Varoufakis: se non avessi molta paura, allora sì che sarei pericoloso | Megachip
Top

Varoufakis: se non avessi molta paura, allora sì che sarei pericoloso

Con gli occhi del mondo puntati su Atene, un ex accademico si è preso la scena. Con nessun piano B e niente da perdere, è pronto alla battaglia.

Varoufakis: se non avessi molta paura, allora sì che sarei pericoloso
Preroll

Redazione Modifica articolo

19 Febbraio 2015 - 21.27


ATF

di
Helena Smith

Con
gli occhi del mondo puntati su Atene, un ex accademico con un debole
per le giacche di pelle si è preso la scena. Con nessun piano B e
niente da perdere, è pronto alla battaglia: se poi tutto va male,
dice, tornerà semplicemente al suo libro.


Fino
a non molto tempo fa, è giusto dirlo, Yanis Varoufakis era
conosciuto a malapena; è anche vero che era una specie di celebrità
nel misterioso mondo dell”economia dell’austerità: le sue lucide
opinioni − diffuse attraverso blog, libri, tweet e conferenze −
sono state al centro di alcuni movimenti quando la Grecia sbandava
dentro e fuori la sua crisi del debito apparentemente infinita.

Ad
Atene, la città dove è nato e cresciuto, il professore di economia
aveva una cerchia di seguaci tra gli oppositori dell’austerità
dentro Syriza, il partito di estrema sinistra recentemente salito al
potere.

Quando
è scoppiata la crisi − e prima che partisse per le torri d”avorio
dell’Università del Texas di Austin − era un habitué dei
chiassosi talk show che dominano la televisione greca. Ma oltre a
questo, Yanis Varoufakis era soltanto… Yanis Varoufakis, nel senso
che in un contesto più ampio non era un nome così autorevole.
Quindi − quando ci incontriamo nel suo ufficio al sesto piano del
ministero delle Finanze, che ogni ministro di quel dicastero ha
occupato fin da quando è cominciato il grande dramma del debito
greco in Europa − la mia prima domanda è: come si sente? Yanis
Varoufakis, l”accademico neofita della politica, si trova
completamente a proprio agio nel suo nuovo ruolo di star?

Dopo
tutto, l’asticella è stata portata piuttosto in alto. Nello spazio
di tre brevi settimane è stato battezzato l”uomo europeo del
momento, accostato a eroi grandi e piccoli, paragonato a una
rockstar, salutato come un’icona sessuale, acclamato dalla moda, e
in Germania addirittura dipinto come il più grande uomo d’azione
transitato sul pianeta terra da quando Bruce Willis infiammò
Hollywood in Die Hard 6. Pochi hanno avuto uno stile di
comportamento e di abbigliamento così controllato fin nei minimi
particolari; quando ha posato con George Osborne a Downing Street,
con la giacca di pelle senza cravatta, in piedi, in netto contrasto
con il cancelliere dello Scacchiere, la stampa è rimasta senza fiato
come se un top model fosse piombato lì all’improvviso. «La Gran
Bretagna», ha dichiarato l’autorevolissimo Daily Telegraph,
«ha disperatamente bisogno di un politico che si presenti come Yanis
Varoufakis.»

È
davvero un cambiamento di stile di vita. Gli ha dato alla testa? La
risposta è immediata: «Le posso assicurare, Helena, che non è una
cosa che ho pianificato in alcun modo. Non sto facendo promozione.
Continuano a dire che vado in bici, ma io vado in bici da quando
avevo 15 anni. Sono semplicemente quello che sono.»

Chi
sia mai Varoufakis, naturalmente, è una domanda esplosiva che se la
fanno quelli dei piani alti si può ben perdonare. Da politico con il
compito di salvare la Grecia in questa sua ora più difficile, non è
senza conseguenze ciò che pensa, come si comporta e ciò che dice
questo economista radicale con i capelli rasati. Legato com’è alle
sorti dell’eurozona, il destino del suo paese è intrinsecamente
connesso all”economia globale. E lui ha paura? «Un po”» dice. «Se
non avessi molta paura, sarei davvero molto pericoloso.»

