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L”atteso declassamento di Francia e di mezza Eurozona da parte della solerte Standard & Poor”s, mostra le manovre che l”esercito anglo sassone compie sul terreno. Le agenzie di rating indicano alla muta speculativa quale gregge attaccare per rifornirsi di cibo.  Al di là della proliferazione di brillanti e profonde spiegazioni su debiti sovrani, capitalismo impazzito, proposte di nuove teorie monetarie, è un fatto che esattamente un anno fa, con debiti identici, eravamo tutti presi da altre questioni e ignari si viveva senza cognizione di spread, triple A e Processi del lunedì sulle monete sovrane, default.
Cosa è successo? Perché prima no e dopo sì?
Innanzitutto va considerato un fatto. La speculazione si nutre di differenze. Non è importante se la differenza è un in su o un in giù, l”importante è che in un periodo di tempo (meglio se breve) si crei una differenza, sulla differenza si entra a x e si esce a y, la differenza è profitto. Con le vendite allo scoperto, il meccanismo funziona addirittura a ritroso nel tempo, è un eterno ritorno al futuro.
La speculazione, ovvero l”attività di nutrimento con le differenze, si nutre di profitti cioè di differenze. Normalmente dovrebbe cercarsele in natura, dovrebbe cercare qualche successo o qualche promessa di crescita o di crolli e di carogne. Il problema arriva quando in natura si producono minori differenze di quanto la muta non abbisogni per il suo sostentamento. In quel caso, le differenze si creano. Ma dove e come?
La muta anglosassone pensa all”oggi ma anche al domani. Non solo deve creare o provocare differenze di cui nutrirsi ma nel farlo, deve seguire anche una logica di medio lungo periodo, garantirsi un futuro in un mondo improvvisamente difficile.
La speculazione ha una logica? Qui bisogna evitare di pensare a concistori di incappucciati che si riuniscono in grotte sotterranee tramando contro i destini del mondo.
Basta una solida cointeressenza, una comune immagine di mondo e forse anche una rete di contatti a cena o al circolo del golf.
La speculazione è un di cui di un sistema, un sistema fatto di “istituzioni”: leggi, giornali e televisioni, professori universitari, geostrateghi, think tank, politica, lobbies, di un”immagine di mondo che diventa “consensus”.
Questo sistema è dato dalla diarchia statunitense-britannica che, da tempo, ha dismesso ogni prevalente od esclusivo interesse nella tradizionale macchina di produzione e scambio[1] sulla quale si basava l”economia di mercato tradizionale (à la Smith, Ricardo, Marx per intenderci), per specializzarsi in quella banco finanziaria.
E” una precisa scelta di quello che Ricardo chiamava “vantaggio comparativo“, ciò che una nazione sa far meglio, ciò in cui eccelle. La diarchia statunitense-britannica, si è installata al centro del sistema banco finanziario, assumendolo come proprio vantaggio comparativo ed estendendo il dominio di questo sistema a tutto il mondo, liberamente e senza più alcun vincolo.
Così facendo ci si mette al riparo dal ciclone permanente che la globalizzazione[2], ovvero l”interconnessione sistemica di tutte le macchine di produzione e scambio nazionali, crea per semplice dinamica dei flussi.
Un ciclone erratico, che si sposta con grande rapidità sul pianeta, alle ricerca delle sue migliori condizioni di possibilità di nutrimento, Cina, ma oggi Vietnam, domani Africa, chissà forse ripassando per l”Australia, ma ritornando poi in Turchia.
È noto che il posto più tranquillo in cui acquartierarsi in caso di ciclone è il suo occhio, il suo centro, lì dove tutto è calmo sebbene intorno tutto ruoti furiosamente. Lì si pone la banco finanza con intenti speculativi. Tutta la ricchezza risucchiata dal ciclone, s”imbuta lì[3].
