di Aldo Giannuli.
Poco da dire sui risultati del secondo
turno delle amministrative: elettori in fuga, Pdl bastonato, M5s in
caduta libera e Pd premiato perché, se il totale deve fare 100, qualcuno
deve pur prendere le percentuali perse dagli altri. Il Pd sorride
sicuro dopo aver preso tutti i 16 comuni capoluogo, ma se guardasse ai
risultati in cifra assoluta riderebbe meno. Ripeto: nessuno faccia
l’errore di pensare a queste astensioni come ad una perdita di interesse
per le elezioni, per cui possiamo tranquillamente fare come se quegli
elettori si fossero dissolti nel nulla. Quegli elettori ci sono e prima o
poi li vedremo sbucare da qualche parte.
risultato rimette seriamente in discussione la certezza di vittoria in
caso di elezioni anticipate. I sondaggi perdono di credibilità , anche se
dobbiamo tenere presente una cosa: il Pdl sul territorio esiste poco e
nulla e sta perdendo quel poco di ceto politico-amministrativo che
aveva, però le cose cambiano quando scende in pista il Cavaliere in
prima persona. Quindi attenti a non rifare per la seconda volta l’errore
di pensare liquidato il Pdl perché i suoi elettori alle amministrative
stanno a casa: come si è visto a febbraio, una porzione di essi poi
torna a votare Pdl se a chiederglielo è personalmente il Cavaliere.
Questa volta, però, potrebbe esserci un problema in più: l’elettorato di
destra sta mostrando di non gradire affatto le larghe intese con i
nemici di sempre e, per di più, in un governo che, sostanzialmente, sta
confermando la linea della massima pressione fiscale.
roccaforti venete e brianzole della destra dove massimo è il peso dei
piccoli e medi imprenditori, i più imbestialiti per Imu ed Iva. Il
Cavaliere si trova a questo bivio: se resta con il governo Letta finisce
triturato, anche perché nel frattempo può arrivare la pronuncia della
Cassazione con la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici. Però,
se fa cadere il governo, rischia che se ne faccia un altro senza di lui
(magari grazie ad una scissione del suo gruppo al Senato) e non si voti
o, peggio, che si voti ma con il rischio serissimo di perdere di nuovo.
Non è una gran bella situazione. Vedremo se anche questa volta se la
cava, magari per l’ennesimo assist del Pd.
già detto e ripeto che questa non è la crisi finale del movimento che ha
buone possibilità di recupero, però, se Grillo non raddrizza
rapidamente il timone rischia davvero di andare a sbattere. E la
scadenza già c’è: le europee fra un anno esatto (sempre che prima non
arrivino le politiche). E’ presumibile che una parte dei voti persi
verso l’astensione torneranno al M5s, anche per il divario
politiche-amministrative che, nel caso delle Europee (assimilabili alle
politiche) dovrebbe giocare a favore del M5s. Però, se in quella
occasione il M5s dovesse “stagnare†intorno al 25% – diciamo fra il 20 ed
il 30% – vorrebbe dire che il recupero è stato pieno, ma è finita la
marcia trionfale e ci si deve attrezzare ad un lungo braccio di ferro.
il 20 sarebbe una chiara sconfitta di fronte alla quale sarebbe
impossibile frenare la rivolta interna e molto difficile guidarla verso
uno sbocco positivo, per cui il movimento entrerebbe in una spirale
negativa da cui sarebbe molto complicato uscire. Ma se il risultato
fosse sotto il 15% la disgregazione probabilmente sarebbe molto rapida
e, nella migliore delle ipotesi, resterebbe un drappello
ultraminoritario di fedelissimi.
anche se credo possiamo escludere quello di un risultato oltre la
barriera del 30%, che è quello di cui l’attuale linea del M5s avrebbe
bisogno, perché, pur prevedendo un autunno molto nero, non credo che ci
sarà il crollo che Grillo prevede e che gli darebbe ragione. La cosa più
probabile è che il M5s oscillerà fra uno dei tre risultati prima
descritti. Molto dipenderà da cosa farà Grillo nei prossimi mesi.
