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Quale è lo spazio politico del M5s?

'Limitiamoci a porci il problema di quale debba essere l’allocazione del M5s nello spazio politico: l''unica soluzione possibile è lo spazio di sinistra per molte ragioni. [Aldo Giannuli]'

Quale è lo spazio politico del M5s?
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11 Marzo 2015 - 17.59


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di Aldo Giannuli

Il M5s sta attraversando una fase difficile, come sempre lo sono le trasformazioni: da bruco non si diventa farfalla, senza passare per lo stadio problematico della crisalide. I movimenti di protesta nascono nel “punto zero” (o di “confusione”) di un sistema politico, ma, se non vogliono implodere, devono poi definirsi occupando una posizione precisa nello spazio politico, soprattutto se intendono trasformarlo.

Il momento dell’arrembaggio alle istituzioni è finito con la forte affermazione del 2013; ora, per costituirsi in alternativa di governo credibile, il M5s deve darsi stabilità organizzativa, proposta politica complessiva, carattere sistematico dell’azione ecc. Tutte cose che implicano una riflessione profonda sulla propria funzione a cominciare dal proprio posizionamento nel sistema politico. E su questo vorrei spendere qualche parola, partendo da una domanda: nella descrizione dello spazio politico, dove si deve collocare il M5s?

Assumiamo per dato che il M5s si propone tendenzialmente come una forza politica antisistema, sia per la sua critica al sistema economico (opposizione all’Euro, al potere della finanza ecc) che per la sua critica a quello politico (opposizione alle burocrazie politiche, proposte di democrazia diretta ecc.).

Questo però ci dice ancora poco sulla natura del movimento, perché ci si può opporre ad un sistema politico da destra o da sinistra: ad esempio, nel 1919-20 il sistema liberale parlamentare era sfidato da una alternativa di sistema di destra (i fascisti) ed una di sinistra (socialisti e comunisti). Qui conviene fare qualche precisazione terminologica, perché spesso i termini destra e sinistra sono usati abbastanza a sproposito e, di qui, dipende la litania del “né di destra, né di sinistra, siamo altro”, che spesso i nuovi movimenti ripetono.

L’uso di questi termini ha una doppia funzione: una di tipo topico ed avalutativo ed una di carattere valutativo, dove si giudicano i contenuti valoriali di un movimento.

Nel primo senso, possiamo fare l’esempio di scegliere “dove andarsi a sedere nell’emiciclo parlamentare”. I concetti di destra e di sinistra, in questo senso, sono puramente geometrici: dato uno spazio definito, esiste un lato destro ed un lato sinistro, separati da uno spazio di centro (che di solito rappresenta il punto di vista più interno al sistema). Ed è ovvio che, in questo senso, si tratti di concetti relativi: i liberali erano a sinistra del potere assolutistico che volevano sovvertire, ma divennero poi destra rispetto al movimento socialista, e potremmo fare molti altri esempi. Ovviamente ci si può collocare come destra o sinistra interne al sistema politico (come accade per le posizioni riformiste) o come esterne al sistema (come accade per i movimenti radicali che intendono non migliorare ma sostituire un sistema), ma non ci si può collocare “fuori dallo spazio politico” se si vuole agire politicamente ed anche questo spazio ha una sua sinistra ed una sua destra.

In secondo luogo, la funzione valoriale: anche i valori possono essere allocati spazialmente sulla base di convenzioni storicamente formate. I concetti di destra e di sinistra si formano durante la rivoluzione francese, quando i rivoluzionari (sia giacobini che girondini) sedevano a sinistra dell’emiciclo e, siccome i loro valori comuni erano quelli di eguaglianza, libertà e fraternità, contrapposti ai valori disegualitari ed assolutistici del vecchio regime, rappresentati da chi sedeva a destra dell’emiciclo, convenzionalmente i movimenti egualitari e libertari vennero considerati di sinistra ed il loro contrario di destra. Per la verità, con gli sviluppi storici successivi, la partizione si complicò, perché la discriminante principale divenne l’eguaglianza, mentre la linea di divisione sulla libertà si fece assai meno costante, essendoci settori di sinistra spiccatamente autoritari ed antilibertari come lo stalinismo, e settori di centro e di destra fedeli ai valori di libertà come ad esempio i liberali. Qui il discorso si farebbe molto più lungo e complicato ma lo riprenderemo in un’altra occasione.

