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di Elisa Fortunaci – Megachip.
15-16 maggio 2011. Scrivo a urne ancora aperte con una certezza: il primo referendum al mondo post-Fukushima è stato uno straordinario successo di chi è contrario all”energia nucleare. Non parlo del referendum nazionale del 12-13 giugno, che ancora non si è tenuto e forse non si terrà per i trucchi del governo italiano. Parlo del referendum consultivo della Sardegna, che chiede: «Sei contrario all”installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?» Il quorum – che per il referendum regionale è del 33%, è stato ampiamente superato già al termine della prima giornata di votazioni.
Le firme per la consultazione erano state raccolte ben prima di Fukushima dagli indipendentisti di Sardigna Natzione, un piccolo partito indipendentista. Ma per una serie di circostanze lo schieramento antinucleare ha coinvolto le forze politiche sarde all”unanimità , compreso il popolo della Libertà e perfino lo stesso presidente della Regione, Ugo Cappellacci, che ha fatto attivamente appello al voto. Di per sé questo è un quadro decisamente diverso da quello nazionale, ma tuttavia appare in grado di dare alcune nette indicazioni.
In primo luogo, non essendoci mai state grandi difformità nelle tendenze referendarie fra il voto in Sardegna e il voto in tutta la Repubblica Italiana, possiamo ritenere questo referendum come un test molto attendibile della reale volontà popolare in materia di energia nucleare. Se a giugno non si voterà su questo tema sarà un fatto molto grave dal punto di vista della democrazia, e risulta ancora più chiaro che aggirare il referendum per riproporre dopo qualche tempo un programma nucleare sarebbe un gravissimo attentato alla sovranità popolare.
In secondo luogo, il traino delle elezioni amministrative ha fatto certamente salire il numero dei votanti: in Sardegna si votava a Cagliari, a Olbia, a Iglesias, a Carbonia e alcuni altri centri importanti. Poiché questo traino mancherà a giugno, gli sforzi per portare gli elettori alle urne negli importanti referendum previsti dovranno moltiplicarsi, tanto più perché il quorum a livello nazionale deve superare il 50% del corpo elettorale.
Il segnale è comunque inequivocabile. La forzatura del ritorno al nucleare troverà un”opposizione formidabile. Qualsiasi realpolitik affaristica nazionale e internazionale si sgretola di fronte al realismo di chi difende il proprio territorio. Nimby, Not In My Back Yard, non nel mio cortile, è un atteggiamento che i tecnocrati disprezzano, ma è il grado zero di una nuova consapevolezza civile. Intanto segniamo i punteggi già vinti, poi costruiremo un”energia e un”economia alternativa. Le idee e le forze ci sono già .
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Aggiornamento: Il dato finale della partecipazione al referendum è del 59,34%. I Sì sono quasi il 98% dei voti espressi. E” un pronunciamento capace di rappresentare una tendenza molto robusta degli orientamenti generali in materia.
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