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Da oggi, e per i prossimi giorni, pubblicheremo a puntate un
saggio di Giuseppe Guarino, già ordinario di Diritto pubblico alla
Sapienza di Roma, già ministro delle Finanze (1987) e dell”Industria
(1992-”93). La tesi del professore è che all”origine della moneta unica
si sia realizzato un “colpo di stato”, attraverso un preciso regolamento
comunitario, il numero 1466/97. Approfittando della fortissima volontÃ
dei governi del tempo di superare a tutti i costi “l”esame” – sul fronte
dei conti pubblici, per esempio – necessario a entrare nella nuova
area valutaria, la Commissione fece approvare infatti un regolamento che
avrebbe vincolato in maniera decisa le leve della politica economica
fino ad allora in mano agli stati membri.
Il ragionamento di Guarino è lungo ma non oscuro,
narrato con stile piano, a disposizione – per volontà dello stesso
autore – di chi lo volesse confutare. Qualcuno potrebbe sostenere, forse
non a torto, che non di soli formalismi giuridici è costituito il
processo d”integrazione europea. Ciò detto, è un fatto che pezzi
d”establishment guardino con ansia crescente alle prossime elezioni
europee, ritenute facile terreno di caccia per “populisti” anti moneta
unica. Ieri pure l”agenzia di rating Moody”s ha parlato di rischi “non
trascurabili” che in Italia “i partiti anti-euro prendano il potere con
un programma di uscita dall”euro”. Guarino obbliga a confrontarsi con
una lettura critica ma acuta, nient”affatto dozzinale, del tipo di
mentalità dominante nella storia dell”integrazione europea. A meno di
non accontentarsi di vivere in unӏra in cui tutte le vacche sono
populiste, buona lettura. (mvlp)
Una espressione usata anche in atti formali, compreso il
molto recente cosiddetto Fiscal compact (art. 1, comma 1) è quella di
“Unione economica e monetaria” (Uem). L”Unione monetaria non è
stata realizzata. L”Unione economica non è stata creata. Le monete
circolanti con “valore legale” nell”Unione erano tredici al 1° gennaio
1999, data del lancio. Una, l”euro, moneta comune di undici stati. La
sterlina e la peseta, “monete nazionali”. Oggi le monete sono dodici, di
cui una, l”euro, moneta comune, undici, monete nazionali.
L”Unione economica non è stata creata. L”Atto unico
europeo (Aue) e il Trattato dell”Unione europea (Tue), che sono i due
Trattati ai quali ne viene attribuito il merito, si sono limitati a
creare un “mercato unico”. E” un grande spazio economico nel quale si
applicano, come dominanti, i principi della libera iniziativa privata
(libertà di impresa) e della più ampia apertura. Oggi la maggior parte
dei rapporti economici del globo sono retti da discipline ispirate ai
medesimi principi della libera iniziativa privata, quindi della libertÃ
di impresa, in un mercato aperto. Si è costruito a livello quasi
mondiale un mercato “unico”. Nessuno lo definirebbe “Unione economica”.
Il “mercato comune” formò oggetto precipuo dell”Aue, integrato successivamente dal Tue. Il
Tue ha disciplinato oggetti nuovi, in modo particolare ha dettato una
disciplina generale sull”attività economica e sui bilanci degli stati,
quindi implicitamente sulla moneta comune.
Alle norme che avrebbero influito sulla concretizzazione della “moneta
comune” si pose mano negli ultimi mesi di discussione sul Tue. A quel
punto molti capisaldi della disciplina della moneta erano stati giÃ
fissati. La moneta sarebbe stata comune non a tutti gli stati
dell”Unione, ma solo a quelli che si sarebbero assoggettati alla sua
specifica disciplina. La decisione scaturì dalla indisponibilità del
Regno Unito a rinunciare alla sua storica moneta, la sterlina. L”Unione,
senza il Regno Unito, sarebbe nata monca. Fu concessa al Regno Unito la
clausola dell””opting out”. Avrebbe potuto aderire all”euro,
dimostrando di averne i requisiti, in qualsiasi momento successivo.
Concessa al Regno Unito, la clausola non poté essere negata alla
Danimarca. Fu concessa di fatto, in assenza di deroga formale, alla
Svezia, il primo paese ad aderire all”Ue, dopo la stipula del Trattato.
