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Uscire dalla Unione europea? Disgregarla!

'L''autonomia dei paesi va conquistata non uscendo dalla UE, ma facendone l’obiettivo primario della critica e della lotta CONTRO. Chiaro? [Gianfranco La Grassa]'

Uscire dalla Unione europea? Disgregarla!
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21 Luglio 2016 - 08.01


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di Gianfranco La Grassa

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L’economicismo imperante – e non certo nei pochi marxisti rimasti, ma invece nelle correnti liberali – pontifica sempre sulla lotta per i mercati; precisamente per le quote di mercato. In realtà, la lotta di tutte le grandi potenze, da sempre e non soltanto nell’era capitalistica, mira alla conquista di sfere d’influenza, cioè al controllo – sia pure oggi non più in senso strettamente coloniale – di aree del globo le più ampie possibili. Le quote di mercato sono un indice, e solo un indice, del successo dell’azione strategica esercitata dagli organismi, denominati imprese, nella sfera sociale detta economica. Tale azione è senza dubbio importante nel capitalismo, ma non è al livello di quella esercitata nella sfera politica (con la sua decisiva appendice militare); ed è accompagnata pure dall’importante ruolo svolto dall’attività di numerose associazioni che tendono a diffondere la cultura, i costumi, le abitudini di vita di questa o quella potenza presso le popolazioni di molti paesi costituenti le varie aree mondiali.

Dopo il 1945, gli Stati Uniti non hanno in pratica avuto grandi rivali nell’area del Pacifico, insomma nella vasta zona asiatica. Il Giappone, con la sua antica cultura messa a soqquadro da quella americana, è stato esempio preclaro di questo successo degli Stati Uniti. Cina e Corea del Nord non hanno certo rappresentato, nemmeno nei tempi più recenti, un reale fattore di contrasto; pur con tutta la penetrazione economica cinese che possa esserci. Non basta investire grandi capitali, comprare questo e quello in altri paesi per conquistare una reale supremazia quanto ad influenza. Esemplare quanto accaduto proprio con il Giappone. Negli anni ’80 sembrava che ci fosse l’invasione di investimenti giapponesi negli Usa (in specie nella sua costa del Pacifico). Negli anni ’90, il Giappone si è ritirato con la coda tra le gambe. Nemmeno la sconfitta in Vietnam (fin troppo enfatizzata dagli ultimi sussulti ideologici dei movimenti comunisti ormai ridotti allo stremo) ha ostacolato l’influenza statunitense in area asiatica (ivi compreso proprio nel paese “vittorioso”). Quanto all’India, non è certamente più un paese colonizzato, si è indubbiamente sviluppato, ma le sciocchezze di pochissimi anni fa circa il BRIC (o BRICS) oggi fanno sorridere.

Diversa la situazione nell’area europea, decisamente rilevante per il suo alto sviluppo economico e per una decisa vicinanza culturale e di istituzioni politiche agli Stati Uniti. Fino a tutti gli anni ’80, una parte dell’Europa (sia pure i paesi meno sviluppati) è rimasta sotto l’influenza dell’Urss. Tuttavia, anche in tal caso, dovrà essere riscritta la storia di quei quaranta e passa anni seguiti alla fine della seconda guerra mondiale. Abbiamo troppo creduto ad un vero confronto/scontro tra Usa e Urss, al mondo nettamente bipolare e alla “guerra fredda”. Il confronto c’era, lo scontro spesso pure; tuttavia, l’Urss è stata fin da subito o quasi in posizione d’inferiorità per le sue strutture sociali inadeguate, pensate come socialiste mentre erano solo imbrigliate in una stagnazione e imputridimento crescenti. Molti fattori hanno nascosto questo fatto: una certa crescita economica, ormai in netto calo però a partire dagli anni ’50; il lancio dello sputnik che ha fatto pensare a chissà quali avanzamenti tecnologici; la costruzione delle atomiche e la presenza di apparati bellici abbastanza potenti, eppur minati dalla mancanza di adeguati sviluppi e trasformazioni.

Il crollo del sedicente socialismo europeo, e soprattutto quello immediatamente successivo dell’Urss, hanno mostrato qual era la realtà. Ancora una volta, sempre guardando a determinate correnti di investimento di capitali, si è cianciato per pochissimi anni di una crescita di influenza della Germania nell’Europa dell’est. La lezione dell’aggressione alla Serbia nel ’99 (preceduta da tutti gli sconvolgimenti nell’area già jugoslava) ha messo termine a queste chiacchiere. E anche tutto quanto è accaduto (e ancora accade) in Medioriente, nell’Africa del nord, il lungo periodo di appoggio netto e indiscusso ad Israele – adesso appena ridotto per alcune esigenze strategiche legate alle necessità di intervento nella tensione tra Turchia e Iran in quanto subpotenze in competizione per l’influenza in quell’area – è senz’altro dipeso pure dagli interessi degli Stati Uniti in quella zona, ma ancor più dalle necessità di controllare l’area europea; soprattutto dagli anni ’90 in poi, quando tutta l’Europa è caduta sotto la loro preminenza.

