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A 25 anni dalla strage di Capaci
'La domanda rimane attuale: chi sono gli assassini del giudice Falcone? C''è un muro del silenzio che resiste nelle istituzioni [Giorgio Bongiovanni]'
Resta l”amaro in bocca nell”apprendere la scelta di non partecipare di Saverio Lodato, scrittore ma anche amico personale di Giovanni Falcone, alle cerimonie del 25° anno della strage di Capaci, in cui furono uccisi insieme al magistrato Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Quella di Lodato è una protesta e una denuncia, rivolta a Maria Falcone in qualità di presidente della fondazione dedicata al ricordo del fratello, nata dallo sconcerto e dall”amarezza di chi ha vissuto gli anni in cui Falcone era a Palermo (e poi a Roma).
Comprendiamo profondamente da cosa ha origine l”assenza di Lodato, che da giornalista fu attento osservatore degli anni della mattanza perpetrata a Palermo da Cosa nostra, e dell”eroico impegno di quel pugno di magistrati e agenti delle forze dell”ordine che la mafia la volevano sconfiggere davvero, al prezzo di vivere uno schiacciante clima di isolamento.
D”altronde, afferma la sentenza di Cassazione (riportata ne “L”assedio†di Giovanni Bianconi), “non vi è dubbio che Giovanni Falcone fu sottoposto a un infame linciaggio – prolungato nel tempo, proveniente da più parti, gravemente oltraggioso nei termini, nei modi e nelle forme – diretto a stroncare per sempre, con vili e spregevoli accuse, la reputazione e il decoro professionale del valoroso magistrato.
Ma altri magistrati, oggi, stanno vivendo lo stesso clima di isolamento subito all”epoca da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno su tutti è Nino Di Matteo, pm di Palermo sul quale – lo ribadiamo ancora una volta – pendono le condanne a morte di Totò Riina e un progetto di attentato mai finora revocato. Sui pericoli corsi dal magistrato più scortato d”Italia vige il silenzio più assoluto, eccezion fatta per “A very sicilian justiceâ€, documentario prodotto da Al-Jazeera in collaborazione con la Bbc, narrato dalla voce di Helen Mirren, prestigioso Premio Oscar.
Se quest”anno quel documentario comparisse sugli schermi delle televisioni italiane – o addirittura se la Fondazione Falcone, in diretta televisiva, lo proiettasse il 23 maggio all”aula bunker di Palermo – sarebbe il segnale che i nostri rappresentanti istituzionali, finalmente, riconoscerebbero che il muro del silenzio orchestrato per Falcone e Borsellino, dentro e fuori le Istituzioni, esiste ancora oggi. E che è necessario abbatterlo una volta per tutte.