L”art. 109 k) ha finito per contemplare due distinte categorie di paesi
membri, quelli ammessi all”euro, denominati senza deroga, e quelli che
continuano ad avvalersi della propria moneta, denominati “paesi con
deroga”. L”art. 109 k) indica gli articoli del Tue che si applicano ai
soli paesi senza deroga.
Come il Regno Unito aveva dichiarato che non avrebbe
rinunciato alla sterlina, così la Germania precisò che avrebbe aderito
all”Unione e alla moneta unica solo se questa fosse risultata simile al
marco. Il marco era la moneta storica della Germania. In
attuazione di un indirizzo politico assunto sin dall”inizio, il governo
federale coadiuvato dalla Bundesbank si attenne con rigore a criteri
antinflazionistici per garantire duratura stabilità al valore della
moneta, e conseguentemente uno sviluppo armonioso, equilibrato, continuo
della economia. L”obiettivo della stabilità della moneta comportava,
nelle valutazioni di Otto Pöhl, presidente della Bundesbank, condivise
da Jacques Delors, presidente della Commissione, e poi dai
rappresentanti di tutti gli altri paesi, che venissero fissati limiti
all”indebitamento di ciascuno stato membro nelle percentuali, rispetto
al pil, del 3 per cento nell”indebitamento annuale, del 60 per cento nel
debito totale. Al dibattito finale presero parte attiva le delegazioni
italiana e britannica.
Prima che ci si accordasse sulle caratteristiche della
moneta, erano state concordate misure che avrebbero condizionato
l”intera architettura del sistema. Gli stati avrebbero
partecipato all”Unione conservando il loro carattere sovrano. Avrebbero
ceduto non la sovranità , ma l”esercizio della stessa, in ambiti vasti,
che sarebbero stati predeterminati. Le competenze dell”Unione sarebbero
state solo quelle specificamente contemplate dal Trattato. Le risorse
dell”Unione sarebbero state, oltre i ricavi dei dazi esterni e di poche
altre entrate, quelle trasferite all”Unione dagli stati (definite
“proprie”). Il bilancio dell”Unione sarebbe dovuto risultare ogni anno
in pareggio. Ne discendeva che l”Unione non avrebbe potuto indebitarsi.
Nelle materie di sua competenza, l”Unione avrebbe emesso regolamenti e
direttive, con efficacia vincolante diretta negli stati membri. Norme
del Tue, integrative dell”Aue, avrebbero vietato aiuti di stato ed
evitato la formazione di posizioni dominanti nel mercato.
L”Aue aveva consacrato la libertà di movimento, oltre che delle merci,
delle persone, del diritto di stabilimento e anche dei capitali,
compresi quelli a breve. L”Unione avrebbe promosso la liberalizzazione
del commercio internazionale con abbattimento generalizzato dei dazi
doganali. La direttiva Ue, avente ad oggetto la libera circolazione dei
capitali a breve, era stata adottata dalla Commissione e recepita dai
paesi membri ancora prima del completamento del disegno dell”Unione.
Questo è il quadro, contenente un numero elevato di punti
fermi, nel quale le delegazioni si accinsero a inserire le norme che in
modo diretto o indiretto avrebbero caratterizzato la nuova moneta. La disciplina avrebbe dovuto conformarsi a quella del marco in tre aspetti fondamentali.
a) Avrebbe dovuto essere diretta all”obiettivo di
promuovere una crescita rispondente alle caratteristiche fissate
nell”art. 2 Tue. Una crescita cioè “sostenibile, non inflazionistica e
che rispetti l”ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati
economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il
miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione
economica e sociale e la solidarietà tra stati membri”.
b) Il compito di provvedere allo sviluppo sarebbe
spettato distintamente a ciascuno stato, il quale vi avrebbe provveduto
nell”interesse proprio e dell”Unione, con la propria politica economica
(artt. 102 A, 103 Tue).
c) Agli stati avrebbero dovuto essere attribuiti mezzi
e/o strumenti necessari per il perseguimento dell”obiettivo della
crescita. Qui i progettisti (gli “architetti del sistema”) dovettero
constatare che la generalità dei mezzi adoperati dagli stati esterni
all”Unione europea, cioè dalla generalità dei futuri competitori, era di
fatto preclusa da punti fermi non più modificabili. I quali peraltro,
in dipendenza delle preclusioni introdotte, indicavano l”unica strada
rimasta libera, che sarebbe stato quindi necessario percorrere, quella
dell”indebitamento. Se esistono fattori valorizzabili e non si dispone
di risorse da investire, il ricorso all”indebitamento è indispensabile
per cogliere le occasioni favorevoli. Potrebbero non più ripetersi.
