Può sorgere il dubbio, invero, che il senso di tali concetti sia stato frainteso, ma io credo che invece i tutori dell’ordine ne abbiano dato una rappresentazione corretta, almeno nell’accezione più cara all’attuale ministro degli Interni (ed anche a tanti suoi predecessori), alla compagine politica che lo esprime ed agli interessi economici che essa rappresenta.
La sperimentazione valsusina
Alla fine del 2015 si contavano circa 1000 imputati e 200 condanne nei procedimenti aperti contro il movimento valsusino, procedimenti che godono di una corsia preferenziale rispetto a quelli istruiti per reati ben più gravi.
Presso la Procura di Torino può infatti accadere che un processo per lo stupro di una bambina si concluda, dopo 20 anni, con la prescrizione, mentre per reati anche bagatellari commessi da militanti No Tav si proceda d’urgenza.
Sono di uso comune nei processi contro i No Tav “la dilatazione del concorso di persone nel reato, l’uso massiccio (e talora indiscriminato) delle misure cautelari, un insieme di forzature (grandi e piccole) in indagini e processi, il ricorso a fattispecie di reato (a dir poco) sovradimensionate con evocazione finanche della finalità di terrorismo, la particolare cura nella gestione dei processi sulla stampa (oltre che negli uffici giudiziari)â€1.
Tutto questo, negli anni, è stato preceduto e accompagnato da un’intensa opera di denigrazione e criminalizzazione mediatica del movimento, finalizzata alla preparazione del terreno e della base di consenso necessaria all’esplicarsi dell’azione repressiva3.
L’applicazione cioè, di un diritto penale di eccezione a base territoriale, “un modello normativo eccezionale a cominciare dal requisito che legittima tutto il sistema in deroga: la proclamazione dello stato di emergenza, adottata con decreto del Consiglio dei Ministri, al di fuori di qualsiasi controllo parlamentareâ€.4
Una logica militare a tutti gli effetti scelta, non come si vuol in genere far credere, dai temibili black bloc ma dallo Stato, per contenere l’indisponibilità di intere popolazioni a subire politiche di devastazione ambientale.
Ma se l’obiettivo è la costruzione e persecuzione del ‘nemico interno’ e la gestione del dissenso con logiche di guerra, il neoministro presenta ottime referenze.
L’uomo giusto al posto giusto.
Di lui WikiLeaks ricorda come sia riuscito a rassicurare l’ambasciata USA sulla riconferma dell’acquisto da parte dell’Italia dei caccia F-35 (un pacco e un salasso), dopo l’elezione di Prodi nel 2006.Ammiragli, generali, ex capi di Stato Maggiore, funzionari dei servizi e della NATO, ex prefetti, ex magistrati, ex comandanti delle teste di cuoio, consiglieri militari, analisti della CIA, hanno fatto parte delle sue frequentazioni nell’ambito della Fondazione ICSA, il centro studi sui temi d’intelligence e dell’analisi militare da lui fondato nel 2009 assieme a Francesco Cossiga.
Questa la ricostruzione dei fatti da parte di Campagne in lotta, ‘sin dalle prime ore, gli abitanti del Ghetto hanno raccontato la responsabilità delle forze dell’ordine in quell’incendio, considerando le fiamme che hanno distrutto le baracche come una strategia di sgombero. Quella accidentale, è la versione su cui invece concordano la stampa e le istituzioni coinvolte’.
La prima manifestazione nazionale di movimento dell’era Minniti ha dovuto rinunciare a 120 compagne/i (tre pullman) sequestrati per tutto il giorno in un centro di identificazione – alla faccia del diritto costituzionale di manifestare – e sopportare l’accerchiamento di una parte del corteo, prima spezzato dalla polizia in due tronconi, e poi assediato senza via d’uscita nel tentativo di provocarne la reazione.
Come già succede da tempo nel cantiere TAV di Chiomonte, in tutti le ‘aree di interesse strategico nazionale, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato’ i militari vengono impiegati in funzione di ordine pubblico … ma i paramilitari fino ad ora non li avevamo ancora visti !
Ma i decreti Minniti non colpiscono il povero solamente nell’esercizio del suo diritto al movimento, alla fruizione degli spazi della città e, in definitiva, nella sua capacità di sopravvivenza individuale (esercizio dell’accattonaggio, di piccoli commerci), ma anche nella sua possibilità di reazione ed organizzazione collettiva.
Chi occupa una casa, chi si organizza per resistere ad uno sfratto dovrà subire d’ora in poi un maggior livello di violenza, e questo non riguarda solo i classici ceti ‘marginali’, ma ampie fasce di ex ceto medio proletarizzato dalla crisi che non riesce più a sostenere mutui o affitti.
Ovviamente, le disposizioni sugli sgomberi valgono anche per gli spazi occupati non abitativi.
Ma più in generale, i patti sottoscritti da prefetto e sindaco possono rivolgersi contro fenomeni generici di ‘turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici‘, e in questa definizione può ricadere qualsiasi tipo di protesta.
Dulcis in fundo, un emendamento della Carfagna ha introdotto nel decreto la possibilità dell’arresto in flagranza in differita (entro 48 ore) per reati avvenuti in occasione di manifestazioni pubbliche ripresi da telecamere e in immagini fotografiche, estendendo ai presidi e cortei quanto già previsto per gli stadi.
Prevedono, evidentemente, che essa si evolverà in maniera particolarmente grave, se affinano strumenti così sproporzionati rispetto alla reale entità del conflitto e della capacità di organizzazione di chi si oppone.
Prevedono, evidentemente, che l’estendersi dell’esercito industriale di riserva non si incontrerà mai più con nessuna rivoluzione industriale in grado di assorbirlo, e si attrezzano per rispedirlo altrove.
Prevedono, evidentemente, che il capitale in crisi di valorizzazione, spingerà gradualmente l’espropriazione oltre i limiti posti dal minimo vitale di masse sempre più consistenti di persone (nel suo piccolo, l’esempio salentino significa questo: famiglie di olivicoltori rovinate, nuova carne da emigrazione), e si attrezzano per neutralizzarne la reazione.
Loro si attrezzano. E noi ?
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Livio Pepino, La Val Susa e il diritto penale del nemico, in ‘Quaderni del Controsservatorio Valsusa n. 1’, Intra Moenia Edizioni, 2014.
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Sull’argomento si consiglia la visione del documentario ‘Archiviato. L’obbligatorietà dell’azione penale in Valsusa’. Qui il trailer.
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Per i dettagli: Xenia Chiaramonte, Alessandro Senaldi, Criminalizzare i movimenti. I No Tav fra etichettamento e resistenza, in ‘Studi sulla questione criminale, X, n. 1, 2015, pp. 105-144.
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Carlo Ruga Riva, Diritto penale, regioni e territorio. Tecniche funzioni e limiti, Giuffrè, 2012, p. 187.
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Per il curriculum dettagliato: Antonio Mazzeo, Marco Minniti. Quest’uomo è una sicurezza, 20 gennaio 2017.
Fonte: https://www.carmillaonline.com/2017/03/29/il-nemico-interno/.
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