Si è creato il ciclone e ci si è messi al riparo del suo centro, non per difendersi dalla sua furia, ma per servirsene, per nutrirsene.
Ciò venne fatto con una sequenza ai più ormai nota, che origina dall”invenzione del denaro auto valorizzato, la decisione di Richard Nixon del 1971.
La concentrazione banco finanziaria (le banche in Gran Bretagna: la City[4] e nel sistema off shore che è dato da quasi tutte ex colonie britanniche, la finanza negli USA: Wall Street), la liberazione da ogni vincolo giuridico, l”effettiva immediata globalizzazione perfetta delle transazioni, la liberazione monetaria operata da Nixon, un sistema incrociato di società di rating – fondi d”investimento – fondi pensione che profetizza ciò che poi compirà , un sistema paradigmatico (Fmi – Washington consensus[5] – università , pubblicazioni, pubblici pronunciamenti di guru di giornata) che spinge a privatizzare, quotare in borsa, dipendere dai mercati cioè dal sistema, forma l”ossatura strutturale del posto al sole che gli anglosassoni vorrebbero riservarsi nel nuovo difficile mondo multipolare.
Sarà multipolare politicamente o militarmente o economicamente, ma non lo potrà mai essere banco finanziariamente, quella posizione è già occupata e nei fatti, è inespugnabile.
Quindi non lo sarà neanche per gli altri aspetti, essendo quella della generazione del denaro e della sua produzione di differenza, il senso ormai adottato da tutto il pianeta per il contratto sociale su cui si fondano le comunità umane.
Credo si debba considerare con più attenzione la doppia natura di questo sistema perché se da una parte è esso è consustanziale al modo capitalista che non ha “apparentemente” nazione, dall”altra esso ha indirizzi precisi che portano a New York e Londra che per quanto pubblicizzate come capitali del mondo, al momento sono ancora solo città di sovrani stati.
Stati sovrani che, come stabilito da Hobbes ma più precisamente ratificato da Locke, hanno un contratto sociale interno (la comunità in affari) e la regola del bellum omnium contra omnes al loro esterno, cioè nelle relazioni internazionali. Altro che doux commerce come pensava l”ingenuo Montesquieu. L”economia banco finanziaria, parafrasando Von Clausewitz, è la guerra condotta con altri mezzi.
Un anno fa, dopo essersi procurata ingenti perdite per aver pasteggiato a bolle in sistematica successione negli ultimi almeno 12 anni, la banco finanza anglosassone, affamata e rabbiosa ha cominciato la Campagna d”Europa che procurerà la frattura d”Occidente o la devastazione dell”Europa.
In tempi difficili, anche le parentele diventano un peso.
Ora con i downgrade di S&P, la sta proseguendo. A noi decidere se sfruttare la frattura creando una Nuova Europa distante dai parenti – serpenti anglosassoni o subire la devastazione, rimanendo dentro la Vecchia Europa disunita da una moneta o di nuovo esplicitamente frazionata nella sua fantasiosa e rissosa composizione di staterelli quattrocenteschi.
Abbiamo un problema di civiltà , cultura, società , con riflessi storici piuttosto grandi. Di solito le transizioni complesse, le abbiamo affrontate con una bella guerra, l”ultima è già in pieno svolgimento.
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NOTE
[1] Il numero in edicola di Internazionale riporta un interessante articolo di Ed Vulliamy (Guardian, Observer) sull”abbandono dell”economia tradizionale e la nuova centralità della banco finanza che ha smagliato il tessuto sociale inglese a partire da Margareth Thatcher, ma a proseguire via Tony Blair con David Cameron.
[2] Globalizzazione spinta dagli stessi attori che si procurano così la loro migliori condizioni di possibilità nella nuova veste di centro delle speculazioni sulle differenze.
[3] Una sorta di accumulazione per espropriazione secondo la brillante definizione di David Harvey (si veda ad esempio D.Harvey, L”enigma del capitale, Feltrinelli, Milano 2010.
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