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'Elezioni, i veri numeri dei ''trionfi'''

Ma quanto pesano i voti reali dei cittadini? (e scusate per tutte queste cifre, ma vi sorprenderanno) [Pietro Pani]

'Elezioni, i veri numeri dei ''trionfi'''
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21 Giugno 2016 - 21.12


ATF

di
Pietro Pani
.

All”indomani di una tornata elettorale rispolvero
il mio consueto vizio di guardare alle cifre dei voti effettivamente presi dai
candidati e dai sindaci eletti, più che alle percentuali con cui hanno
prevalso. Così metterò in evidenza due dati emblematici e sorprendenti.

Li ho ricavati considerando i 7 Comuni capoluogo di Regione andati al voto.

Il primo dato – per chi sapeva osservarlo –
era emerso già l”anno scorso dopo le Regionali, ossia il peso reale del consenso che ogni sindaco ha rispetto
all”elettorato
della sua città.

È un calcolo facile: si prendono i voti che hanno eletto il sindaco e li
si mette in relazione con il numero totale
degli elettori
di ciascuna città.

ROMA

Raggi 770.546 su
2.363.776 elettori (32,6%)

MILANO

Sala: 264.481 su
1.006.701 elettori (26,3%)

NAPOLI

De Magistris: 185.907
su 788.291 elettori (23,6%)

TORINO

Appendino: 202.764
su 695.740 elettori (29,1%)

BOLOGNA

Merola: 83.907
su 300.586 elettori (27,9%)

TRIESTE

Di Piazza: 44.845
su 185.312 elettori (24,2%)

CAGLIARI

Zedda: 39.900 su 134.408 elettori (29,7%)

Insomma in queste città, tra cui figurano le
4 città più grandi d”Italia, i Sindaci (in qualche caso definiti «trionfatori»)
assommano appena un milione e mezzo di
voti su poco meno di 5 milioni e mezzo di cittadini elettori
. In nessun
caso un sindaco riesce ad avere il consenso di almeno 1 elettore su 3 (ci si
avvicina solo la Raggi) e in due casi (Napoli e Trieste) il Sindaco eletto non
ha il consenso di 3 elettori su 4.

Il secondo
dato
che voglio proporvi è un po” più particolare, ma assai rivelatore. Ho
voluto vedere la differenza tra il numero di voti che hanno determinato le
vittorie e ‘trionfi’ di questi sindaci
e, nelle stesse città, quelli che hanno segnato la ‘pesante sconfitta’ dei SI al referendum sulle trivelle di aprile.

ROMA

Raggi: 770.546       SI:
640.634 (+ 16,5%)

MILANO

Sala: 264.481       SI: 231.568
(+ 12,4%)

NAPOLI

De Magistris: 185.907
     
SI: 177.817 (+ 4,4%)

TORINO

Appendino: 202.764
     
SI: 197.238 (+ 2,7%)

BOLOGNA

Merola: 83.907
     
SI: 85.546 (- 2,0%)

TRIESTE

Di Piazza: 44.845
     
SI: 43.707 (+ 2,5%)

CAGLIARI

Zedda: 39.900       SI: 42.448
(- 6,4 %)

Insomma il rapido e clamoroso passaggio da
una «bruciante sconfitta» ad aprile (come fu politicamente definito il
risultato colto dai promotori del referendum) fino alle 7 importanti vittorie di
giugno (tra cui qualche «trionfo») è dovuto al fatto che i sindaci eletti oggi
hanno aggiunto un consenso complessivo di appena
174.000 voti in più
(di cui 130.000 nella sola Roma) calcolati su una
platea di 5,5 milioni di cittadini.

La percezione del mutamento radicale dello scenario tra sconfitta e vittoria si
gioca quindi su una base ristrettissima di
voti
.

(Sottolineo che a Cagliari e a Bologna il
consenso ai due sindaci eletti è inferiore di quello ai SI del referendum di
aprile.)

Ognuno faccia, se lo ritiene utile, le sue
considerazioni su questi pochi dati. Io credo che interroghino la politica e tutti
i cittadini su una trasformazione delle
basi della democrazia
. Una trasformazione per certi versi pericolosa, se
ancora attribuiamo peso a concetti come partecipazione
e consenso, all’idea di sovranità del popolo nella quale molti
di noi sono cresciuti.

Abbiamo bisogno prima di tutto di ricostruire
questa idea di partecipazione e questo tessuto democratico che si sta
pericolosamente e silenziosamente restringendo, e non invece di costruire alchimie elettorali o forzature costituzionali per
determinare, in nome di governabilità o efficienza (non mi si parli di
modernità per cortesia…) poteri sempre
più forti e sempre meno democraticamente legittimati
.

È un tema che dovremmo portare nella campagna
referendaria per il NO alla riforma
di Renzi.

E a chi interessa, credo che possa essere la
prima riflessione per chi voglia riaprire lo spazio nel panorama politico
italiano per le idee e la riorganizzazione – anche qui senza scorciatoie –
della Sinistra.

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