di Gennaro Carotenuto.
La vittoria di Dilma Rousseff in Brasile è netta e inequivocabile. Il
vantaggio in termini di voti è di oltre tre milioni e mezzo di suffragi
e la percentuale del 51,6% è migliore di quella con la quale è stato
rieletto due anni fa Barack Obama.
Il Partito dei Lavoratori riesce a mantenere la presidenza di una delle
maggiori economie del pianeta dopo un anno di guerra politica e
mediatica nella quale sono state tentate tutte (compreso probabilmente
l’omicidio politico) per delegittimarlo prima, dare un’apparenza di caos
e portarlo alla sconfitta.
Il trionfo di Dilma Rousseff è stato il più difficile ma
probabilmente il più importante, sconfiggendo il golpe mediatico e le
aspettative dei settori economici e politici che volevano archiviare le
politiche sociali che hanno strappato 50 milioni di brasiliani alla
povertà e il processo di integrazione latinoamericana e, una volta
insediato un nuovo governo neoliberale a Brasilia, tentare un effetto
domino per abbattere uno a uno gli altri governi progressisti che in
questi anni hanno beneficiato del soft power brasiliano ogni volta che
crisi locali o regionali si sono manifestate.
La mappa politica del Brasile parla ancora più chiaro disegnando la
linea di un conflitto che resta classista e novecentesco: il sud più
ricco ha votato per le destre, il nord povero ha votato per la sinistra.
Aecio Neves stravince a Sao Paulo col 64%, Dilma a Bahia col 69%. A RÃo
de Janeiro Dilma è al 55%, nel RÃo Grande do Sul (lo stato di Porto
Alegre) Aecio è al 53%.
Adesso Dilma Rousseff governerà altri quattro anni. La sua storia
personale è cristallina ma il compito che ha di fronte resta
difficilissimo con priorità che le tre amministrazioni passate non sono
riuscite a realizzare o hanno disatteso. 16 anni di governo popolare
dopo 500 anni di colonialismo restano un tempo brevissimo.
Fonte: http://www.gennarocarotenuto.it/27687-il-brasile-resta-a-sinistra/.
_________
Il riferimento del titolo è al discorso di Matteo Renzi al convegno della Leopolda del 26 ottobre 2014, quando ha liquidato il quadro delle vecchie forme del lavoro tutelato ereditate dal Novecento come la pretesa di voler mettere un gettone in un I-phone. (NdR)