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Si possono gestire razionalmente beni comuni sottrendoli al destino di diventare merci? A Napoli ci provano.
di Alberto Lucarelli e Riccardo Realfonzo* – Il manifesto.
Dopo tre mesi di intenso lavoro, durante il quale sono stati consultati esperti di differenti discipline economiche, giuridiche, aziendali, oltre ad esponenti della società civile e delle associazioni ambientaliste, la giunta di Napoli ha approvato la trasformazione della società per azioni Arin che gestisce il servizio idrico a Napoli in azienda speciale. Si tratta della prima giunta in Italia che attua la volontà referendaria del 12-13 giugno 2011.
L”azienda speciale Acqua Bene Comune Napoli, ente di diritto pubblico, nasce dalla consapevolezza che in tutto il mondo le più recenti trasformazioni del diritto hanno prodotto l”emersione a livello costituzionale, normativo, giurisprudenziale e di politica del diritto della categoria dei beni comuni, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all”esercizio dei diritti fondamentali, nonché al libero sviluppo della persona e che vanno preservate anche nell”interesse delle generazioni future.
E in questo senso ieri il consiglio comunale di Napoli ha approvato una modifica del suo stesso statuto, con la quale si inserisce tra valori e finalità dello Statuto il riconoscimento e la garanzie dei beni comuni, quali beni direttamente riconducibili al soddisfacimento di diritti fondamentali.
I beni comuni, in primis l”acqua, sono dunque adesso direttamente legati a valori che trovano collocazione costituzionale e che informano lo statuto del Comune di Napoli.
Essi vanno collocati fuori commercio perché appartengono a tutti e non possono in nessun caso essere privatizzati.
L”acqua bene comune è radicalmente incompatibile con l”interesse privato al profitto e alla vendita.
Al tempo stesso è ormai del tutto chiaro nell”esperienza italiana che le privatizzazioni hanno determinato forti incrementi delle tariffe e nessun beneficio per i cittadini in termini di qualità del servizio.
Acqua Bene Comune Napoli, chiamata a governare il bene comune acqua della città di Napoli, vuole interpretare, attraverso una buona pratica di democrazia partecipata dal basso, il suo dovere fondamentale di difendere il bene acqua. L”azienda speciale, com”è noto, è un ente pubblico economico strumentale del comune che non persegue finalità di profitto.
L”azienda speciale ha l”obbligo del pareggio di bilancio e del suo equilibrio finanziario con una autosufficienza gestionale.
La sua attività si svolge secondo gli obiettivi e i programmi dell”ente territoriale, cioè del comune e dei suoi cittadini. Tant”è che la strumentalità dell”azienda speciale comporta l”approvazione degli atti fondamentali e la copertura dei costi sociali da parte del Comune, il quale potrà pianificare la sua politica relativa al servizio idrico integrato in base alle proprie disponibilità finanziarie e agli obiettivi di investimento.
La qualità del servizio e la sua sostenibilità con l”azienda speciale assume maggiore rilievo, rispetto alle scelte quantitative che nella gestione privatizzata possono venire comunicate o rappresentate al di fuori di essa in modo più opaco.
Acqua Bene Comune Napoli, per come congeniata statutariamente – attraverso un consiglio di amministrazione rappresentativo con voto deliberativo delle associazioni ambientaliste e un comitato di sorveglianza rappresentativo oltre che della cittadinanza attiva anche dei dipendenti dell”azienda – consente di affrontare, o meglio valutare, le conflittualità delle politiche idriche e dell”utenza, anche in termini di trasparenza ed accessibilità agli atti.
Governo pubblico partecipato significa proprio un coinvolgimento attivo dei cittadini alla gestione dei beni comuni, un principio fondamentale, che era originariamente previsto anche in Puglia nel processo normativo di trasformazione dell”Aqp spa in azienda pubblica.
Inoltre, lo Statuto prevede che qualora l”amministrazione comunale, per ragioni di carattere ecologico o sociale, ed in relazione ai propri fini istituzionali disponga che l”azienda effettui un servizio o svolga un”attività il cui costo non sia recuperabile deve in ogni caso essere assicurata la copertura del costo medesimo.
In questa dimensione ecologica e sociale vanno letti anche gli artt. 27 e 28 dello Statuto che rispettivamente disciplinano e garantiscono il quantitativo minimo giornaliero e il fondo di solidarietà internazionale.
L”auspicio è che parta da Napoli un nuovo vento che sappia concretamente reagire alla manovra di ferragosto che ha calpestato la volontà referendaria e soprattutto il principio della sovranità popolare.
* Gli autori sono assessori rispettivamente ai beni comuni e alle società partecipate del Comune di Napoli
Fonte: Il manifesto, 28 settembre 2011.
Tratto da: http://eddyburg.it/article/articleview/17712/0/285/.
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