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I controllori della nostra Austerity, visti da vicino

Il manuale del perfetto funzionario si può leggere a Bruxelles sui volti di chi è chiamato a sorvegliare i nostri bilanci, ed eventualmente a spiegarli.

I controllori della nostra Austerity, visti da vicino
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6 Febbraio 2014 - 16.00


ATF

di
Alessandro Cisilin
.


BRUXELLES
– Rigorosi e puntuali, disponibili e non reticenti, mai un moto di
arroganza, semmai una vena di sofferenza nello snocciolare gli
sconfortanti scenari italiani.

Il
manuale del perfetto funzionario si può leggere a Bruxelles sui
volti delle donne e uomini chiamati a sorvegliare i nostri bilanci,
ed eventualmente a spiegarli. Parlano (
off
the records
) a colpi di slide
densi di cifre e grafici facili da leggere, ancor più
drammaticamente chiari dei recenti botta e risposta tra il
Commissario Olli Rehn e il premier Enrico Letta.


“Non
siamo gli ayatollah dell”austerità
”,
tengono a replicare, dopo l”accusa lanciata anche da Palazzo Chigi.


L”austerità
è solo l”esito di quei conti. Che non tornano. Il nodo cruciale è
sulla stima di crescita per il 2014. Roma prevede +1,1%, Bruxelles lo
0,7. Una differenza di quattro decimali che vuol dire qualche
migliaio di miliardi, ovvero la distanza tra i “
conti
a posto
” vantati dal governo, e
l”epiteto del “
poco credibile”
– ancor meno, nella fattispecie, di esecutivi precedenti –
sentenziato dalla Commissione.


Lo
scarto è tale da derubricare al rango dell”irrilevanza le diatribe
tra “
austerità”
e “
flessibilità”,
riesplose su quei 5 miliardi di “
clausola
di investimento
” che vengono per
ora negati all”Italia in assenza di modifiche di rilievo alle norme
finanziarie.

Pesa
l”abbandono dell”Imu, e pesa la perdurante incertezza circa i
risparmi e le entrate compensative, incluse
spending
review
e privatizzazioni, di cui,
lamentano a Bruxelles, si conoscono solo le parole.

Soprattutto,
pesa quell”enorme fardello debitorio da 133% del PIL, che potrebbe
addirittura allargarsi nel 2014. Altro che “
politiche
di crescita
”, la documentata
realtà è quella di un paese destinato per anni a dover produrre
avanzi fiscali primari. E ad aggravare il quadro, cӏ la (motivata)
scarsa fiducia che il nostro paese sia in grado di innescare
strategie di sviluppo. Così non è stato nello scorso ventennio,
anche quando – specie sotto i governi Berlusconi – l”Italia ha
allentato i cordoni di bilancio. E così non è stato a livello
regionale per quei fondi strutturali dell’Ue dissipati nella spesa
ordinaria o addirittura nel nulla anziché nell”investimento. I dati
sono ben noti ai nostri eurodeputati – specie a Giovanni La Via,
Nuovo Centrodestra, relatore dell”Assemblea sul bilancio europeo 2013
– i quali, pur tra qualche distinguo, sanno che le responsabilità
passate e future dimorano anzitutto a Roma. C”è però chi anche nel
contesto europeo “
la butta in
politica
”. È ad esempio il caso
di Guido Milana, piddino di solida formazione socialista, che accusa:
“
I funzionari della Commissione
sono per definizione conservatori chiamati ad applicare gli
orientamenti di centrodestra che ora prevalgono nei governi europei
”.

Gli
interessati ovviamente non si metterebbero mai a replicare, parlando
solo con dati e non commenti politici.

Cӏ
solo una circostanza in cui gli economisti di Bruxelles perdono
almeno lievemente l”aplomb. Alla domanda: “
Non
provate mai frustrazione a servire una politica economica scritta dai
Trattati anziché dalle esigenze anti-cicliche della congiuntura
economica reale e dalle sofferenze di decine di milioni di persone,
come avviene in altri contesti di altissimo debito, quali Stati Uniti
o Giappone
?”

Qui,
e solo qui la risposta si fa nervosa.

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