Varoufakis
è ben piazzato, in forma, attraente, un po” eccentrico, proprio come
appare dalla telecamera; ma ciò che un filmato non cattura è la sua
energia, la concentrazione, la forza. Un”ora in sua compagnia vi
porterà in molti posti: nel nostro caso, dalla teoria marxista alle
gioie del jazz; poi l’eurozona e la sua architettura incompiuta;
gusti sartoriali; nazismo; grandezza dell’America; politica
dell’austerità; trappole del debito; poesia; l’allenamento e la
tendenza di Varoufakis a tenere le mani in tasca (conseguenza di un
infortunio alla spalla).

L”accademico,
che aveva un fedele seguito nel circuito delle conferenze, pur
autodefinendosi un economista per caso, è dell”opinione che si
dovrebbe avere un parere su tutti indistintamente. È, dice, qualcosa
che ha imparato molto tempo fa: «Una volta uno studioso
di sinistra mi disse che come marxista devi fare due cose:
essere sempre ottimista e avere sempre un’opinione su tutto. Questo
consiglio mi sembra ancora buono.»

A
53 anni, Varoufakis è ancora certo di «capire meglio il mondo»
perché ha letto Marx, tuttavia non si considera più un irriducibile
di sinistra, sebbene altri possano pensarlo. Piuttosto, dice, è un
libertario o un marxista irregolare, che può ammirare lo splendore
del capitalismo ma è anche dolorosamente consapevole delle sue
contraddizioni intrinseche, proprio come lo è della «terribile
eredità» della sinistra. «È un sistema che produce enorme
ricchezza ed enorme povertà» dichiara l”economista che ha insegnato
nelle università di East Anglia, Cambridge, Glasgow e Sydney dopo
aver ottenuto il dottorato presso l’Università di Essex. «Non
credo che tu possa comprendere il capitalismo finché (e a meno che)
non capisci quelle contraddizioni e ti chiedi se il capitalismo sia
lo stato naturale. Io non penso che lo sia. Ecco perché sono un
socialista.»

Oltretutto,
Varoufakis è un iconoclasta, un sedicente anticonformista anche
idealista, «perché se non sei un idealista sei un cinico». E si
rammarica di aver perso un sacco di amici di sinistra che credono che
il Grexit, l”uscita della Grecia dal blocco dell’euro, sia
la soluzione migliore per il paese.

«Una
cosa è dire non saremmo dovuti entrare nell’euro, del tutto
un’altra è dire che dovremmo uscire dall”euro: se torniamo
indietro, cadiamo da un precipizio. Questo è il mio pensiero per
tutti.» L”Europa, insiste, è bloccata dalla Grecia, perché Atene
non andrà mai a chiedere di lasciare l”euro. Forse opportunamente,
il neoparlamentare − che ha doppia cittadinanza greco-australiana −
non ha la tessera di Syriza, il partito che oggi rappresenta nel
turbolento parlamento di Atene. L’ala militante di Syriza non vuole
nient’altro che uscire dall”unione monetaria.

Quando
ci incontriamo, Varoufakis è appena tornato da un rapido tour
politico che lo ha portato a Londra, Parigi, Roma, Francoforte,
Bruxelles e Berlino. Sono ormai le 22 quando arriva nel suo ufficio
con una bottiglia di coca-cola e una barretta di cioccolato in mano.
I bagagli del suo intimo amico Jamie Galbraith, noto professore di
economia, arrivato da Austin dove Varoufakis ha trascorso gli ultimi
tre anni come visiting professor, sono sparsi in tutta la
stanza. È stata una lunga giornata, cominciata alle 6 del mattino
con un po’ di pesi e stretching in palestra.

«Non
ho molto tempo» borbotta, prima di sbilanciarsi su come la moglie −
l”artista di installazioni Danae Stratou − sia ancora a Austin a
imballare le loro cose. «Non si può immaginare la pressione. È
incredibile.» Poi parte ed è difficile fermarlo.

