«Lei sostiene il Grexit (l’uscita della Grecia dall’Euro)?». Se un giorno me lo chiedesse un Charles Michel qualsiasi (per fortuna è poco probabile), lo manderei a quel paese [Charles Michel è il premier belga]. Gli direi che sono per l’annullamento del debito greco e il diritto del governo greco di farla finita con l’austerità , come glielo hanno chiesto i suoi elettori e le sue elettrici, e come lo ha confermato il 61% dei greci con il referendum. Che non si conti su di me per appoggiare gli Schäuble, Dijsselbloem, Van Overtveldt e altri «veri finlandesi» che vogliono sbattere fuori la Grecia dal loro club perché non è abbastanza ricca per i loro gusti. Questa mi sembra l’unica risposta degna di un militante di sinistra, internazionalista, partigiano del diritto democratico dei popoli all’autodeterminazione.
Ma quando mi fa la stessa domanda un militante di sinistra (per fortuna è più frequente), la mia risposta è diversa. Inizio col dire che il diritto democratico del popolo greco all’autodeterminazione gli conferisce il diritto di lasciare questo club dove i ricchi lo spremono come un limone, pongono il suo paese sotto tutela, si appropriano delle sue ricchezze, e per di più lo umiliano. E vado oltre: constatando che un numero crescente di compagni in Grecia caldeggiano il Grexit, dico che hanno ragione.
Una questione politica praticaPenso che i militanti nella sinistra di Syriza e nelle forze alleate, collegati con una resistenza sociale di fronte al terzo mortifero memorandum, devono lottare per darsi un governo di sinistra radicale davvero radicale. Un governo che affronterà le istituzioni dell’UE prendendo al più presto tutte le misure anticapitalistiche concrete e indispensabili al bene della maggioranza sociale, sapendo che ciò costringerà gli altri governi dell’UE ad escluderlo dall’Euro. Così che 1°) aumenti la possibilità che questo Grexit possa svolgersi nelle condizioni e al momento in cui l’avrà deciso il governo greco, il che presuppone anche la preparazione di parecchi decreti da proporre immediatamente (una specie di stato di emergenza costituzionale e legale); 2°) provocherà il massimo di danni alla macchina da guerra capitalistica che è l’Unione Europea.
Perché una tale risposta? Perché nel contesto concreto di oggi – per avere una mossa in anticipo su un’uscita obbligata decisa de facto dagli effetti cumulati del terzo memorandum e/o le decisioni diistanze dell’UE – non c’è semplicemente un’altra soluzione per difendere al meglio (bisognerebbe dire «al meno peggio») gli interessi di lavoratori e lavoratrici, contadine/i, pensionate/i e dei giovani dellaGrecia. Non è una questione ideologica, nel senso in cui vogliono farlo credere i detrattori di sinistradel Grexit, ma una questione pratica.
È meglio anticipareL’accordo che l’Eurogruppo ha imposto a Tsipras (e che Tsipras ha imposto al popolo greco contro la maggioranza dei membri della direzione del proprio partito, grazie all’appoggio della destra e del PASOK!) non fa altro che peggiorare la situazione che ha spinto Schäuble e gli altri a volere l’espulsione della Grecia dall’Euro. Le misure previste aumenteranno la disoccupazione, la depressione e l’esodo, gli avanzi primari voluti nell’accordo non saranno realizzati, la privatizzazione degli attivi non darà i risultati aspettati e l’alleggerimento del debito non basterà (comunque l’accordo esclude qualsiasi diminuzione del suo valore nominale). Quindi la Grecia sprofonderà sempre più nel marasma. A breve, gli «ordoliberali» rimetteranno il Grexit sul tappeto, in condizioni ancora peggiori per il popolo greco.
È meglio anticipare, mentre ci sono ancora alcuni margini di manovra. È meglio anticipare anche per motivi politici. Il fatto che il gruppo attorno a Tsipras abbia tradito il «NO», e si sia alleato ai partiti del SÌ, il fatto che un’intera casta politica si ricomponga in tal modo per accettare una politica infame, indegna ed umiliante, che calpesta i principi elementari della democrazia, rischia di aprire una strada maestra ai neonazisti di Alba dorata. La minaccia è reale. Ciò pone tutte le forze di sinistra che hanno fatto campagna per il «NO» di fronte alla responsabilità storica di unirsi adesso per dare una risposta sociale alle legittime aspirazioni alla sovranità popolare. Si tratta di approfittare del fatto che la sinistra gode ancora di un’ampia maggioranza nel paese. Si tratta di approfittare del fatto che la «crisi nazionale» greca (nel senso in cui l’intendeva Lenin, cioè «una crisi dell’intera nazione») è radicata nel sociale, per rimettere all’ordine del giorno la prospettiva di un governo che la farà davvero finita con i memorandum. Bisogna farlo traendo la lezione principale dei sei mesi scorsi, cioè: è impossibile uscire dalle pastoie del liberismo tramite un accordo negoziato nel rispetto delle regole dell’Eurozona.
Vedere in faccia la realtà dell’isolamentoBisogna preparare al più presto un Grexit di sinistra. Non per tornare a un’Europa degli Stati nazionali, quindi, non per «sovranismo», ma perché la classe operaia e i giovani greci, da anni, e ancora di più da sei mesi, rimangono drammaticamente isolati nella loro lotta coraggiosa.
