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ha perso le cruciali elezioni legislative nello Stato Spagnolo è facile
comprenderlo. Il Partito Popolare, che nel 2011 aveva ottenuto 10.866.566 voti
– cioè il 44,63% e la maggioranza assoluta dei seggi, ben 186 – è stato
ampiamente punito dall’elettorato chiamato alle urne per rinnovare il
Parlamento di Madrid. A spoglio ultimato la destra ottiene 7.215.530 voti, cioè
il 28,72% e 123 seggi.
la prima volta nella storia della ‘giovane democrazia spagnola’ (come piace ai
media definire 40 anni di transizione incompiuta dal franchismo alla monarchia
parlamentare attuale) non è il principale partito di opposizione a beneficiare
dell’ampia debacle del partito al governo. I socialisti del Psoe, infatti, sono
anche loro calati nettamente, scendendo dal 28.76% di quattro anni fa al 22,
ottenendo 90 seggi contro i 110 che avevano nelle Cortes precedenti. Un calo,
in termini reali, da 7.003.511 a 5.530.693 voti.
i due partiti che si sono spartiti il potere negli ultimi decenni sono passati
da 296 seggi – e da quasi 18 milioni di voti, il 73% – a 213 seggi – e soli
12,7 milioni di voti, poco più del 50% dei suffragi emessi. Il tradizionale sistema
dell’alternanza tra PP e PSOE è stato letteralmente demolito dalle elezioni di
ieri, conseguenza di un voto di protesta di milioni di cittadini contro i due
partiti considerati responsabili delle misure antisociali adottate dai governi
Zapatero prima e da quello Rajoy dopo sotto dettatura della Troika.
PP e Psoe devono essere considerati inequivocabilmente gli sconfitti dal voto
di ieri, è altrettanto vero che si tratta di sconfitte relative. La destra
storica rimane infatti primo partito con una quota vicina al 30%, e grazie ad
una legge elettorale cucita apposta sulle necessità del sistema dell’alternanza
conquista una consistente pattuglia parlamentare.
Anche i socialisti, pur nel
forte e storico rinculo, rimangono sopra il 20% ed evitano lo scenario greco
dove i cugini del Pasok sono stati ridotti ad una presenza quasi insignificante
nel parlamento di Atene. Considerato che Grecia e Spagna sono i più importanti
paesi sottoposti in questi ultimi anni al controllo della Troika e a
pesantissime politiche di austerity, il rischio era consistente.
PP e Psoe non sono quindi ‘sconfitti assoluti’, sul fronte opposto anche
Podemos e Ciudadanos non possono essere considerati ‘vincitori assoluti’.
vittoria di Podemos c’è stata ed è innegabile, dimostrando in parte quella
rimonta che i sondaggi della vigilia presagivano. Ma il partito nato pochissimi
anni fa con caratteristiche ‘antisistema’ e via via moderatosi e conformatosi
agli angusti recinti dati della politica e dell’economia, non ha sfondato a tal
punto da impensierire direttamente né il PP né il Psoe, partiti ai quali pure
ha sottratto una consistente quota di elettori (soprattutto ai socialisti). Il
simbolo di Podemos è stato votato in tutto lo stato da 3.181.952 elettori, il
che equivale al 12.67% e a 42 seggi. I media italiani, e incredibilmente anche
alcuni iberici, durante la maratona elettorale di ieri sera hanno creato una
enorme confusione sul risultato reale del partito di Pablo Iglesias, contando
nel mucchio di Podemos anche i seggi conquistati in alcune comunità autonome
dalle liste formate da questo movimento insieme a partiti e coalizioni locali:
En Comù Podem che in Catalogna ha conquistato 12 seggi (il 3.69% a livello
statale); la coalizione tra Podemos, Compromis ed altri gruppi che a Valencia
ha preso 9 seggi (il 2.67%) e infine quella che in Galizia ha riunito Podemos e
alcuni raggruppamenti locali – ‘En Marea’ – che si è affermata con 6 seggi
(l’1.63% a livello statale).
Solo una parte di questi 34 seggi possono e devono
essere attribuiti a Podemos a livello nazionale, perché una parte di questi
sono espressione di movimenti regionali di centrosinistra, sinistra e
federalisti, alcuni dei quali con forte radicamento e tradizione.
Podemos
quindi non ha conquistato 76 seggi, come invece riportato da numerosi
quotidiani e telegiornali. Quota che comunque non gli avrebbe permesso di
sopravanzare i socialisti né in termini di eletti, né in termini percentuali
(20.66) né in termini di voti assoluti (5.189.333).
