Front National primo partito francese?

La formula vincente dell’estrema destra frontista e le aporie della politica gauchiste. [Anna Lami]

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24 Ottobre 2013 - 18.35


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di Anna Lami

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Lo scorso 13 ottobre il candidato del Front National, Laurent Lopez ha battuto la gollista Catherine Delzers alle amministrative di Brignoles. Nonostante si tratti di un cantone di secondaria importanza, certo non utilizzabile come termometro nazionale, il dato politico saliente è che il Front National ha rotto il patto repubblicano di UMP e PS, rendendo inutile alla prova dei consensi la conventio ad excludendum d”oltralpe.

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Il partito di Marine Le Pen infatti ha percorso molta strada da quando venne costituito, nel 1972, dal padre Jean-Marie. Vivacchiando per il primo decennio, ha raggiunto un primo significativo successo politico nel 1992, quando ottenne circa il 13% dei suffragi in occasione della decisa campagna contro l’adesione francese al Trattato di Maastricht. Tuttavia, se alle legislative del 2007 il FN precipitò a poco più del 4%, quello fu l’anno della svolta.

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Come sottolineava Catherine Helbert dalle colonne di Le Monde due giorni orsono, se infatti nel 2007 la destra dell’UMP ha dirottato il voto del FN, allo stesso tempo il pensiero del Front National è stato parzialmente assorbito dal centro destra francese, che, al contempo, lo ha legittimato.

La linea Sarkozy di inseguire il Front National sul suo stesso terreno ha portato addirittura a metà settembre l’ex primo ministro François Fillon a dichiarare che, per sconfiggere il Partito Socialista, si può votare alternativamente UMP o FN. Peccato che rincorrere il Front National sul suo stesso terreno con il tempo ha portato l’UMP ad una forte crisi d’identità ed il Front National a non essere più un paria dell’offerta politica. Tanto che non pochi vip nazionali non nascondono più la loro preferenza per lo stesso.

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Il partito deve molto all’imprinting della leader figlia d’arte, che come abbiamo già scritto tempo addietro, è riuscita a modernizzare l’azienda di famiglia, rendendola appetibile anche ad una domanda politica non immediatamente sensibile alle sirene estremiste, senza però stravolgerne la sostanza politica.

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Innanzitutto, la coerenza paga. Ha pagato l’opposizione costante ai partiti sistemici, il non aver mai cercato (né del resto erano disposti a farlo UMP o altri) accordi con essi, denunciandone la corruzione e l’uguaglianza nei programmi fondamentali. Inoltre e soprattutto si sta dimostrando una carta vincente l’attacco all’Unione europea, all’euro, alla Bce, al Fondo Monetario Internazionale. Tanto che per il prossimo anno, il Fronte ha già annunciato di voler promuovere un referendum per l’uscita dall’Unione europea.

L’estrema destra frontista ha elaborato un’efficace formula i cui ingredienti vanno da un rinnovato ruolo della donna (dimenticatevi lo stereotipo del viril fascista, nel Front National sono moltissime le candidate di sesso femminile, tanto da raggiungere spesso il 25-30% delle candidature alla municipali, spesso e volentieri come capolista), ad un razzismo ripulito dai connotati più beceri e presentato come preferenza ai cittadini francesi.

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Tanto che più volte il Front National ha adottato misure punitive nei confronti dei suoi militanti più focosi: negli scorsi giorni ha sospeso Anne-Sophie Leclère, candidata alle municipali di marzo 2014 nelle Ardenne, per aver postato su facebook una foto del ministro della Giustizia Christiane Taubira accanto a quella di una scimmia.

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Nei contenuti, però, il Front National non ha mutato natura: chiusura delle frontiere, rimpatrio immediato di tutti i clandestini, smantellamento di tutti i campi rom, rifiuto del trattato di Schengen (in vigore da gennaio 2014) sono i contenuti di una petizione nazionale in corso.

Il patriottismo neofascista francese vede anche, tra le sue attuali battaglie, l’opposizione strumentale al disegno di legge Fioraso che minaccerebbe, a sua idea, di relegare la lingua francese ad un ruolo subordinato rispetto all’inglese nell’insegnamento superiore ed universitario. E per strizzare l’occhio alla mai doma grandeur nazionale, dice no al pentimento continuo nei confronti del passato colonialista.

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Come ha ben evidenziato una recente indagine IFOP (Institut Francaise d’Opinion Publique), a contribuire al crescente successo del Front National c”è anche la capacità di differenziare il messaggio politico. Secondo tale studio, se il sostenitore tipo del Front National nel sud-est è tendenzialmente conservatore, medio borghese, anti-tasse, nel nord-ovest sono soprattutto i cittadini più attenti alle tematiche sociali ed anti-europeiste a scegliere il Front National.

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È ancora presto per dire con certezza come finirà questa vicenda, spesso e volentieri i sondaggi s’ingannano ed ingannano e sicuramente la sovraesposizione mediatica a cui tale organizzazione è esposta è una medaglia a due facce. Di sicuro l”avanzata dei movimenti di estrema destra in Europa è un dato di fatto, ed il rischio che la Francia si ritrovi ad uscire da destra dall”Unione europea non va affatto escluso.

Ora, ci sarebbe da chiedersi per quale ragione il malcontento sociale e i voti di protesta in Francia individuano come referente il FN e non forze della sinistra anticapitalista. Il Front de Gauche, creatura che non ha saputo trovare una sintesi delle sue anime all”altezza dei tempi, è quasi a rischio implosione, ed i suoi componenti sembrano ormai voler percorrere strade opposte.

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Sabato 19 ottobre, i militanti comunisti del PCF hanno scelto al 57% di fare una lista unica con i socialisti al primo turno delle municipali parigine, con il convinto appoggio del segretario Pierre Laurent.

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Ma com’è possibile risultare credibili oppositori dell”austerità e battersi contro la riforma delle pensioni per poi cercare l”alleanza con Hollande? Poco da dire sui partitini trotzkisti come Npa e Lutte Ouvriere, completamente estranei al sentire popolari , ancorati ai propri dogmi ideologici ed alla vana ricerca degli incomprensibili “stati uniti socialisti d”Europa”.

Fino a quando la sinistra francese non riuscirà a trovare la bussola capace di sganciarsi definitivamente dalla subalternità al Partito Socialista, di saldare in un”unico blocco sociale il proletariato autoctono ed immigrato, anziché limitarsi a denunce intrise di buonismo contro la crescente xenofobia (sempre più diffusa tra i ceti popolari), ad impugnare senza esitazioni la battaglia per una rottura da sinistra con questa Europa oligarchica, i consensi verso il populismo lepenista sono destinati a consolidarsi in modo preoccupante.

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