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di Davide Pelanda – Megachip.
Esiste in Italia un buco nero giuridico, una pena più crudele di tutte, un luogo che inghiotte vita e speranza. Pochi conoscono l”«ergastolo ostativo». Lo può raccontare molto da vicino una sua vittima, Carmelo Musumeci. «Lo immaginavo, lo sapevo ma ci sono rimasto ugualmente male. mi è arrivata la respinta del permesso da parte del Tribunale di Sorveglianza: “le motivazioni affettive sottese alla richiesta avanzata dal Musumeci, encomiabili e rispettabili sul piano umano [non sono applicabili …]
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al Musumeci che, nonostante i progressi compiuti nel corso del trattamento penitenziario, è soggetto alla preclusione di cui all”art. 4 bis o.p. essendo in espiazione di pena inflitta per i reati cosiddetti di prima fascia. (ostativi)”. Tante belle parole per dirmi di no.Ci sono dei momenti che mi viene voglia di rassegnarmi perché lottare senza speranza stanca, ma come faccio a dirlo a mia figlia?».
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Carmelo Musumeci è detenuto nel carcere di Spoleto da 20 anni e sottoposto proprio all”articolo 4 bis dell”Ordinamento penitenziario. Quello che viene chiamato comunemente “ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio”, regolati dall”articolo 4 bis della legge n. 354/75 norme dell”Ordinamento Penitenziario. Un tipo di pena questa poco conosciuto alla stragrande maggioranza delle persone. Eppure nel nostro Paese sono circa 1400 i detenuti che vivono in questa condizione, la stragrande maggioranza proveniente dal Meridione. I reati per i quali si può essere condannati a questa pena sono quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, sequestro di persona e per tutti quei reati che hanno in qualche modo agevolato l”attività criminosa di stampo mafioso.
A dir poco curioso, invece, il fatto che in questo tipo di pena non si parli di reati tipo pedofilia, omicidio volontario e violenza carnale. Se poi pensiamo ai vari politici corrotti, a banchieri che fanno prestiti da strozzinaggio, oppure imprenditori colpevoli di tanti “omicidi bianchi” o ai vari Tanzi, Anemone e compagnia che hanno truffato a destra e a manca.questi se la cavano solo con qualche mese di carcere o patteggiamento. E di nuovo fuori come se nulla fosse accaduto. Non dimentichiamoci però che l”ostatività è stata voluta dallo Stato negli anni Novanta come risposta ai gravi reati di mafia.
Si potrebbe dire, eufemisticamente, che lo Stato italiano per questi detenuti ha “buttato via la chiave”, li ha “murati vivi” per legge.
«Una pena del diavolo». – Così Carmelo Musumeci definisce questo tipo di ergastolo. Musumeci, nato in Sicilia, da subito vissuto fuori della legalità , laureando in giurisprudenza, poeta (nel 2009, vince persino un premio in un Concorso Letterario Nazionale di poesia, ndr) si fa portavoce di questi detenuti in condizioni speciali: questa pena è «crudele, inumana e degradante perché trasforma la persona in una statua di marmo. In tutti i Paesi del mondo, anche dove esiste la pena di morte, il condannato alla pena dell”ergastolo ha la speranza o una possibilità di poter uscire. In Italia chi è condannato con l”ergastolo ostativo per “reati associativi” non potrà mai uscire se non collabora con la giustizia, quindi se al suo posto non ci mette qualche altro».
E qui sta il nodo principale e fondamentale: ti possono essere concessi dei benefici (dai permessi premio alla semilibertà e liberazione condizionale) solo se collabori con la giustizia, con i magistrati per far arrestare altre persone. Sembrerebbe una sorta di “vendetta” (le virgolette sono d”obbligo) dello Stato: «non più coercizioni e punizioni corporali come ai tempi dell”Inquisizione nel Medioevo- prosegue Musumeci – ma delazione. Non più l”uso della tortura fisica per estorcere la verità , ma solo la tortura del tempo e dell”anima, molto più dolorosa di quella fisica. L”articolo 4 bis dell”Ordinamento penitenziario è stato introdotto allo scopo di ottenere informazioni da chi è detenuto, prolungando anche in perpetuo la pena, come nel caso dell”ergastolo. Con tale norma si è anche stabilito il divieto di concessione delle misure alternative alla detenzione a quei detenuti che non collaborano con la magistratura».