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Già da anni, gli studi e ritrovamenti del ricercatore universitario statunitense Joshua Paul hanno posto in luce – ma si tende sempre a farlo dimenticare – che i “grandi padri dell’Europa” erano pagati (vogliamo essere buoni e dire finanziati?) dagli Stati Uniti. In origine, con la scusa del pericolo sovietico – che mai c’è stato, malgrado le colossali bugie che ci raccontavano – si è creata la Nato; non a caso, non più disciolta nemmeno dopo il crollo dell’Urss. Non serviva a difenderci dal “pericolo comunista”, bensì a renderci completamente succubi degli Usa. E così, non appena è stato possibile, si è creata la UE, l’Europa sedicente unita (e quando mai lo è stata?), quale ulteriore rafforzamento del predominio americano. La UE è solo un altro organismo degli Usa dedito a tale compito. Per il momento, questa preminenza non è tanto in pericolo, malgrado le illusioni che si sono create al proposito. Tuttavia, la Russia, nata dopo il crollo sovietico, non è affondata, non è caduta pur essa sotto l’influenza Usa come un personaggio del tipo di Eltsin (e forse perfino Gorbaciov) poteva far pensare.

Siamo però lontani da un equilibrio di potenziale tra Stati Uniti e i suoi possibili avversari, fra i quali a mio avviso il più credibile è appunto la Russia. Sono comunque convinto che il cosiddetto multipolarismo, pur se non in modo lineare, è in marcia e dunque gli Usa devono agire di conseguenza. Non ripeto adesso quali sono stati i cambi di strategia americana da dopo la fine dell’Urss; ed in particolare quella seguita dall’amministrazione Bush jr. e poi quella di Obama. Siamo in una fase di grande confusione che ricorda, e questo lo ripeto, gli ultimi decenni del XIX secolo. Ci sono mosse e contromosse, aggiustamenti e riaggiustamenti frequenti. Ha allora senso la proposta di certe forze, dette antieuropeiste, di uscire dalla UE a magari anche dall’euro?

Non lo credo proprio. E tanto meno ci credo quando vedo che tali sentimenti nascono perché l’Europa starebbe cadendo in mano tedesca. Chi parla così è ancora una volta finanziato dagli Usa come i “grandi padri dell’Europa”. Nessuna simpatia per la Merkel, e magari è vero che la Germania sta agendo in modo da danneggiare altri paesi fra cui il nostro; magari facendo, com’è in fondo naturale che sia, i propri interessi. Il problema centrale non sta però qui. Al massimo la Germania è il solito “cattivo caporale” che esegue, in forma rozza e particolarmente dura, gli ordini di generali e colonnelli per mettere in riga la truppa. I generali a volte mostrano, da ipocriti quali sono, falsa “umanità” perché il caporale si assume il compito delle odiose misure e punizioni per mantenere l’ordine, cioè la subordinazione, dei soldati.

Bisogna lottare per annientare la UE e i suoi organismi, fra cui la BCE diretta da un agente fin troppo subordinato (da sempre) agli americani. Non basta uscire, non è che la “brexit” risolverà alcunché; già adesso si parla che questa sarà portata avanti nei prossimi tre anni, perché così è consentito. Insomma, non se ne farà nulla di rilievo. E in ogni caso, non si deve uscire, ma denunciare questa indegna unità europea per quello che è: un organismo creato dagli Usa per il nostro asservimento. E bisogna combattere contro la UE, disgregarla dall’interno, paralizzare sempre più i suoi ordini diretti alla nostra completa dipendenza. I falsoni che ululano per uscire dalla UE vanno smascherati quali agenti americani; talvolta più odiosi di coloro che ancora vogliono restarvi. Almeno questi si mostrano a viso aperto quali nemici; gli altri si fingono nostri alleati e amici. No, falsi in radice, spedirli al diavolo, sono nemici subdoli e traditori. Intendiamoci: so che ci sono anche persone (e tante) in buona fede, cascate nel tranello dell’uscita. Debbono però ricredersi in un tempo ragionevole.

In definitiva, bisogna muoversi contro la UE quale tipica organizzazione creata dai “finanziatori” americani; così come furono finanziati gli altrettanto obbrobriosi e traditori “padri dell’Europa”. Addosso all’Europa unita: quella attuale, ma che è quella esistente e fra i piedi. Si dovrà magari un giorno giungere a qualche forma di unione. Tuttavia, in primo luogo non credo che potranno stare veramente insieme tanti paesi quanti ce ne sono adesso. Inoltre, questa unione deve avvenire dopo un passaggio per l’autonomia dei diversi paesi. Un’autonomia che va conquistata non uscendo dalla UE, ma facendone l’obiettivo primario della critica e della lotta CONTRO. Chiaro?

L”articolo è uscito il 20 luglio 2016 su [url”Conflitti e strategie”]http://www.conflittiestrategie.it/[/url].

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