ATF AMP
di Luisa Martini.
Recensione del saggio di Carlo Palermo, La Bestia, Sperling & Kupfer, 2018
Chiudo questo libro sentendomi come qualcuno che abbia preso un gran pugno nello stomaco: quell’impressione di non riuscire più a respirare, per qualche istante addirittura il timore di non riuscirci mai più. Poi l’ossigeno che arriva di nuovo ai polmoni, il dolore e una specie di stordimento. Ho letto con fatica ciò che scrive Carlo Palermo, per diversi motivi. Ho bisogno di metabolizzare, di rendermi conto per davvero, di lasciare che domande prendano forma da tanti collegamenti sconcertanti.
A dispetto di una copertina che sembra ammiccare ai romanzi di Dan Brown, questo volume appena pubblicato da Sperling & Kupfer (ottobre 2018) tutto è tranne che un’opera di fantasia. E’ invece il resoconto delle indagini di una vita, quella di un magistrato, oggi avvocato, che – da uomo di legge – è abituato a seguire i fatti e le carte, disciplinando intuito e ricostruzioni a quei rigorosi termini. Segue gli stessi criteri anche qui: cita persone, relazioni, passaggi, istituzioni e vicende reali e documentati; pubblica in fac-simile documenti, rimanda ad altri consultabili pubblicamente; lascia aperte questioni laddove il segreto di Stato o l’omertà di alcuni bloccano il passo a ulteriori chiarimenti. Non un romanzo, dunque. Lo stile asciutto e scabro concede pochissimo ai commenti, così come ai riferimenti autobiografici che sono comunque sufficienti a lasciare intravedere quale sia stato il prezzo di certe scelte coraggiose.
Sostituto procuratore negli anni Ottanta, Carlo Palermo subisce un attentato a Pizzolungo, in Sicilia, il 2 aprile 1985: nell’esplosione di un’autobomba destinata a lui restano uccisi, al posto suo, due gemellini di sei anni e la loro mamma. Questo fatto drammatico getta una luce ancora più inquietante sui traffici di armi e droga oggetto delle sue indagini di allora, prima a Trento e poi a Trapani. Indagini clamorose, che avevano già portato alla luce il coinvolgimento di ufficiali dei servizi segreti italiani affiliati alla Loggia P2 e di boss della mafia turca e siciliana.
Per fermare l’inchiesta a Trento era intervenuto l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, con un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura in seguito al quale a Carlo Palermo era stata tolta l’indagine. Il magistrato aveva chiesto allora il trasferimento a Trapani, dove due anni prima era stato assassinato il collega Ciaccio Montalto, anch’egli collegato a quell’inchiesta. L’attentato di Pizzolungo non impedisce il ritrovamento, da parte degli inquirenti, della più grande raffineria di morfina-base in Europa, nei pressi di Alcamo. Le minacce nei confronti di Carlo Palermo e della sua famiglia si fanno tuttavia sempre più gravi, e alcuni mesi dopo egli accetta il trasferimento a Roma, presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Nel 1990 lascia la magistratura dedicandosi all’avvocatura. Fra vari impegni anche politici (tra il 1992 e il 1993 è deputato alla Camera per la Rete, poi consigliere provinciale e regionale a Trento, dove oggi vive), continua a cercare la verità sui fatti che lo hanno coinvolto, formulando varie ipotesi.
Tra il 1987 e il 2002 pubblica alcuni volumi, nei quali rielabora in tappe successive aspetti emersi dalle sue ricerche, in particolare l’esistenza di quello che lui chiama ‘quarto livello’. Nel 1997 difende Rosaria Costa e tutta la famiglia di Vito Schifani, agente della scorta di Falcone, nel processo sulla strage di Capaci a Caltanissetta. Nel 2014 acquisisce elementi nuovi su alcuni snodi essenziali delle sue vecchie indagini, che lo spingono a una rilettura delle stragi mafiose che segnarono la fine della Prima Repubblica. Nel corso di questa rilettura, di cui il volume oggi pubblicato dà conto, emerge il ruolo di gruppi di potere trasversali e sovranazionali di natura occulta, in primis la massoneria, con un corollario di apparati militari, paramilitari e finanziari ad essi collegati. La cifra esoterica diventa sorprendentemente centrale, tratteggiando un quadro nuovo che attende ancora di essere completato del tutto.