Qualora il sistema, nel suo funzionare in modo fisiologico
non produca risorse, se ci si preclude ogni possibilità di cogliere
occasioni produttive, è la crescita a essere ostacolata. All”indebitamento
va fatto ricorso nel rispetto della “golden rule”. L”investimento
frutto dell”indebitamento deve, secondo una previsione ragionevole,
produrre profitti in misura superiore al suo costo. Diversamente si
avrebbe crescita del debito e del suo costo complessivo. I valori del 3
per cento per l”indebitamento e del 60 per cento per il debito totale,
riferiti al pil, potevano basarsi, al tempo in cui furono adottati,
sulla esperienza pluridecennale di grandi economie (quella tedesca e
anche quella degli Stati Uniti). Furono approvati: 3 e 60 per cento
costituivano il limite che avrebbe garantito la “stabilità ” della moneta
e della economia.
Qui si inserì la proposta della delegazione italiana, appoggiata dagli inglesi. Guido
Carli, ministro del Tesoro e capo della delegazione, la attribuisce
nelle sue memorie (“Cinquant”anni di vita italiana”, edizioni Laterza)
alla propria “caparbietà “. Non si potevano far dipendere le sorti di una
economia dalle condizioni che sarebbero state accertate in date
prefissate. Avrebbero potuto essere sconfessate dalla notte al mattino,
potevano dipendere da cause eccezionali, avrebbero potuto in ipotesi
costituire il frutto di dati inesatti. Furono così approvati tre
emendamenti, due dei quali hanno formato oggetto degli alinea della
lett. a) del n. 2, l”altro della lett. b) dell”art. 104 c). Nella sua
redazione definitiva, l”art. 104 c), n. 2, ha stabilito che l”esame
della conformità alla disciplina di bilancio dovesse avvenire “sulla
base” di due criteri, di cui uno alle lett. a) e b) dello stesso n. 2.
Ai due criteri bisogna dunque attenersi nella interpretazione e
applicazione dei valori di riferimento. Negli emendamenti accolti si fa
obbligo di tenere conto della tendenza ad avvicinarsi al valore di
riferimento e di eventuali cause eccezionali o temporanee che potessero
avere provocato il superamento.
Agli architetti del sistema era stato attribuito il compito
di realizzare a mezzo di norme astratte una moneta corrispondente al
marco, che garantisse ai paesi membri e quindi all”Unione uno
sviluppo duraturo, armonioso, sostenibile, corrispondente a quello
realizzatosi in Germania negli antecedenti quaranta anni. Gli architetti
si attennero al modello. Hanno assolto il compito assegnato in modo
puntuale. Disegnarono un progetto la cui attuazione avrebbe potuto e
dovuto garantire una crescita duratura e sostenibile. Protagonisti ne
sarebbero stati gli stati membri, vincolati all”obiettivo della
crescita. Gli stati avrebbero prodotto crescita nell”esercizio della più
tipica espressione della attività politica, la politica “economica”.
Gli architetti erano consapevoli che a favore della crescita, avrebbero
concorso gli effetti benefici di due fattori produttivi: l”abolizione
fisica delle dogane, cui gli studi preparatori avevano accreditato una
influenza sulla crescita nella misura dal 2 al 6 per cento a seconda
della collocazione dello stato, e l”eliminazione dei costi di
transazione tra i paesi aderenti alla moneta comune, che a sua volta
avrebbe dovuto produrre un più 0,7 per cento ad anno nella crescita.
Si aggiungeva ora il potere politico di indebitarsi sino ai
limiti di cui al prot. n. 6, da interpretarsi e applicarsi secondo i
criteri vincolanti di cui all”art. 104 c) Tue. Avrebbe dovuto essere sufficiente.
Fin qui la disciplina formale della moneta. Il passo successivo
consistette nel prevedere una fase transitoria diretta a creare
condizioni di sufficiente omogeneità tra i paesi membri ammessi all”euro
ed evitare che, avvenuto il passaggio alla terza fase, quella “a
regime”, i più forti prevalessero sui più deboli. La disciplina della
fase transitoria della omogeneizzazione è contenuta nel protocollo n. 6.