La
specializzazione accademica di Varoufakis, giustamente, è la teoria
dei giochi. Galbraith, col quale è coautore di
Una
modesta proposta
, uno
studio che ha offerto varie idee per porre fine alla crisi dell”euro,
viene citato quando dice che Varoufakis è così acuto che «pensa
più di qualche passo avanti» nelle trattative con i creditori di
Atene: il significato sottinteso è che i suoi colleghi dell’eurozona
lo sottovalutano a loro rischio e pericolo. Che Varoufakis sia sicuro
di sé − e guidato dal convincimento del neofita di avere ragione −
non si può negare. Unico tra i ministri delle finanze, ha una sua
pagina Facebook dedicata ai proprio sostenitori che ha chiamato “V
for Varoufakis”.

Senza
un pizzico di autocommiserazione o incertezza, mi dice subito che è
«emotivamente coinvolto» da un”agenda internazionalista e quindi
stimolato da preoccupazioni per l’Europa e per il mondo. «Non
posso separare il destino del mio paese dal destino dell”Europa. Per
qualche motivo, un sacco di cose terribili cominciano qui e poi si
diffondono, e la guerra fredda è stata una. Non è stata inaugurata
a Berlino, è cominciata ad Atene nel dicembre 1944. Il contagio
nell’eurozona è iniziato qui nel 2010. Da europei, siamo
perfettamente in grado di rovinare le cose quando non è necessario.»

La
piccola Grecia racconta le cose così come sono: dopo cinque anni, il
farmaco prescritto dalla Germania − tesoriere dell’Europa − per
riparare i mali dello spreco selvaggio non ha funzionato. Invece la
nazione è diventata un”eco di sé stessa; la sua economia si è
ridotta di quasi un terzo, uno su quattro senza lavoro, uno su tre di
fronte alla prospettiva di vivere in condizioni di estrema povertà.

«Abbiamo
perso tutto» dice. «Ora possiamo far sentire al potere la voce
della verità. Ed è giunto il momento di farlo.»

Appena
si è insediato, ha cominciato a farlo. Non si è trattato di
ordinaria amministrazione, ha dichiarato, e Atene non collaborerà
con la corrotta “troika” dei creditori dell’UE, della BCE e del
FMI che hanno monitorato le finanze greche dalla liquidazione del
paese con la bancarotta nel 2010. A questo punto molti hanno
cominciato a chiedersi se la Grecia abbia perso, e se Varoufakis stia
perseguendo quella che nella teoria dei giochi è nota come la
strategia del pazzo: agisci follemente e il tuo nemico alla fine ti
dà ciò che vuoi. «Lo rispetto, ma mi preoccupa che lui veda tutto
ciò come un gigantesco esperimento per verificare le sue teorie»
sospira Kyriakos Mitsotakis, il ministro della riforma amministrativa
nel precedente governo conservatore. «Va tutto bene per lui.
Probabilmente va avanti per ottenere un lavoro come star
dell’economia. Per il paese, però, sarebbe un disastro.»

Ma
trovarsi faccia a faccia con la cruda realtà della responsabilità
di governo ha avuto anche un effetto calmante. Varoufakis, la cui
ginnastica linguistica ha incluso espressioni come «waterboarding
fiscale», usato per descrivere gli effetti devastanti dell’austerità
simili all’annegamento simulato, ha attenuato la sua retorica. Lui
non sta cercando lo scontro, assicura, sta cercando giustizia. E
giustizia non significa un nuovo governo greco di sinistra che firmi
una dichiarazione che rinneghi la propria critica del programma di
salvataggio del paese che è stato costretto ad attuare in modo così
disastroso.

«Siamo
un partito di sinistra, ma quello che stiamo mettendo sul tavolo è
essenzialmente il programma di un avvocato fallimentare riformista
dalla City di Londra» dice. «Il piano di salvataggio non era un
piano di salvataggio della Grecia nel 2010, era un piano di
salvataggio delle banche tedesche e francesi. I cittadini tedeschi
sono stati indotti a pensare che quel denaro fosse destinato ai
Greci, i greci sono stati indotti a pensare che quella fosse la
salvezza.»