Intanto i suoi problemi sono due: dissidenti e iniziativa politica.
solito invito: “Quella è la portaâ€.
ed ho vissuto non so quante scissioni. Non le ho contate, però ho capito
che le dinamiche sono sempre le stesse: si inizia con dissensi
marginali ai quali la maggioranza risponde con accuse di disfattismo o
di manovre che nascondono chissà cosa; inizia uno stato di malessere, si
logorano i rapporti personali, dilaga un clima di sfiducia reciproca e
così parte una partita a scacchi a mosse obbligate, per cui ciascuno
deve dire l’opposto dell’altro per compattare le proprie schiere; questo
clima paralizza l’iniziativa politica, per cui il partito (o movimento)
inizia a registrare sconfitte che sono benzina sul fuoco: prova della
erroneità della linea della maggioranza per i dissidenti, prodotto del
sabotaggio dei dissidenti per la maggioranza; le accuse salgono di tono:
“voi siete traditori†“No, voi siete stalinisti o fascistiâ€; si entra
nella spirale sconfitte-divisioni interne-sconfitte-divisioni; l’aria si
fa irrespirabile e, mentre tutti assicurano di lavorare per l’unità ,
ciascuno si prepara a mettersi in proprio, non vedendo l’ora di
liberarsi della presenza dell’altro. Alla fine arriva la scissione che,
spesso, è la premessa della disgregazione totale del movimento, anche se
in tempi variabili.
elettorale che lasciava Rifondazione fuori del Parlamento, scrissi una
lettera ad vari dirigenti del Partito che conoscevo da tempo (Vendola,
Giordano, Vinci, Russo Spena, Franco Russo ecc.) sostenendo che a quel
punto era preferibile una divisione consensuale per salvare la
possibilità di intese unitarie future.
continuare a lavorare insieme e smetterla di odiarci. Ad eccezione di
Vendola e Giordano, che non risposero affatto, gli altri mi risposero
stracciandosi le vesti e dicendo che dividersi era una iattura, che i
compagni non avrebbero capito e che, assolutamente, il partito doveva
restare unito. Morale: dopo un congresso indecente, la polemica interna
proseguì in modo sempre più lacerante, per sfociare nell’immancabile
scissione fatta nel modo e nel momento peggiore, a pochi mesi dalle
elezioni europee dove, ovviamente, non fu possibile presentare una lista
unitaria e tutte due (Sel da un lato e Rifondazione-Pdci dall’altro)
non raggiunsero il 4% e restarono fuori anche dal Parlamento europeo.
rivedendo un film visto troppe volte. Se mi è consentito dare un
sommesso parere, forse la cosa più utile da fare è proprio quella di una
momentanea separazione consensuale: che i dissidenti diano vita ad un
loro gruppo parlamentare federato a quello del M5s con patti di
consultazione e di azione comune ecc, poi alle europee si vedrà come
fare lista comune. Intanto ciascuno sarà libero di prendere le
iniziative politiche che crede, con le regole interne che preferisce e
così, almeno, si eviterà di perdere tempo in una logorante ed eterna
diatriba interna, i dissidenti non saranno costretti ogni volta a
prendere le distanze dalle uscite di Grillo, si eviterà la spurale delle
accuse “traditori†contro “dittatoriâ€, e, soprattutto, terminata la
discussione sui rimborsi spesa ecc, si riprenderà a far politica.
(auspicabilmente solo un periodo) per poter lavorare insieme e non
dilaniarsi.
che, dopo il suo trionfale ingresso in Parlamento, sin qui non ha avuto
alcuna iniziativa di rilievo: non una proposta di legge, non un convegno
di studi, non una proposta di commissione parlamentare di inchiesta,
non la denuncia di uno scandalo di regime (e ce ne sarebbero….). Anche
gli interventi sulla fiducia al governo sono stati decisamente fiacchi,
perché, con ogni evidenza, la testa stava da tutt’altra parte.
(suppongo i parlamentari del M5s) non si debbano occupare di “strategiaâ€
cioè di alleanze, ma devono concentrarsi sui singoli problemi concreti.