Limitiamoci a porci il problema di quale debba essere l’allocazione del M5s nello spazio politico. Abbiamo detto in uno spazio antisistema, il che esclude una collocazione di centro che, per definizione, non può essere antisistema. Al M5s non resta altra soluzione possibile che lo spazio di sinistra per molte ragioni:

a – perché la maggior parte delle sue tematiche (la democrazia diretta, la critica del sistema finanziario, la difesa del sistema elettorale proporzionale, la lotta alla corruzione, l’egualitarismo espresso dallo slogan “che nessuno resti indietro”, la lotta per la trasparenza dello Stato e la limitazione del segreto di Stato, il pacifismo ecc.) sono da sempre temi classicamente sostenuti da correnti della sinistra (ad esempio la democrazia diretta è un tema classico degli anarchici e delle correnti libertarie e spontaneiste della sinistra; il sistema elettorale proporzionale è stato sempre sostenuto da socialisti e comunisti; la critica alle diseguaglianze sociali è un tema tipico di tutta la sinistra ecc.)

b – perché la parte originaria della sua base ed ancor oggi la parte preponderante di essa, proviene da sinistra

c – perché il M5s è nato in opposizione dichiarata al berlusconismo ed al governo della destra, accusando il Pd di non fare una opposizione efficace e dunque come opposizione radicale al governo di destra (solo successivamente si è rivolto anche contro il Pd, in particolare dopo l’osceno accordo del Nazareno)

d – perché è implicitamente percepito dagli osservatori come un movimento collocato a sinistra: anche nelle rappresentazioni grafiche, il “giallo” del M5s è regolarmente collocato a sinistra del Pd e, peraltro, lì sono andati a sedersi i parlamentari del movimento.

Ma soprattutto per un motivo: il settore di destra è affollato non solo dalla diaspora dell’ex Pdl e dalla Lega, ma per lo spostamento del Pd che ormai occupa uno spazio prevalentemente di destra, lasciando conseguentemente sguarnita la rappresentanza di sinistra.

A sinistra oggi c’è un grande vuoto: la cd sinistra bersaniana è solo una foglia di fico che copre le vergogne di Renzi, i civatiani sono ottime persone, ma hanno un seguito troppo piccolo per rappresentare adeguatamente la sinistra, altrettanto può dirsi di Sel, che, per di più, manca di coraggio e di dinamismo politico, per cui non si schioda da quel 3-4%, Rifondazione è solo un cadavere politico. Dunque, a sinistra c’è un amplissimo spazio scoperto da occupare.

Si può capire che, in una prima fase il M5s abbia preferito non caratterizzarsi in questo senso, per non scoraggiare quegli elettori di destra (più spesso leghisti) che volevano qualcosa di diverso, ma le elezioni europee hanno segnalato il ritorno alla Lega di gran parte di quegli elettori e non sembra che gli ex di Fi, di Ncd o di An siano interessati ad un movimento come quello di Grillo. Dunque, c’è poco da raccogliere mantenendo una collocazione incerta – e diciamo pure ambigua -, mentre ritardare una definizione chiara di sé potrebbe costare molto sia in termini politici di efficacia della propria azione, che in termini elettorali.

Però, sgomberiamo, il campo da un equivoco: essere di sinistra non significa essere parenti del Pd e destinati ad allearsi con esso, in quanto eredi del Pci e della sua tradizione ideologica. Questa è una fesseria, sia perché la sinistra ha anche altre tradizioni culturali (socialisti, anarchici, azionisti ecc.) ed è sempre possibile che nascano nuovi filoni ideologici, sia perché il Pd c’entra con il Pci come Marcinkus con i dodici Apostoli.

Semmai dovremmo chiarire un altro punto: perché i militanti di sinistra hanno un atteggiamento così isterico ed acido nei confronti del M5s? Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.

(9 marzo 2015)

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