di Angela Mandarà
“Siamo costretti a fissare mete più avanzate di quelle
che le nostre forze possono raggiungere, per non compiere alla fine,
meno di quanto esse consentano”.
J.J. Bachofen, Vorrede zu Tanaquil
Cos’è la natura?
Περί Φύσεως, sulla natura, questo era l’oggetto del conoscere per i presocratici, la natura nel suo insieme, la realtà nella sua totalità. A seguito della rivoluzione scientifica, persino i filosofi oggi sembrano aver rinunciato al tentativo di comprensione della realtà nel suo insieme. Il linguaggio scientifico è troppo ostico, non dialoga facilmente con il pensiero umanistico.
Luigi era uomo di scienza, ma in un certo senso anche di lettere ed in quella sua domanda ricorrente “Capivano?” emerge tutta la novità e la forza del suo pensiero.
“Capivano?” Una domanda che Luigi reputava di importanza cruciale. Coloro che durante la seconda guerra mondiale detenevano il potere, la capacità di controllo dell’informazione e di conseguenza la capacità di previsione, in pochi anni causarono non solo la morte di milioni di persone ma anche la propria fine violenta. Questi uomini capivano?
Perché Luigi pone la questione in questi termini?
Si tratta del problema del rapporto fra sapere e potere e tra conoscenza e male, problemi centrali nel pensiero filosofico occidentale, pensieri che Luigi riformula in modo nuovo, del tutto antimetafisico e al di là del problema morale. Da qui scaturisce la forza di una nuova prospettiva.
Potremmo richiamare alla memoria Foucault e la sua riflessione sul rapporto fra potere e sapere oppure Socrate ed il male che scaturisce dall’ignoranza del bene. Tradizionalmente il problema del sapere e del potere rimane comunque su un piano astratto oppure si intreccia con quello della morale. Oggi pensiamo rassegnati alla degenerazione morale dell’élite che sta portando il mondo alla catastrofe, ma per questa strada il pensiero non procede e non può procedere perché la questione deve essere posta in altri termini.
Al di là del bene e del male: un nuovo fondamento
Luigi in ogni discorso riusciva a fare a meno del riferimento di tipo morale, in tal senso il suo è un pensiero veramente moderno, filosoficamente al di là del bene e del male. Luigi guarda quindi al problema da un’altra prospettiva: il capire oggi è legato alla sopravvivenza della nostra specie ed è per questo che il problema del “Capivano?” non è morale ma relativo al destino dell’’umanità e al concetto di intelligenza di specie.
La possibilità di andare oltre il discorso morale, ormai così debole dopo la morte di Dio ed il suo annuncio nietzschiano, giunge a Luigi tramite una nuova prospettiva. Questa nuova prospettiva, che egli pone a fondamento del suo pensiero, costituisce in realtà il fondamento per ogni pensiero che possa veramente definirsi nuovo.
Si abbandona qui quell’antropocentrismo che una certa visione scientifica del mondo supera solo apparentemente, dal momento che si tratta di una visione spesso vittima di un capire strumentale e che non trova limite, perché in sé non può trovare un limite.
Nel pensiero ecofisico c’è invece la novità e la forza di un riferimento, di un fondamento cosmocentrico e dinamico. Si tratta del permanere della vita nel suo evolversi, della dinamica del rapporto tra biosfera e mondo inorganico attraverso il tempo. In questo modo di ragionare c’è il compimento di una rivoluzione: il passaggio dall’antropocentrismo alla biosfera nel suo complesso come vera portatrice della storia evolutiva della vita.
Il capire vero è dunque in questa prospettiva l’intelligenza legata alla vita, l’evoluzione e la sua permanenza nel tempo, in quello spazio di tempo che l’equilibrio dinamico della biosfera, nell’interazione intelligente con l’energia della nostra stella, ci consente. Un hegeliano “vero è l’intero”, declinato in modo più concreto.
Una rivoluzione per il futuro
La biosfera quindi nella sua natura evolutiva, dinamica, ma anche di permanenza diviene adesso il riferimento per una conoscenza che possa dirsi ben orientata.
Da qui il tentativo di riformulare le conoscenze di tipo economico, storico e politico riagganciandole al riferimento della natura, degradata da tempo al falso ruolo di fardello esterno da parte del pensiero dominante dell’era fossile (La mappa del denaro).
Ritornare dunque a quella natura presocratica di cui tutto è fatto, le stelle, così come un fiore e noi: questo il massimo principio di realtà cui dobbiamo rivolgerci ed il sentiero lungo cui tutti i ragionamenti possono allinearsi nella giusta direzione. Si tratta forse della via occidentale da seguire per superare la crisi attuale, per ritornare ad un capire profondo, filosofico e non più schizofrenico, strumentale e frammentario.
Il “capivano?” di Luigi è infatti un capire in generale, un comprendere in modo profondo, un vero osare l’antica aspirazione di una visione d’insieme.
Quel capivano inoltre ci porta alla domanda: noi capiamo?
La specie umana per capire ha bisogno di periodiche catastrofi? Oppure il pensiero si evolve nonostante la storia di infiniti errori cui andiamo periodicamente incontro (Storia dell’incertezza).
Il problema rimane aperto, ma più concretamente possiamo riflettere su quali siano le strutture tramite cui il pensiero continua, si evolve, permane nel mutare delle cose.
Ciò che abbiamo perso, la capacità di guardare il mondo con stupore ed umiltà, Luigi non lo aveva perduto pur rimanendo uomo di scienza. Ci troviamo solo all’inizio degli studi di ecofisica e Luigi diceva spesso che la scienza ha compreso pochissimo della realtà: pensiamo alla profondità di visione che troviamo in un’opera di Matisse o di Cézanne…
La strada è ancora lunga, ma la direzione è tracciata. Quell’aspirazione antica del pensiero, quel pensiero che cercavo fra i filosofi l’ho trovato in Luigi e adesso tocca a noi coltivare questa prospettiva, questa rivoluzione ancora silenziosa, questo pensiero nuovo.
Un pensatore come Luigi non muore perché il suo “Capivano?” riecheggia in noi.
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Luigi Sertorio, fisico, professore associato di Ecofisica alla Facoltà di Scienze dell’Università di Torino, socio dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, lavorò al Cern di Ginevra e, negli Stati Uniti, all’Institute for Advanced Study di Princeton e al Los Alamos Laboratory. Per tre anni fu direttore di programma alla Divisione per gli Affari Scientifici della NATO. È autore di oltre novanta pubblicazioni scientifiche.