Il racconto di questa ricostruzione, che si dipana in poco più di quattrocento pagine, è faticoso da seguire. La prosa, attenta più all’esattezza dei contenuti che all’eleganza della forma, non è sempre fluida. La struttura narrativa non asseconda l’esigenza di chiarezza di un lettore profano, ma piuttosto segue e rispecchia lo svolgersi reale delle indagini, con interruzioni, spostamenti, riprese, interferenze, ripensamenti, zone d’ombra. Una sorta di diario nel quale mancano quasi del tutto commenti e interpretazioni. Traspare chiaramente l’abitudine a “lasciar parlare le carte”, criterio di somma potenza in un’inchiesta giudiziaria, non sempre però altrettanto efficace in una pubblicazione di denuncia come questa, letta non solo dagli addetti ai lavori ma da chiunque voglia (pur privo di una preparazione specifica sulla storia contemporanea o su metodi e strumenti di un’indagine) conoscere una lettura inedita e ben documentata degli avvenimenti recenti della storia italiana. D’altra parte una scelta stilistica andava pur fatta, e di fronte alla complessità dei fatti analizzati, che sfida qualsiasi autore, Carlo Palermo opta per la soluzione più credibile e più condivisibile: quella di rimanere se stesso, anche quando si avventura in ambiti a lui poco famigliari come quelli segnati dall’esoterismo. Si avverte pure, nella sua scelta, un criterio di urgenza, l’esigenza di non rimandare oltre la divulgazione di quanto fin qui scoperto, nella consapevolezza che passi ulteriori saranno comunque necessari verso una più chiara comprensione degli eventi. In questo senso il libro è anche un perfetto strumento di ricerca, aperto ad approfondimenti e sviluppi sui quali l’autore stesso dichiara di continuare a lavorare. La volontà di divulgare e condividere il frutto delle ricerche svolte è confermato anche dalla creazione di un sito dedicato alla pubblicazione, sul quale sono fruibili liberamente informazioni e documenti. Tuttavia leggere La Bestia è faticoso e difficile soprattutto a causa di ciò che vi viene raccontato.
Che cosa racconta dunque Carlo Palermo di così sconcertante?
Racconta innanzitutto di aver avuto accesso soltanto in questi ultimi anni a testimonianze e documenti che riguardano le sue indagini di allora, e che gli furono negati da chi, all’epoca, aveva il potere di farlo: segreto di Stato. Fin dal primo capitolo, Carlo Palermo rafforza il quadro delle rivelazioni su un fatto agghiacciante, ovvero che le stragi degli anni Novanta non furono semplicemente opera della mafia come a lungo si è fatto credere, ma che dietro quelle azioni agiva un’altra forza, in grado di andare molto oltre, ovvero in grado addirittura di manipolare la democrazia nel nostro Stato. Palermo racconta che in quei documenti ci sono conferme importanti e ulteriori elementi per comprendere meglio ciò che egli aveva già intuito, in modo quindi corretto ma inevitabilmente incompleto.
Racconta che questi elementi hanno in comune una caratteristica strana, ovvero rimandano tutti a un livello di potere superiore a quello dei vari governi, italiani e stranieri; un potere trasversale agli Stati e non necessariamente connotato in senso nazionale; un potere effettivo, tale da pianificare, ordinare, condizionare, coordinandoli in tutte le loro fasi, il movimento, l’azione, l’occultamento delle prove e la comunicazione interna ed esterna di interventi criminali (compresi quelli terroristici e mafiosi) in molte parti del mondo, nonché le azioni dei governi stessi. Racconta che questo livello di potere si esprime e si configura secondo codici esoterici. Racconta che esso ha al suo servizio organizzazioni molto concrete, come logge massoniche, servizi segreti, reparti speciali di vari eserciti, istituti di credito, circoli culturali, cosche mafiose, nonché singole persone collocate in posizioni chiave di organismi politici, finanziari, giudiziari, militari, mediatici ed ecclesiastici. Sì, anche la Chiesa è coinvolta. Racconta che alla luce di tutto ciò, assumono valenza e significati nuovi molti episodi drammatici degli ultimi decenni, come il caso Moro, le stragi degli anni Novanta, l’attentato alle torri gemelle di New York, ma anche cose apparentemente assai lontane da tutto ciò, come la piramide del Louvre, le pubblicazioni di Penthouse, il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice.
