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Karl Marx, il geniale innovatore della critica sociale, il sognatore e lo studioso dei nuovi rapporti di produzione, colse bene l”interdipendenza fra uomo e natura, e fra gli uomini stessi di ogni paese, individuando nella forma merce il segreto feticistico del sistema capitalistico. Quel che invece non poté riconoscere – o vide solo in parte – sono i limiti ecologici allo sviluppo. La fede, di questo si tratta, in una sovversione del potere capitalistico mediante le sue stesse logiche (quantitative e produttivistiche) ha mandato in soffitta, non senza tragedie, la pretesa scientifica dello stesso progetto rivoluzionario comunista.
Oggi tutto ciò è ancora più chiaro e, per questo, fa sorridere la pretesa dei piccoli gruppi comunisti ancora in vita di fondare la loro ideologia su una diversa crescita del prodotto interno lordo, e dell”economia nel suo insieme. Restiamo così lontani da un”alternativa percorribile allo strapotere delle banche e dei grandi centri finanziari: rimanere all”interno del culto dello sviluppo vuol dire, sempre di più, legarsi mani e piedi alla ruota insensata dell”accumulazione economica.
Abbandonare l”illusione della crescita infinita, tuttavia, significa qualcosa in più di avviare un processo controllato di “decrescita” (su questo concetto fondamentale si vedano i contributi preziosi di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, oltre a quelli di Maurizio Pallante e Serge Latouche).
Esiste infatti una grande fetta della popolazione mondiale che attende ancora uno sviluppo decente per combattere fame e miseria; ad essa non si può rispondere con gli stessi slogan pensati per l”occidente opulento.
La sfida per una decrescita complessiva degli scambi mercantili, per la riduzione del consumo di energia e materia, e per l”innalzamento della qualità della vita, passa dunque attraverso il paradosso glocalista, invocando tanto la difesa del territorio quanto una visione planetaria che coordini le molteplici spinte antagoniste al sistema verso proposte comuni e il più possibile unitarie.
L”eredità di Marx, oltre Marx, è tutta qua.
Ma, tornando ad Europa e Stati Uniti, è ormai necessaria anche una rivoluzione culturale che, sfatando il mito della crescita, approdi ad una nuova idea di sviluppo umano, di autorealizzazione non-quantitativa del nostro essere-in-relazione.
Preparare la transizione ad una società post-consumista richiederà , allora, un”accurata formazione psicologico-filosofica, senza la quale sarà impossibile liberarci dal feticismo delle cose che ci domina.
Chiunque lavori in questa direzione – nel campo delle relazioni di aiuto, delle pratiche filosofiche, dell”educazione e della religione – sta già operando, forse senza averne piena coscienza, per mutare gli attuali rapporti di forza. È tempo che questa consapevolezza venga alla luce e che la battaglia materiale si unisca a quella spirituale per costruire un”alternativa alla religione del denaro e per rivendicare spazi sacri esclusi da profitto e speculazione (acqua, terra, .).
Lungi da pretese neopagane, tutte le vie spirituali e filosofiche possono dare il loro contributo per ridefinire, in collaborazione con la politica (quella vera), un orizzonte di senso che permetta agli uomini di guardare al futuro difficile che già li aspetta.
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