A livello locale, Podemos o
le coalizioni che ne vedono la presenza diventano comunque prima forza nella
Comunità Autonoma Basca e in Catalogna, oltre che in altre regioni.
la cosiddetta ‘Podemos di destra’, cioè il movimento liberista e nazionalista
spagnolo Ciudadanos si è affermato nei termini che i sondaggi prevedevano. Il
cosiddetto ‘Partito della Cittadinanza’ ha ottenuto il 13.93% con 3 milioni e
mezzo di voti – sottratti principalmente al PP – e solo 40 seggi. Troppo pochi
per definirsi, almeno per ora, il sostituto dei popolari nella sempre più
complessa geografia politica iberica, ma anche per rappresentare una stampella
che riporti la destra ‘storica’ al potere. Da notare che in Catalogna, dove
Ciutadans era nato nove anni fa nel tentativo di bloccare l”ascesa del nazionalismo
catalano, il partito di Albert Rivera prende un magrissimo 13%, mentre i
sondaggi lo davano in cima alla classifica o poco sotto.
risultato per Izquierda Unida – Unidad Popular. La coalizione di sinistra,
scossa da litigi interni e da scissioni continue (tutte verso destra) e messa
in ombra dall’ascesa di Podemos passa da 11 a 2 seggi, conquistati entrambi
nella regione di Madrid. La formazione guidata dal giovane Alberto Garzòn si
dimezza, passando da 1.686.040 (6,92%) a 923.105 voti (il 3,67%), diventando
praticamente ininfluente nel nuovo parlamento statale.
quanto riguarda le altre formazioni, da notare la consistente affermazione dei
socialdemocratici indipendentisti catalani di Esquerra Republicana, che da 3
seggi passano a 9 (grazie anche all’assenza nelle elezioni statali della
sinistra indipendentista radicale, visto che la Cup ha deciso di non
presentarsi favorendo la sinistra moderata rappresentata da ERC e da En Comù
della sindaca di Barcellona Ada Colau). Risultato pessimo, invece, per i
liberalnazionalisti catalani di Democracia i llibertat (di fatto Convegenca
Democratica di Artur Mas sotto mentite spoglie) che ottiene solo 8 seggi
rispetto ai 16 che aveva conquistato nel 2011.
storico per la coalizione indipendentista basca, quella che contiene Sortu, il
partito erede di Batasuna. La volta scorsa la coalizione Amaiur aveva
conquistato ben 7 seggi tra Comunità Autonoma Basca e Navarra, (diventando
prima forza nella CAV) mentre questa volta si ferma solo a due rappresentanti.
Una sconfitta netta anche dal punto di vista percentuale e dei voti assoluti,
da 334.498 voti (1,37%) a 218.467(0,87%). Sempre nel Paese Basco i
democristiani-liberali del Partito Nazionalista Basco soffrono l’exploit di
Podemos ma reggono, conquistando 301.585 voti, l’1,20%, e 6 seggi contro i 5
della volta scorsa (324.317 e 1,33%).
invece gli indipendentisti galiziani di sinistra di Nòs- Candidatura Galega che
perdono i 2 seggi conquistati nel 2011.
notare che la giornata elettorale di ieri ha visto una consistente
mobilitazione dell’elettorato, con una crescita del tasso di partecipazione dal
69 al 73.2%. Non solo è calata sensibilmente l’astensione, ma anche la quota di
schede nulle o bianche è scesa di più di un terzo, segno che questa volta una
quota consistente di cittadini ha considerato le elezioni un momento importante
per esprimere il proprio parere, la propria indicazione. Risultato delle
durissime conseguenze sociali generate dalla cura da cavallo targata Troika e
dall’emergere di nuove forze politiche in un panorama blindato e bloccato
dall’alternanza tra centrosinistra e centrodestra che sembra essere stata
mandata in soffitta.
che i numeri usciti dalle urne consegnano un quadro di sostanziale
ingovernabilità del nuovo parlamento. Come detto, un’alleanza tra la vecchia e
la nuova destra non ha i numeri per ottenere la maggioranza assoluta, e
difficilmente altre forze parlamentari potranno sommare i propri seggi a quelli
del PP e di Ciudadanos per superare l’asticella dei 176 scanni.
un’alleanza che costringa i popolari all’opposizione tra tutte le forze
politiche di centrosinistra, sinistra e ‘anticasta’ sembra assai improbabile. I
numeri, sommando Psoe, Podemos, le coalizioni locali formate da Podemos e movimenti
di centrosinistra e federalisti, e Ciudadanos, ci sarebbero anche. Ma pensare
che un governo formato da realtà politiche così dissimili possa durare più di
qualche settimana è assai azzardato.
ecco quindi spuntare due ipotesi più probabili.
O una “grande coalizione†tra
gli eterni rivali del PP e del Psoe, che hanno programmi simili e potrebbero
contare sul placet di un’Unione Europea fortemente interessata ad un governo
stabile che continui a tenere dritta la barra dell’austerità , delle privatizzazioni,
della precarizzazione del mondo del lavoro.
Oppure lo scioglimento tra qualche
mese del parlamento appena eletto e il ritorno alle urne, nella speranza che
questa volta ne esca un quadro meno frammentato e più governabile.
A favore del
primo scenario gioca una tendenza che sembra egemone in un numero sempre
maggiore di paesi dell’Unione Europea, dove i partiti di centrodestra e
centrosinistra ricorrono ad alleanze fino a poco fa ritenute ‘innaturali’ pur
di formare governi stabili in grado di affrontare le difficili sfide
determinate dalla gestione della crisi e dall’emergere di movimenti politici e
di opinione di diversa natura – di estrema destra, nazionalisti, populisti –
che contestano alcuni tratti del processo di gerarchizzazione e centralizzazione
continentale mettendo a rischio la ‘stabilità ’ dei rispettivi sistemi politici.
Fonte: [url”http://www.contropiano.org/internazionale/item/34403-spagna-fine-del-bipartitismo-ma-non-vince-nessuno”]http://www.contropiano.org/internazionale/item/34403-spagna-fine-del-bipartitismo-ma-non-vince-nessuno[/url]
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