Furono assunte a riferimento le medie attinenti ai due aspetti più
rilevanti (tassi di inflazione, tassi dei titoli a lungo termine) dei
tre stati migliori. Sarebbero stati consentiti divari dal modello entro
margini prestabiliti (1,5 punti per il tasso di inflazione; 2 punti nel
tasso di interesse a lungo termine). Anteriormente al 1° luglio 1998 si
sarebbe tenuto uno scrutinio con il quale, nel rispetto di un”apposita
procedura, si sarebbero valutati i risultati raggiunti e sarebbero stati
ammessi all””euro” i paesi che avessero soddisfatto le condizioni
prescritte. Lo scrutinio si tenne il 3 maggio 1998. Undici stati
superarono lo scrutinio. Il dodicesimo (la Spagna) fu inquadrato tra gli
stati con deroga. Sarebbe stato ammesso tra quelli senza deroga l”anno
successivo.
L”espressione “colpo di stato” viene usata quando si modifica
in aspetti fondamentali il sistema costituzionale di uno stato, con
violazione delle norme costituzionali vigenti. Il colpo di
stato viene attuato con maggiore frequenza con la forza. Nei tempi più
antichi uccidendo, anche con il veleno, il sovrano. Il 1° gennaio 1999
un colpo di stato è stato effettuato in danno degli stati membri, dei
loro cittadini, e dell”Unione. Il “golpe” è stato realizzato non con la
forza, ma con fraudolenta astuzia. L”affermazione può apparire
“stupefacente”. Obiettivamente lo è. La assoluta incredulità è una
reazione del tutto naturale e comprensibile.
Per la dimostrazione occorre indicare:
a) quali sono i poteri costituzionali degli stati
membri e quali gli aspetti fondamentali del diritto dell”Unione che
hanno formato oggetto del “golpe”; b) con quali atti il “golpe” è stato realizzato e quali ne sono stati gli autori; c) in cosa sono consistite le astuzie fraudolente, alle quali si è fatto riferimento.
a1) Si risponde separatamente per gli stati membri e
per l”Unione. Il Tue non contempla alcuna procedura specifica per le
sue variazioni. In quanto Trattato multilaterale di diritto
internazionale, sarebbe stato un dovere dell”Unione che i suoi organi
competenti lo rispettassero e lo facessero rispettare. Non avrebbero
dovuto consentire che modifiche di aspetti fondamentali del sistema si
producessero in assenza di un nuovo Trattato. La disciplina introdotta
con fraudolenza formò invece oggetto di un regolamento previsto dal
Trattato in funzione di un unico e specifico compito. Adottare indirizzi
di massima al fine del coordinamento delle “politiche economiche” degli
stati membri (artt. 102 A, 103, Tue). Il diritto costituzionale degli
stati membri è stato violato perché non sono state osservate le norme
costituzionali interne da osservarsi nella ratifica dei Trattati. La
sovranità degli stati membri è stata vulnerata perché è stata loro
sottratta la funzione “esclusiva” da esercitarsi, singolarmente e come
gruppo, di promuovere lo sviluppo dell”Ue e della zona euro con le
proprie “politiche economiche”. La costituzione degli stati è stata
violata perché sono stati imposti ai loro organi interni obblighi e
condotte che i rispettivi ordinamenti costituzionali non contemplano.
b1) Il golpe è stato attuato a mezzo del regolamento
1466/97. Per la formazione del regolamento, come si è detto, si è fatto
ricorso alla procedura di cui agli artt. 103, n. 5 e 189 c) Tue che,
nello stesso momento in cui è stata utilizzata, è stata anche violata
perché ce se ne è avvalsi per uno scopo diverso dall”unico previsto. La
procedura di cui agli artt. 103, n. 5 e 189 c) Tue in nessun modo
avrebbe potuto essere impiegata per modificare norme fondamentali del
Trattato. L”essersene avvalsi configura una ipotesi non di semplice
illegittimità , bensì di incompetenza assoluta. Gli atti adottati sono di
conseguenza non illegittimi, ma nulli/inesistenti.
b2) Le persone fisiche, alle quali far risalire
l”attuazione del golpe e dei mezzi fraudolenti per realizzarlo sono
ignote. Non si conosce né chi ne sia stato l”ideatore, né il nome
dell”estensore materiale del testo del regolamento. Una inchiesta del
Parlamento europeo potrebbe ancora identificarli. La responsabilitÃ
formale del “golpe” è dei membri della Commissione e dei titolari degli
organi dell”Unione e dei governi dei paesi membri che parteciparono in
ciascuna delle fasi alla procedura di formazione del regolamento
1466/97.
c1) Gli assetti fondamentali, modificati illegalmente
dal reg. 1466/97, sono diversi per l”Unione e per gli stati membri.
