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La prossima elezione dei membri del Csm di indicazione parlamentare

Lo scontro in Procura a Milano(con connesso scandalo Expo) fra Bruti Liberati e Robledo pone ancora il problema del rapporto fra CSM e politica. [Aldo Giannuli]

La prossima elezione dei membri del Csm di indicazione parlamentare
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16 Maggio 2014 - 20.41


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di Aldo Giannuli.

Lo scontro interno alla Procura milanese
(con il connesso scandalo expo) fra il Procuratore Bruti Liberati (di
Magistratura democratica) e il suo aggiunto Robledo (di Magistratura
indipendente) ha posto sotto gli occhi di tutti il problema dell’organo
di autogoverno della Magistratura e del suo rapporto con la politica.

Questione assai attuale, anche perché, il 31 luglio l’attuale Consiglio
Superiore della Magistratura scadrà e, alcune settimane prima, occorrerà
procedere dei membri eletti dal Parlamento nel suo seno. Il Csm è
un’istituzione poco osservata dalla stampa –salvo poche occasioni come
quella attuale- e di cui l’opinione pubblica sa poco e si interessa
meno. Invece, si tratta di uno dei meccanismi più delicati ed importanti
della nostra architettura di potere.

Esso presiede ai concorsi per
l’assunzione dei magistrati, ne decide promozioni, trasferimenti,
sanzioni disciplinari, nomina i responsabili dei Tribunali, delle
Procure, delle Corti d’Appello ecc.

La Costituzione prevede che l’organo,
presieduto dal Capo dello Stato, sia composto per 2/3 da magistrati
eletti dai propri colleghi (più il Presidente della Corte di Cassazione e
quello del Consiglio di Stato, che ne fanno parte di diritto) ed per
1/3 dal Parlamento in seduta comune.

L’Assemblea Costituente così volle per
assicurare l’indipendenza della magistratura (nessun altro paese assegna
ai magistrati una quota così alta del loro organo di governo),
temperandola, però, con quel terzo di membri detti “laici” di
derivazione parlamentare. 

La legge istitutiva (l. 195/1958) ha stabilito
che per l’elezione sia necessario avere i 3/5 dei voti dei componenti
del Parlamento in seduta comune (quindi considerando anche gli assenti e
gli astenuti) nelle prime due votazioni e dei 3/5 dei soli votanti
dalla terza votazione in poi. Un quorum insolitamente alto, motivato
dall’esigenza di assicurare una selezione particolarmente accurata,
attraverso la convergenza delle forze politiche su nomi di alto
prestigio. 

Il legislatore ha inteso in questo modo sia impedire che la
maggioranza di governo si appropri di tutti i seggi, sia  evitare che
potesse esserci un rapporto troppo stretto fra ciascun eletto e i
singoli partiti. Infatti, se lo spirito fosse stato quello di assicurare
ad ogni partito un “proprio” rappresentante nel Csm, sarebbe stato
sufficiente stabilire che la scelta fosse fatta con metodo
proporzionale. Dunque, un quoziente volutamente alto per garantire
l’indipendenza degli eletti che, in questo modo, non avrebbero
particolari “debiti di riconoscenza” verso qualcuno.

Ma, si sa che in Italia le cose si
programmano in un modo e poi si fanno in un altro. Per cui si è
stabilita una prassi parlamentare per la quale ciascun partito ha il suo
(o i suoi) candidato del cuore, e i seggi si spartiscono. La legge
44/2002, che ha modificato quella istitutiva, stabilisce che il numero
del plenum del Csm sia di 24 componenti elettivi di cui 16 togati ed 8
“laici”. Per cui la prassi corrente prevede 5 seggi alla maggioranza e 3
all’opposizione, poi ulteriormente suddivisi fra i singoli partiti. 

Quindi, il contrario dello spirito della Costituzione, che voleva
candidati indipendenti e non rappresentanti di partito con tanto di
targa (si tenga presente che possono essere eletti avvocati
cassazionisti e docenti ordinari di materie giuridiche). E, in questo
modo, i membri di nomina parlamentare sono diventati puri e semplici
rappresentanti di partito all’interno del Consiglio.

