globalizzazione delle cattive idee”: “Brutte canzoni – spiegava – da noi disprezzate, erano diventate famose, diffondendo le ”cattive idee” dell”immaginario collettivo mafioso come se fossero verità storiche o credibili analisi sociologiche. Il vero fenomeno, in realtà, non era la musica, ma la cattiva informazione, la campagna stampa in cui i giornalisti avevano fatto solo da vuota cassa di risonanza”.

E” d”accordo Petra Reski, che ricorda alcuni aneddoti di improvvisati giornalisti antimafia, che più di una volta hanno romanzato su una criminalità organizzata vista non come un male da estirpare, ma come “una antica cultura meridionale”, dal sapore “romantico”. “Malacarne”, in questo senso, sembra essere il capolavoro di una fatale campagna propagandistica, che andrebbe in ogni modo fermata. Come in Italia alcune memorie storiche della lotta al crimine organizzato si sono affrettate a fare.
L”appello di Petra, sul tema dell”informazione, è accorato: “E” necessario che sia corretta e trasparente perché possa risvegliare le coscienze assopite”. “La Germania – dice – è solo all”inizio di un cammino che l”Italia ha già percorso. Globalizziamo l”antimafia prima che la mafia, già globalizzata, prenda il sopravvento”.

Tratto da: antimafiaduemila.com

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