Quanto all”Unione è stato modificato, in modo radicale e irreversibile,
l”obiettivo principale, consistente (artt. 2 e 3 Tue) nel conseguimento
di uno sviluppo dalle caratteristiche e secondo le modalità previste nei
suddetti articoli e nell”aver abrogato, per avere regolato in modo
diverso la intera materia, l”art. 104 c) Tue, contenente la disciplina
dei mezzi di cui gli stati si sarebbero potuti avvalere per
l”adempimento all”obbligo di promuovere sviluppo.
Quanto agli stati, l”illecita variazione consiste nell”averli privati,
con l”abrogazione degli artt. 102 A, 103, 104 c) Tue, nonché di altri
connessi, a mezzo di norme (quelle del reg. 1466/97) regolanti in modo
diverso l”intera materia, degli unici poteri politici ad essa attribuiti
in funzione alla conduzione economica dell”Unione.
c2) Il reg. 1466/97 malgrado la sua apparente
innocenza, oltre a modificare la disciplina di vertice dell”Unione e
degli stati, ha inciso sul carattere fondamentale dell”Unione, in
assenza del quale gli stati non sarebbero stati legittimati a
parteciparvi, quello della “democraticità “. E” l”affermazione che tra
tutte genera la massima incredulità .
Tutto ha origine dal sospetto di alcuni degli stati più forti
che qualcuno dei più deboli, per superare lo scrutinio, si sarebbe
avvalso di dati non veritieri. E” ipotizzabile che a ciò si
debba l”origine del reg. 1466/97. Sarebbe stato il rimedio ove
effettivamente qualcuno degli stati membri fosse riuscito a superare lo
scrutinio senza averne il diritto. Il rimedio non avrebbe condotto alla
guarigione. Avrebbe prodotto danni gravi. Dimostratisi poi
irreversibili. Va aggiunto che a fine 1996 gli andamenti delle economie
degli stati membri suscitavano preoccupazioni. Il rapporto debito/pil
negli stati principali era cresciuto a un livello e con rapidità non
previsti. Il debito francese dall”iniziale 35 per cento in rapporto al
pil era passato al 58,7 per cento, quello tedesco dal 40 al 59,8 per
cento, quello italiano dal 100,8 al 116.8 per cento. Era stato
preventivato che nella fase transitoria vi sarebbe stato un
rallentamento del pil. Ma si registrava un deterioramento superiore alle
previsioni. Si dubitò della effettiva capacità delle norme a realizzare
gli obiettivi assegnati, in particolare sulla effettiva corrispondenza
della nuova moneta al vecchio marco. Si pensò di superare ogni
incertezza, rafforzando la “stabilità “, assumendola a oggetto di un
vincolo di carattere generale. A maggior ragione la dimostrazione della
soppressione del regime democratico dovrà essere analitica e precisa nei
dettagli. Riceverà conferma dagli effetti concretamente prodottisi.
In cosa è consistito il disegno “fraudolento” che ha portato alla approvazione del reg. 1466/97? La
procedura utilizzata non era stata mai impiegata e non avrebbe mai più
potuto esserlo nella sua portata originaria in quanto con il reg.
1466/97 sono state cancellate le “politiche economiche” degli stati che
della disciplina degli artt. 102 A e 103 del Tue costituivano il
presupposto.
La procedura del regolamento era iniziata nel novembre 1996. Il primo
atto pubblicato è apparso sulla Gazzetta ufficiale del 6 dicembre di
quell”anno. A quel tempo l”attenzione degli stati membri era concentrata
sullo scrutinio di ammissione all”euro, che avrebbe dovuto tenersi
entro il 31 dicembre 1996 (art. 109 J). Era stato poi rinviato al 1998.