Crimi è tanto una brava persona, ma ha bisogno di un corso intensivo di
formazione politica: le alleanze non sono “strategia†ma “tatticaâ€, la
strategia è l’obbiettivo finale che un movimento politico vuole
raggiungere (ad esempio, per il M5s, l’affermazione di un sistema
politico ispirato alla democrazia diretta); la tattica è il modo
concreto con cui si intende raggiungere il risultato finale: attraverso
alleanze, scansioni temporali, singole campagne ecc.
perché i cittadini (sia quelli comuni che quelli in laticlavio) non
debbano parlare anche di questo.
la sconfitta del M5s che riporta indietro di tre anni il quadro
politico, con l’opprimente bipolarismo Pdl-Pd. Il M5s è un soggetto
politico giovane che deve passare attraverso un processo di maturazione
che inevitabilmente sarà laborioso e tormentato, con cadute e riprese.
Sarebbe ingenuo aspettarsi (come sembra che i suoi leader abbiano
pensato) un cammino rapido e rettilineo che faccia passare il movimento
di successo in successo: la lotta politica non è via XX settembre che
porta dritti dritti da Porta Pia al Quirinale. E’ anzi probabile che il
M5s passerà attraverso rotture, ricomposizioni, confluenze.
dovesse sfociare in una sconfitta frontale e nella dissoluzione del
movimento sarebbe una sconfitta grave per tutti quelli che sperano di
cambiare questo paese. Sia detto senza tacere nessuna delle critiche
anche severe che il comportamento del M5s merita.
sbagli nel pensare ad una crescita del M5s intorno a sé stesso e senza
la formazione di forze politiche affini. Proprio sulla “politica delle
cose†(auspicata più volte da Crimi come dallo stesso Grillo), è
auspicabile che il M5s veda crescere forze politiche similari con cui
condurre battaglie insieme. Da questo punto di vista la nascita di un
nuovo soggetto di sinistra lontano dal Pd dovrebbe essere visto con
favore dal M5s esattamente come potrebbe esserlo la formazione di un
decente soggetto liberale che non sia il solito accrocco di affaristi e
delinquenti.
nostro marcio sistema politico possa passare solo attraverso la crescita
del M5s (che a mio modesto avviso, se non ha toccato la sua massima
capacità di espansione, poco ci manca). Ve lo vedete un M5s al 51%? Io
no.
militanti della sinistra radicale, aspirano alla fine di questo schifo
di sistema politico (e magari anche dello strapotere finanziario)
sbagliano a vedere nel M5s un freno che ingabbia la protesta (dove sono i
potenziali vettori di sinistra pronti a farlo? Io per ora non ne vedo
nessuno), un ostacolo e, per dirla schietta, un partito di destra che fa
finta di lottare contro il sistema. Forse non ve ne siete accorti, cari
amici e compagni, ma nell’elettorato e fra gli attivisti del M5s c’è
una componente di sinistra nettamente prevalente sulle altre. E fra i 20
punti programmatici del movimento –pur se in modo contraddittorio con
altri punti- molti sono perfettamente condivisibili dalla sinistra.
Peraltro il tema base del movimento (anche se declinato ancora in modo
piuttosto generico ed a tratti confuso), la democrazia diretta è un tema
tutto di sinistra.
sbanda, ha aspetti discutibili, possiamo rimproverargli non so quanti
errori, ma questo non toglie che, per la sinistra, esso può essere un
prezioso interlocutore ed una risorsa, molto più che un problema.
non significa tacere le critiche ed evitare di polemizzare anche
vivacemente, ma, per una volta, vogliamo ammettere che Grillo è riuscito
a raccogliere la protesta contro la crisi economica e il degrado della
nostra vita politica, mentre Vendola, Ferrero, Ingroia, Diliberto (i
giovani torchi del Pd non li considero nemmeno) ecc ecc, non ci sono
affatto riusciti, anzi vivacchiano quando non sono proprio falliti?
Allora, prima spieghiamoci questi fallimenti e dopo potremo fare tutte
le critiche che vogliamo a quelli che, bene o male, qualche risultato lo
hanno raccolto. O no?!