Ma chi non collabora, molto spesso, lo fa per paura di vendette una volta uscito, o di rappresaglie verso la propria famiglia. Non certo per omertà . A questo punto capiamo che in Italia ci sono due modi di intendere l”ergastolo, una sorta di doppio binario: da un lato quello dove dopo 10, 20 anni di carcere può avere una semilibertà e dopo 26 anni la condizionale, dall”altro lato invece nessuna possibilità se non solo ed esclusivamente il carcere a vita fino alla morte.
«Un giorno mia figlia – racconta ancora Musumeci – offuscata dall”amore che prova per me, mi ha confidato: “Papà , ma perché non collabori con la giustizia così torni a casa.”
Le ho risposto: “E tu continueresti a volermi bene se la mia libertà costasse sofferenza e dolore ad altre persone che ora hanno moglie e figli?”. Io e gli altri ergastolani, con l”ergastolo ostativo, non condividiamo più i disvalori del passato, e per questo non accetteremo mai di tornare come eravamo, togliendo la vita degli altri per riavere la nostra».
E su questa questione dell”ergastolo ostativo il 4 novembre del 2008 è stato presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell”Uomo dove si faceva presente che «mentre in alcuni Paesi come Norvegia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Albania, Polonia e Ungheria l”ergastolo è stato abolito, dando un segno di grande civiltà e umanità al senso della pena, in altri Paesi l”ergastolano ha un chiaro e preciso fine pena: Irlanda dopo 7 anni, Olanda dopo 14 anni, Norvegia dopo 12 anni, Svizzera dopo 15 anni, Francia dopo 15 anni, Germania dopo 15 anni, Grecia dopo 20 anni, Danimarca dopo 10/12 anni, Belgio dopo 14 anni. Invece la patria del diritto romano, l”Italia, dopo 25 anni e mai, proprio mai, unico Paese in Europa e nel mondo, per le condanne all”ergastolo ostativo».
«Non si tratta di tirar fuori delinquenti dalla galera a tutti i costi – dice Nadia Bizzotto, volontaria nel carcere di Spoleto e responsabile di una struttura della “Comunità Papa Giovanni XXIII” fondata nel 1973 da don Oreste Benzi, ora scomparso – ma di dare una possibilità a chi ne avrebbe diritto. In carcere, per ottenere i benefici, occorrono il diritto e il merito: per gli ostativi non si arriva al merito, non si arriva a stabilire se hai fatto un percorso tale per cui psicologi, direttore del carcere ecc. possano presentare una relazione su di te e su quanto tu sia cambiato: non ne hai diritto perché non hai collaborato. Allora il principio educativo non c”è proprio, il famoso articolo 27 non serve assolutamente a niente. Che senso ha tenere in galera uno tutta la vita con la prospettiva di non uscire mai; educarlo per cosa, per portarlo alla tomba? Il nostro è uno Stato che per certi versi ha una giustizia assolutamente lassista e che per altri, invece, fa pagare in maniera ingiusta e spropositata» (P. Palattella, Ergastolo ostativo e certezza della pena, «La Vera Cronaca»).
Ed è proprio la Comunità di don Benzi ad aver preso “in carico” in qualche maniera le persone condannate a questa terribile pena: molti di loro li vanno a trovare nelle carceri, oppure hanno inventato il blog Urla dal Silenzio, oppure il gruppo su Facebook, dove gli stessi volontari dell”associazione ricopiano sul pc testi di lettere, poesie e vari scritti che gli ergastolani ostativi gli passano scritti a mano su pezzi di carta per poi pubblicarli in rete.
Lo stesso don Benzi, quando era in vita, affermava: «Se cercassimo ai aiutare chi commette reati, anziché limitarci a reprimere, avremo molta meno delinquenza», cui ha fatto seguito più tardi la battuta del cardinal Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano: «È proprio vero che l”ergastolo toglie la speranza».
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