La nuova moneta suscitava grandi speranze. Non si prestò attenzione al
reg. 1466/97. Era un atto che non incideva sullo scrutinio. Riguardava
il periodo successivo. Il testo ne prevedeva l”entrata in vigore al 1°
luglio 1998. Ce se ne sarebbe occupati quando fosse venuto il suo tempo,
sempre che si fosse superato lo scrutinio. Il testo del regolamento era
scritto in modo rassicurante. Prometteva (art. 3, n. 1) una crescita
vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di posti di lavoro. A
voler essere pignoli, il vigore era qualcosa di più e di diverso di
quanto l”art. 2 Tue esigeva e prometteva.
La procedura del reg. 1466/97 si è chiusa con la deliberazione del Consiglio del 7 luglio 1997. Gli
stati partecipavano al Consiglio con un rappresentante a livello
ministeriale abilitato a impegnare il rispettivo governo (art. 146 Tue).
Gli stati se potevano essere giustificati per non avere prestato
sufficiente attenzione al testo del regolamento alla data, anteriore al
novembre 1996, della prima delibera del Consiglio, nel 1997 non
avrebbero potuto disinteressarsi della sorte che li attendeva una volta
superato lo scrutinio. Non è avvenuto. E” lecito il sospetto che vi
abbia influito la sapiente scelta delle date.
L”adozione del regolamento avvenne il 7 luglio 1997. Era
il tempo in cui la Commissione avrebbe cominciato a esaminare la
documentazione presentata dagli stati ai fini dello scrutinio. Il 25
marzo 1998 la Commissione formulò la proposta per l”ammissione di undici
stati sui dodici aspiranti. La Spagna sarebbe stata rinviata all”anno
successivo. Il Consiglio, nella composizione di capi di stato o di
governo, fece sua la proposta della Commissione. Il reg. 1466/97 fissava
(art. 13) esso stesso la data della sua entrata in vigore al 1° luglio
1998. Per quale ragione se ne era richiesta l”adozione da parte degli
stati prima che venisse effettuato lo scrutinio e se ne conoscesse
l”esito se il regolamento avrebbe dovuto e potuto applicarsi solo agli
stati ammessi?
“Caro stato membro – sembra sentire che la richiesta di adesione quasi
sussurrasse – se non firmi subito, il consenso all”ingresso nell”euro
potrebbe essere problematico”. Un ricatto frutto della casualità delle
date o intenzionale?
Alla base di ogni moneta vi è sempre una disciplina giuridica. Può
essere quella propria di un regime di mercato, quella di un regime di
stampo collettivista, o quella di una economia mista. Queste tipologie,
diverse tra loro, hanno un elemento in comune. Alla gestione della
moneta è sempre preposta una autorità politica facente parte
dell”organismo di vertice. Nei regimi di mercato l”autorità politica è
coadiuvata dal responsabile della Banca centrale. L”euro costituisce il
primo esempio di una moneta in cui, secondo la disciplina del Trattato,
vertici politici, pur partecipando alla gestione della moneta, non ne
avrebbero avuto la responsabilità esclusiva. Avrebbe avuto parte nella
gestione e vi avrebbe esercitato un ruolo dominante, una disciplina
astratta. La specificità della nuova moneta, l”euro, sarebbe stata
desumibile dalla disciplina alla quale il Tue l”assoggettava.
Il 1° gennaio 1999 è stata immessa sui mercati la moneta disciplinata dal reg. 1466/97.Se
si accerterà che la disciplina del regolamento è diversa, anzi opposta
rispetto a quella del Tue, bisognerà concludere che l”euro circolante
dal 1° gennaio 1999 è un”altra moneta rispetto a quella del Trattato.
Questa nuova moneta usa il nome e i simboli di quella voluta dal
Trattato. La moneta disciplinata dal Trattato è l”unica “autentica”. Non
essendo avvenuto il suo lancio né alla data stabilita, né in qualsiasi
altra successiva, l””euro autentico” è una moneta mai nata. Quella che
usurpa il suo nome, e che è stata presentata come se fosse quella del
Trattato e in quanto tale accettata nei mercati, è una moneta falsa che,
nascoste le proprie natura e identità , si appropria di quelle dell”euro
autentico. (continua alla prossima puntata)
di Giuseppe Guarino
Fonte: Il Foglio.
Link: [url”http://www.ilfoglio.it/soloqui/20600″]http://www.ilfoglio.it/soloqui/20600[/url]
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