La vittoria elettorale di Syriza, nello scorso gennaio, ha aperto una breccia nella cappa dell’austerità che schiaccia e soffoca il mondo del lavoro nell’insieme del continente. Ma dire che le direzioni tradizionali del movimento operaio e della sinistra non hanno fatto niente per allargare questa breccia è dire poco: hanno fatto di tutto per richiuderla. La CES è giunta fino a sconfessare il referendum e a fare appello di fatto per il SÌ. Le sfumature fra partiti socialdemocratici del Nord e del Sud dell’Europa sono rimaste nel registro della divisione delle parti fra poliziotti buoni e cattivi. E la sinistra della sinistra, sia politica che sindacale, è stata incapace di cambiare questa situazione. È una constatazione dolorosa ma inevitabile.
Podemos in aiuto?Si obietterà che Podemos arriva in aiuto e che la sua vittoria elettorale cambierà la distribuzione delle carte. Tutti e tutte speriamo in questa vittoria, come abbiamo sperato in quella di Syriza ovviamente. Ma, oltre il fatto che non è certa, non è neppur certo che sbocchi su uno scenario diverso da quello concretizzatosi in Grecia da sei mesi.
Pablo Iglesias ha dichiarato che appoggia l’accettazione del terzo memorandum da parte di Tsipras: ciò dimostra per lo meno un serio problema di orientamento. Un primo test sarà quello della gestione di città come Madrid e Barcellona. Certo c’è una sinistra in Podemos, come in Syriza, e l’evoluzione possibile di questo partito, considerata la sua origine, è forse più aperta di quella di Syriza. Pertanto la domanda tattica che si pone è in realtà la seguente: la prospettiva di un Grexit di sinistra (siccome l’uscita dell’Euro non può farsi in quattro e quattr’otto) consoliderebbe Podemos come forza di rottura o piuttosto favorirebbe il suo allineamento «neoriformista»?
Propendiamo per la prima risposta. Perché se il Grexit è concepito chiaramente come un atto dirottura contro l’austerità , e di rivolta contro il dispotismo, favorirà la presa di coscienza e incoraggerà la mobilitazione. Nello stesso modo in cui la breve campagna per il «NO» al referendum, poiché appariva come un atto di rottura, ha aumentato qualitativamente il livello di solidarietà con il popolo greco negli altri paesi dell’UE.
Un Grexit internazionalistaSignifica che il Grexit di sinistra può e deve essere un Grexit internazionalista. Un modo per i lavoratori e le lavoratrici e i giovani di Grecia di dire ai loro fratelli e sorelle dell’intera Europa: spiacenti, non abbiamo più altra scelta che questa; speriamo di scatenare una lotta comune contro l’Europa del capitale, ma capiamo le vostre difficoltà , la disuguaglianza delle situazioni e dei ritmi, gli ostacoli che dovete affrontare; però non fraintendete le nostre intenzioni; la nostra prospettiva rimane quella di rovesciare l’UE con voi per costruire assieme un’altra Europa; perciò rimaniamo solidali con le vostre lotte e vi chiediamo di rimanere solidali con la nostra; ne avremo molto bisogno poichéa ndiamo verso prove difficili.
Non sarà una passeggiataIl Grexit infatti non sarà una passeggiata. Le difficoltà saranno immense, sopratutto nei primi tempi. Il solo mezzo per affrontarle sarà di condurre davvero una politica completamente diversa, di tipo ecosocialista. Vari economisti di sinistra in Syriza hanno formulato una serie di proposte concrete perquello scopo, a livello economico.
Ma il fondo della questione è politico, stimolare l’autorganizzazione e l’autogestione nei quartieri, nei paesi; ispirarsi al «bilancio partecipativo» di Porto Alegre (nel periodo migliore); costruire comitati popolari di controllo dei prezzi (con pubblicazione su un sito web); ridurre le disuguaglianze sociali e lottare contro la burocrazia; favorire l’emancipazione delle donne; integrare i migranti irregolari,guadagnarsi l’appoggio dei piccoli contadini sviluppando un progetto di sovranità alimentare in rottura con l’agrobusiness (circuiti brevi, collaborazioni consumatori/produttori); accelerare la transizione energetica verso le rinnovabili e l’efficienza; organizzare la produzione di medicinali generici; sviluppare un altro turismo e… approfittare del turismo come di una leva per fare pressione sulle opinioni pubbliche in Europa. Sono soltanto esempi. Non sta a noi scrivere il programma, i compagnidella Grecia ci penseranno e, all’occorrenza andremo a scuola da loro.
Una via più tortuosa del previsto ma non ce n’è un’altraL’idea che un paese possa rompere con l’Euro è spesso un tabù nella sinistra anti-UE ed internazionalista della quale facciamo parte. Non perché nutriremmo illusioni sull’UE, non perché crederemmo alla possibilità di «cambiare l’UE» o di creare una «Europa sociale» nel quadro dell’UE, ma perché la nostra prospettiva è distruggere l’UE per sostituirvi un’altra Europa – democratica, sociale, generosa: gli Stati Uniti socialisti d’Europa, l’unico livello dove si possa realisticamente considerare di operare alternative anticapitaliste coerenti. La divisione profonda fra paesi – peggioratadall’UE – ci costringe oggi, nel caso greco, a infrangere questo tabù e considerare una via più tortuosa verso il nostro obiettivo. Non ne consegue assolutamente che raccomanderemo un Frexit, un Brexit, un Italexit o che altro. Ma si tratta di aprire una via d’uscita concreta per il popolo greco strangolato, e purtroppo non ce ne sono altre.
(21 luglio 2015)Traduzione di A. Marie Mounie da [url”http://www.lcr-lagauche.org”]http://www.lcr-lagauche.org[/url], ripreso anche da [url”Sinistra Anticapitalista”]http://anticapitalista.org/[/url]
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