Tutto questo ha provocato un crescente
malcostume dando luogo a veri e propri “gruppi consiliari” composti dai
rappresentati dei partiti alleati alla corrente di magistrati più affine
(Pd-Magistratura democratica/ Fi-Magistratura indipendente/
“moderati”-Impegno Costituzionale e così via).

Il Csm è diventato un “carrierificio per
meriti di corrente”, nel quale non hanno alcun peso i reali meriti
professionali dei magistrati ma conta solo il rientrare nella
spartizione fra partiti e correnti della magistratura. Come ci ha
recentemente ricordato Bruti Liberati che rinfacciava a Robledo: “Se sei
in quel posto lo devi ai voti di Md”. 

Questo ha vanificato anche la
funzione disciplinare del Consiglio, che manda assolti oltre il 95% dei
magistrati deferiti per questa o quella inadempienza: l’eventuale
“incolpato” può immediatamente contare sul pacchetto di voti della sua
corrente di appartenenza con relativi membri partitici, poi magari il
mercato fra gruppi assicurerà la maggioranza necessaria al
proscioglimento.

E non parliamo, per carità di patria,
dei concorsi per l’ingresso in magistratura e del ruolo delle scuole di
preparazione al concorso. La cui iscrizione può costare anche 5-7 mila
euro…

Ovviamente, la scelta dei candidati di
partito, spetta gelosamente al vertice supremo di ciascuno di essi che
si degnerà di comunicare la decisione ai gruppi parlamentari, che
approveranno a scatola chiusa, vincolando tutti alla disciplina di
partito La volta scorsa, erano candidati del Pd l’avv. Guido Calvi e il
prof. Claudio Giostra e, siccome alcuni parlamentari (fra cui Ignazio
Marino, Felice Casson e Rosa Calipari) dichiaravano il loro dissenso,
Bersani ricordò a tutti che “non erano accettati comportamenti di voto
difformi” dall’indicazione ufficiale. Amen.

Nella stessa tornata venne eletto per la
Lega anche l’avv. Matteo Brigandì (difensore di fiducia di Umberto
Bossi e di tutti i maggiori dirigenti della Lega). Dopo qualche tempo
emersero dei precedenti penali ed altri in corso al momento
dell’elezione (peraltro tutti conclusi favorevolmente all’avvocato), ma
soprattutto che l’interessato non si era dimesso quale amministratore
della Fin Group, per cui il Plenum del Csm ne decise la decadenza per
incompatibilità.  Vicenda certamente sgradevole, che non ha giovato al
prestigio dell’istituzione ma che si sarebbe potuto tranquillamente
evitare, se ci fosse stato un accertamento preventivo degli uffici
parlamentari sulla candidabilità dell’uomo. Ma la prassi consolidata
prevede che le candidature vengano comunicate da ciascun partito sono
poche ore prima del voto, per cui ogni controllo è impossibile e non c’è
nessuna trasparenza sui criteri di scelta.

Tutto questo non è più sopportabile e si
avverte il bisogno di una maggiore trasparenza. La soluzione migliore
sarebbe quella dell’elezione da parte di un Senato delle garanzie della
Repubblica (ma non sto a ripetere quanto ho scritto qualche settimana:
“Si può fare un Senato nemico della Casta?” 2 aprile us). In attesa di
una riforma del genere, qualcosa si può fare già ora. Ad esempio sarebbe
il caso di chiedere alla Boldrini (Presidente del Parlamento in seduta
comune) sia un dibattito parlamentare sul problema e sul modo di
superare questa situazione, ma prima ancora, si può obbligare al
deposito delle candidature di chiunque ne abbia i titoli richiesti, un
mese prima con relativo curriculum, in modo che gli uffici possano
accertare prima la reale candidabilità degli interessati e che possa
esserci una pubblica discussione di merito sui singoli candidati.

Il M5s potrebbe fare una cosa: invitare
quanti intendano ottenere il suo appoggio parlamentare ad avanzare la
propria proposta con relativo cv da pubblicare sul sito di Grillo,
sottoponendo tutto al voto degli aderenti al Movimento come fu fatto per
la Presidenza della Repubblica. E vediamo quante altre forze politiche
avranno il coraggio di fare altrettanto.

 
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