E’ un discorso duro da intendere, quello che fa Carlo Palermo, perché ci costringe a colmare le molte lacune presenti nella nostra conoscenza dei fatti di cui parla: chiunque abbia oggi più di quarant’anni ricorda senza dubbio le notizie di cronaca e i titoli dei giornali, e spesso con questo è convinto di sapere, non si pone altre domande. Al lettore medio mancano invece non soltanto molte informazioni, ma anche un quadro chiaro del contesto in cui vanno collocate. Palermo amplia poi ancora a dismisura le dimensioni di quel quadro, creando, in chi davvero si sforza di capire, una specie di smarrimento, una vertigine. Se davvero, per esempio, dietro all’attentato fallito dell’Addaura, e poi dietro a quello di Capaci, tragicamente riuscito, ci sono la NATO e i servizi segreti italiani, e pure loro non sono che uno strumento in mano di altri, fino a che punto bisogna arrivare per poter davvero cambiare le cose in questo Paese? Se non basta essere un giudice istruttore, alto funzionario dello Stato con poteri garantiti dalla legge, se non basta che questo giudice sia preparato, competente, integro, coraggioso, generoso al punto di rischiare tutto, anche la vita (perché quello che vale per Palermo, che è scampato alla morte, vale anche per ciascuno dei suoi colleghi assassinati), fino a che punto si dovrà arrivare per scoprire la verità, per bloccare i colpevoli?
Le domande si moltiplicano, le implicazioni di ciò che Palermo scrive sono profondamente inquietanti, perché se in tanti sappiamo che sono successe cose mai spiegate davvero, non siamo in tanti a saper e a renderci conto che la mano che muove i fili di tutto questo, pur mostrando di ispirarsi a nobili fini e nascondendosi dietro a simboli più o meno misteriosi di progresso ed evoluzione, non ha in realtà alcun rispetto della vita umana e non esita a sacrificarla sull’altare del proprio potere.
Sarebbe più facile poter credere che quella di Carlo Palermo sia semplicemente una specie di follia. Si potrebbe dire che è stato duramente provato da ciò che ha vissuto: egli stesso riferisce di essere stato a lungo malato, di aver sofferto la disgregazione della propria vita familiare, lo stress di minacce mai cessate, l’ostilità e l’isolamento da parte di superiori e colleghi. Oggi ha più di settant’anni. Che il suo sistema nervoso abbia infine ceduto, aprendo il varco a suggestioni e fantasie? In fondo anche la sua scarsa dimestichezza con il campo dell’esoterismo è abbastanza evidente. Gli studi da lui condotti sull’argomento sono recenti e autodidattici. Egli stesso dichiara che nel 1982, quando fu avvicinato da un interlocutore che gli parlò di logge massoniche attive a Trapani, di collegamenti tra riti dell’antico Egitto, il caso Moro, l’attentato a papa Giovanni Paolo II, si rifiutò di prendere in considerazione quei discorsi, come privi di qualsiasi credibilità. Anzi si raccomandò di non menzionare il suo nome accanto ad argomentazioni simili, temendone discredito. L’interesse per questi temi non è dunque innato, in Carlo Palermo, ma indotto dai ritrovamenti documentali. Ed è proprio questo che impedisce di pensare che le sue siano illusioni. Egli è lucidissimo. Si nota infatti come il suo rifermento siano sempre le carte dell’indagine, e su quelle, non su trattati di esoterismo, vada sempre misurando, ad ogni passo, la fondatezza delle informazioni che emergono dalla decifrazione dei vari codici. Un velo impalpabile di scetticismo, talvolta di sarcasmo, rivela che questo interesse per l’occulto non arriva a tradursi in un’adesione, che solo la convinzione e la passione possono generare, ma rimane un interesse strumentale all’indagine, ancora una volta unica sua priorità. C’è quindi la capacità di una distanza critica, rispetto all’oggetto del suo studio, che l’illuso non possiede. E’ pur vero che un profano e un neofita, a dispetto della buona fede e dell’equilibrio, possono incorrere in ingenuità ed errori, magari anche grossolani, nell’interpretazione e nella valutazione delle cose occulte; tuttavia altri due elementi costringono il lettore a prendere sul serio le informazioni fornite da Carlo Palermo.
