‘di Alberto Melotto
Nelle ultime settimane diversi volumi apparsi sul mercato editoriale hanno ripreso a cercare fra le pieghe della multiforme storia del Partito Comunista Italiano. La volante rossa è tornata a campeggiare minacciosa, quantomeno dalle vetrine delle librerie, primula e spauracchio del secondo dopoguerra, quando non tutti i partigiani, specie nel milanese e in Emilia Romagna, si rassegnarono all”amnistia togliattiana. Altrove si analizza la figura di Pietro Secchia (Le rivoluzioni non cadono dal cielo, di Marco Albertaro).
In questa sede intendiamo parlare del volume di Alexander Hobel, la prima vera biografia, ancorché non completa temporalmente, di uno dei più capaci dirigenti del Pci, Luigi Longo.
Nella prefazione lo storico Aldo Agosti s”interroga, più che correttamente, sul perchè Longo sia finito nel limbo della memoria del nostro paese, quasi nascosto dalle due gigantesche presenze del suo predecessore e del suo successore alla segreteria del partito, Togliatti e Berlinguer.
Di certo l”attività politica di Longo copre un numero notevole di anni, dall”ormai leggendario Congresso di Livorno del 1921 che sancì la nascita della sezione italiana del partito comunista, allora emanazione di un movimento internazionale votato alla rivoluzione proletaria sulle orme dell”esempio bolscevico, fino alla morte, avvenuta nel 1980, in quegli anni di piombo che lo videro ancora vigile e combattivo, dissentire dallo stesso Berlinguer, che pure aveva fortemente voluto alla carica più alta del partito, su temi quali il compromesso storico col partito cattolico di governo.
La biografia di Hobel, dicevamo, attraversa la prima parte della vita di Longo, dalla nascita in un misero paesino del Monferrato, Fubine, fino all”epilogo della guerra mondiale, la liberazione dell”italia dal nazifascismo, giorni meravigliosi, tragici e convulsi che lo videro, massimo dirigente comunista presente sul territorio italiano, dare l”ordine fatale e necessario di fucilare l”odiato dittatore, Benito Mussolini.
Di quel primissimo periodo della propria esistenza, all”interno di una famiglia di viticultori non certo benestante e ben presto costretta a trasferirsi a Torino per rilevare una piccola vineria, Longo aveva un ricordo intriso di amarezza e di rabbia, destinato a farsi monito e stimolo a mutare l”ordine dell”esistente:
un ambiente di umiliati e offesi, sempre alla prese con la miseria … mi sentivo parte di questi umiliati, ne comprendevo i sentimenti, ne condividevo il rancore e l”offesa.
I suoi genitori decidono di permettergli di continuare gli studi, intuendone le doti intellettuali. Viene la prima guerra mondiale, vero spartiacque per un mondo popolare che sceglie di non volersi più riconoscere nello specchio deformato delle menzogne del nazionalismo.
La rivolta popolare del 1917 a Torino, con le barricate di corso Vercelli, vede Longo avvicinarsi al socialismo e soprattutto a quella federazione giovanile del Psi che scalpita e non sopporta più lo slogan, visto come insufficiente [b]non aderire né sabotare[/b]. Dopo la leva militare, l”iscrizione alla Federazione Giovanile Socialista si compirà , e così la conoscenza di Palmiro Togliatti e Piero Sraffa.
Conseguenza quasi automatica, la scelta di quella frazione che considera il partito socialista uno strumento ormai imbolsito e del tutto inadatto allo scopo della rivoluzione, composto di funzionari ansiosi di una sistemazione, un “circo Barnum†nella definizione di uno sprezzante e impaziente Antonio Gramsci. La scelta comunista comporta presto il passaggio alla clandestinità , quando i poteri della monarchia sabauda cedono volentieri il passo all”arroganza dei manganelli fascisti.
Questi anni, vissuti da responsabile della Fgci, sono anche la fase di un progressivo distacco dal frazionismo di Amadeo Bordiga, pur all”interno di un”elaborazione politica che non lesina critiche ai dirigenti del partito da un versante estremista. Con intelligenza politica, Togliatti evita lo scontro frontale e sopisce eventuali tentazioni nel partito di punire l”intemperanza verbale del giovane Longo.
È l”embrione di un rapporto fra i due, fatto di stima reciproca e di lealtà , destinato ad approfondirsi e durare per molti decenni. Va ricordato infatti, che nei primi anni ”30 l”astro di Togliatti sembra offuscasi, e l”Internazionale, con Mosca alle spalle, preme perché sia Longo a sostituire il migliore alla guida del partito. Longo, però, non si presta a questo gioco di delegittimazione di un compagno di partito e sceglie di non approfittare dell”occasione di ascesa.
Occorre almeno menzionare ancora il periodo della guerra civile spagnola. Qui Luigi Longo diviene noto all”intero movimento operaio internazionale, come uno dei principali dirigenti delle Brigate Internazionali, l”esercito di volontari che accorse dall”europa e dal resto del mondo per difendere la democrazia spagnola minacciata dal franchismo.