Ma
riconosce anche che, nonostante la strategia del rischio calcolato e
le pose, è giunto il momento di trovare soluzioni per salvare la
faccia. La Grecia ha solo bisogno di «un po”di tempo», un prestito
ponte che conceda lo spazio fiscale per elaborare il miglior piano
possibile per cosa fare dopo. I creditori possono chiamarlo come
vogliono. «Se fossimo un’azienda, non sarebbe logico a questo
punto chiedere una revisione del nostro business plan?» chiede.
«Fateci trovare le parole giuste per salvare la faccia, una via
d’uscita per salvare la faccia. Siamo bravi in questo in Europa,
gli eufemismi sono la nostra forza… ma ahimè, la risposta è “no,
cӏ un procedimento, e se non si firma sulla linea tratteggiata si
scatenerà l”inferno”.»

Anche
per gli standard di coloro che prima occupavano il sesto piano del
ministero delle Finanze, il mandato di Varoufakis arriva in un
momento particolarmente pesante. Con una quota di salvataggio del
paese a 240 miliardi di euro − la più grande della storia mondiale
– che scadrà alla fine di febbraio, e l”elettorato greco che ha
respinto l”austerità quasi all’unanimità, la Grecia è a un
bivio.

In
un clima di pressione ad alto numero di ottani − sebbene il suo
linguaggio si sia ammorbidito, la cancelliera tedesca Angela Merkel
questa settimana ha mostrato pochi segni di cedimento in tempi brevi
− la possibilità di errore politico, o incidente, cresce ogni
giorno. Solo quest”anno, Atene deve qualcosa come 25 miliardi di euro
in rimborsi, e quel che è certo è che non dispone di cifre del
genere.

Quando
chiedo a Varoufakis se abbia un piano B, dato che tutti i negoziatori
hanno certamente un”alternativa possibile, lui mi guarda con gli
occhi spalancati: «Sentiamo continuamente “Se non firmate sulla
linea tratteggiata ci sarà l’Apocalisse”. La mia risposta è
“Lasciamo che accada!” Non esiste un piano di ripiego. Questo è
il mio piano B.»

E
se succede? chiedo, mentre le immagini del caos di una bancarotta
sfarfallano senz”altro attraverso la mia mente. «Beh, è come
chiedermi cosa succederebbe se una cometa colpisse la Terra. Non ne
ho idea. Nessuna!» replica.

Varoufakis
è il primo a dire che nessuno dovrebbe crescere troppo legato al
potere. Non ha voglia di stare al sesto piano del ministero delle
Finanze più del necessario. Ha rinunciato alla scorta, all”esercito
di consulenti che in questo lavoro sono naturali (rinuncia a loro per
consentire la riassunzione delle donne delle pulizie licenziate dal
Ministero) e a tutte e tre le vetture a sua disposizione. Se perdesse
il lavoro, dice, non sarebbe un problema. «Quando gli interlocutori
mi minacciano di far cadere questo governo, perché lo fanno, io dico
“Provaci”» sorride. «Voglio dire, io davvero non voglio stare
in questo ufficio… Tornerò al mio libro sull’Europa, che non è
ancora finito. È molto difficile trovare un finale mentre sono
impegnato in questo lavoro.»

Pochi
giorni dopo passo davanti a Varoufakis e Galbraith fuori dal
ministero, in piazza Syntagma. È tardi, ed entrambi stanno
camminando sotto la pioggia battente verso un parcheggio di taxi.
Sento il politico greco, zaino in spalla, entusiasta per il boom di
vendite del suo libro. Nonostante tutto, è felice. E non molto
diverso dallo Yanis Varoufakis che è sempre stato.

Traduzione per Megachip a cura di Emilio Marco Piano.

[GotoHome_Torna alla Home Page]

Native

Articoli correlati