Intanto, come detto, il riscontro dei fatti, da lui già appurati in maniera incontrovertibile decine di anni prima, quando, come magistrato inquirente, non era disposto in alcun modo a prenderne in considerazione ipotetici risvolti occulti.
In secondo luogo, il fatto che l’intuizione di un livello di potere superiore, trasversale e nascosto coincide in modo sorprendente con quanto illustrato in un’altra recente pubblicazione, che Carlo Palermo non cita e non mostra di conoscere, anche se tecnicamente potrebbe aver avuto tutto il tempo di leggerla prima di pubblicare La Bestia: si tratta del volume Massoni: società a responsabilità illimitatata. La scoperta delle Ur-Lodges, di Gioele Magaldi, edito da Chiarelettere nel novembre 2014. Che Palermo non lo abbia letto, oppure che lo abbia letto ma non lo citi perché non strettamente attinente al resoconto delle proprie indagini, al quale vuole limitare l’attuale pubblicazione, resta il fatto sorprendente che le Ur-Lodges di cui parla Magaldi sono quanto di più vicino si riesca ad immaginare alla “piramide rovesciata” che emerge dalle indagini di Palermo. Entrambi gli scritti hanno la proprietà non comune di gettare una luce nuova su realtà contemporanee che in questo modo acquistano un senso compiuto, restando altrimenti contraddittorie e scarsamente comprensibili. Si tratta quindi di due chiavi di lettura non soltanto interessanti ed efficaci, ma pure coincidenti tra loro. Il che risulta ulteriormente sorprendente. Nessuna delle due opere, tuttavia, è esente da vizi sostanziali: Magaldi non cita le fonti, e sebbene il motivo di questa scelta venga spiegato dall’autore, il quale rimanda ogni debita citazione ad un apposito volume di futura pubblicazione, tuttavia nulla permette, al momento, di verificare ciò che egli afferma. Palermo, invece, costruisce tutto sui fatti e sui documenti, risultando su questo piano ineccepibile e autorevole, ma resta assai debole sull’occulto. A sentirlo parlare con brevi cenni di Illuminati e Nuovo Ordine Mondiale sorge il dubbio che possa aver ceduto a suggestioni New Age di bassa lega, e quando attribuisce grande importanza a gruppi come Trilaterale e Bilderberg, non si può non notare che questi circoli sono invece inquadrati da Magaldi tra gli apparati paramassonici, esterni quindi ai veri nuclei di potere, nascosti e inaccessibili.
Come stanno in realtà le cose? Arriveremo mai a conoscere la verità? E nel frattempo? Bisogna forse buttare via tutto, oppure fare finta di niente? Non è possibile nemmeno questo. I fatti sui quali ha indagato per decenni l’ex magistrato sono purtroppo reali e concreti, sono accaduti davvero. I collegamenti con le cose occulte, sono reali anch’essi: ci sono indizi e prove. Carlo Palermo non è uno che scrive per gioco. Semmai, su queste cose ha giocato la propria vita, e sente il peso insopportabile di altre vite giocate insieme alla sua per coprire la verità. Ciò di cui parla non è semplicemente un incubo dal quale ci si può svegliare scoprendo che non è vero niente, che tutto è passato. Tutto è ancora presente, reale, attivo. Abbiamo la responsabilità di aprire gli occhi, guardare e vedere.