C”è una frase di Emilio Lussu che ben rappresenta il sentire collettivo degli antifascisti italiani dell”epoca:
Io mi permetto d”affermare che noi abbiamo bisogno di andare in Spagna più di quanto la Repubblica spagnola non abbia bisogno di noi. All”antifascismo italiano manca una gloria rivoluzionaria. La piccola avanguardia politica dell”emigrazione italiana … si farà una esperienza e un nome sui campi di battaglia. E diventerà il nucleo affascinante attorno a cui si formerà la più grande avanguardia di domani.Questo sentimento di rivalsa anima anche Longo, che fa di tutto per essere inviato in Spagna, in seguito ammetterà di avere in pratica soffiato l”incarico a Di Vittorio. Viene nominato responsabile del battaglione italiano, denominato “Garibaldiâ€, ma già nel Natale del 1936, il governo spagnolo lo nomina ispettore generale della Brigate Internazionali. A questo punto Luigi Longo è già divenuto per tutti, Gallo, nome di battaglia che gli attira simpatie e che manterrà anche nella guerra partigiana in Italia, aggiungendovi quello di Italo.
Negli anni del conflitto spagnolo Longo si prodiga per l”unità delle forze antifasciste, coinvolge esponenti e semplici militanti socialisti, non disdegnando di far proselitismo fra gli anarchici, che pure dimostrano di voler perseguire una strategia del tutto propria. Anche in questa lungimiranza si distingue il futuro capo della Resistenza italiana, che sarà innanzitutto guerra di popolo, aldilà delle bandiere di partito. Delle sue qualità di coraggio fisico è testimone Giovanni Pesce, che in piena battaglia vede Longo muoversi in prima linea, calmo, imperturbabile, indifferente all”inferno di bombe che si scatena.
Questa dote gli sarà d”aiuto, quando, una volta tornato dalla penisola iberica e riparato in Francia, allo scoppio della seconda guerra mondiale verrà incarcerato e brutalmente picchiato e torturato, insieme ad altri militanti comunisti, dalla polizia francese. L”amara ironia sta nel fatto che proprio in quegli anni il Pci aveva maturato la convinzione di dover sostenere le democrazie occidentali contro l”ondata crescente delle dittature fasciste. Tale distinzione di merito non veniva ricambiata con uguale gentilezza dagli zelanti funzionari delle forze dell”ordine francesi, per i quali evidentemente l”essere comunista costituiva un demerito imperdonabile.
Vengono poi gli anni del confino a Ventotene, e , infine, una volta libero, l”impegno per liberare l”italia dall”invasore nazista. Il 29 agosto 1943 il partito comunista si riorganizza in una direzione provvisoria, divisa in due tronconi, a Roma e Milano, fra le quali non mancheranno attriti e tensioni nei venti mesi della resistenza.
Ben presto Luigi Longo si sposta in alta italia, a Milano. Il realismo politico, che trova luogo nella consapevolezza di dover cercare il dialogo con Badoglio e la monarchia, si accompagna ad un”estrema determinazione nel dare ordine di colpire il nemico, che come belva ferita, va colpita a morte, senza esitazione alcuna.
È lo stesso atteggiamento che gli consiglierà di porre fine alla vita di Mussolini, incurante delle richieste dei servizi segreti americani che già si affannavano a salvare il responsabile del tracollo italiano. Al fidato partigiano Valerio Audisio che chiede, titubante, istruzioni, risponde al telefono senza mezzi termini, e nella sua rievocazione dell”episodio non mancano tracce di un asciutto, ruvido, umorismo: La risposta fu semplice: “O fate fuori lui o sarete fatti fuori voi”. Non ci fu bisogno di aggiungere altro.
Luigi Longo fu dunque tutto questo, uomo descritto da chi lo conobbe ed ebbe con lui scontri anche importanti (Pietro Nenni, Leo Valiani fra gli altri) come persona dotata di grande e vulcanico ingegno, spesso incline a non voler rivelare molto di sé e dei propri pensieri, inclinazione che spesso lasciava in imbarazzo l”interlocutore. Questo pudore si espresse anche nel rammarico per la morte di molti compagni durante i giorni feroci della guerra partigiana, quando, uomo già maturo, vide vite più giovani della sua venire spezzate per sempre dalla crudeltà della guerra. In particolare, soffrì per la morte di Eugenio Curiel, esponente del Fronte della Gioventù milanese, assassinato dai fascisti il 24 febbraio 1945.
Proprio nella mattina del 25 aprile 1945, durante un colloquio con Emilio Sereni dove si deve decidere l”inizio dell”insurrezione, il discorso si sofferma su Curiel, e per un attimo Longo s”interrompe, incapace di proseguire mentre il peso del dolore ha il sopravvento. Poi, la forza d”animo ritrova la via, e già due giorni più tardi, insorte Torino e Milano, Longo può scrivere a Togliatti: Tutta l”Italia del nord è stata liberata.
Al pari di Aldo Agosti, non possiamo che augurarci che Alexander Hobel ponga nuovamente mano al lavoro di documentazione e ricerca per raccontare della seconda metà della vita di Longo, identificabile nel difficile mestiere di dirigente politico di un partito condannato all”opposizione da molteplici ragioni, dall”ostilità di una fetta consistente dell”elettorato ad ancora più stringenti direttive inserite nelle logiche della guerra fredda.
Il concetto caro a Longo della [b]democrazia progressiva[/b] si sviluppò nel solco del lavoro teorico di Antonio Gramsci, di quei Quaderni dal carcere che prefigurarono una via italiana al socialismo, rispettosa delle particolarità culturali del nostro paese.
(6 aprile 2014) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.es/[/url]‘