di Alternativa NordOvest
L’anno scorso, sul sito di Alternativa NordOvest ci occupammo dell’analisi del voto a Torino. In quell’occasione, trionfò il Movimento Cinque Stelle capitanato da Chiara Appendino, che raccolse gran parte dei consensi nei quartieri periferici del capoluogo piemontese, ottenendo una forte legittimazione popolare in quelle aree urbane tradizionalmente appannaggio della sinistra.
A distanza di un anno si è votato 150 chilometri più a sud, a Genova, per il rinnovo del Consiglio comunale. Città natale del Partito Socialista Italiano nel 1892, Genova è sempre stata caratterizzata da una forte anima di sinistra, che si può già rintracciare negli ideali repubblicani di Giuseppe Mazzini in epoca sabauda, e trova la massima espressione nella resistenza partigiana del periodo 1943-45, che valse al capoluogo ligure la medaglia d’oro al valor militare.
Poco incline ai cambiamenti di casacca, anche in epoca recente, nonostante la deindustrializzazione e il progressivo “scolorimento” delle forze politiche progressiste, Genova è rimasta saldamente legata al centrosinistra, forse più per convinzione idealistica che per fiducia nei suoi esponenti. Negli ultimi anni però, lo scollamento tra i vertici del centrosinistra e la popolazione ha assunto dimensioni tali che l’esito delle ultime elezioni amministrative non deve affatto sorprendere. Vediamo alcuni fattori-chiave delle amministrative genovesi.
DESTRA SOCIALE? – Guardando al quadro nazionale, molti analisti evocano il ritorno del vecchio re della destra italiana, Berlusconi. Il centrodestra però, almeno a Genova, ha vinto soprattutto grazie alla spinta della Lega, che conquista ben nove seggi in Consiglio, anche se non è da sottovalutare il bel risultato della lista civica del candidato sindaco Marco Bucci, che ne conquista sei, uno più di Forza Italia. Il leader leghista Matteo Salvini si è speso notevolmente in campagna elettorale, andando nei quartieri popolari dove il disagio sociale è ai massimi livelli. Significativa è stata la visita di Salvini a Begato, dove buona parte dei residenti è seguita dai servizi sociali e l’abusivismo abitativo è un problema diffuso.
E proprio qui, tra i palazzoni dell’edilizia popolare, è fortissimo lo scollegamento tra il PD renziano, proiettato a cercare consensi nei circoli finanziari, e la gente comune. Salvini, accolto con grande benevolenza anche in altri quartieri degradati, non ha avuto timore di mescolarsi ai residenti e di visitare situazioni particolarmente critiche. Il centrodestra a traino leghista, secondo lo schema unitario promosso dal governatore regionale Toti, ha intercettato i malumori e i mugugni dei genovesi più esposti al degrado e al disagio sociale, fenomeni cresciuti esponenzialmente nell’ultimo decennio, in cui la crisi economica e altri fenomeni caratteristici hanno contribuito ad alzare di molto il livello dello scontento e la percezione di insicurezza.
UN SINDACO-MANAGER – Viste le premesse, si potrebbe pensare a un programma improntato su caratteri di destra sociale. Per quanto quest’anima non manchi nella nuova amministrazione, il sindaco Marco Bucci è però un manager con esperienze in multinazionali americane e svizzere, non un “masaniello” di borgata. Il clou del suo programma di governo riguarda le misure per attrarre investimenti da fuori città, con un occhio di riguardo particolare per il rilancio del porto, da sempre il vero nodo vitale di Genova. Uomo organico al liberismo, Marco Bucci sostiene che il sindaco è da considerarsi un manager, con degli obiettivi precisi dati dal suo ruolo istituzionale. La via alla soluzione dei problemi sociali più sentiti dai genovesi – sicurezza, disoccupazione, gestione del ciclo dei rifiuti, decoro urbano – secondo il modello di centrodestra ideato dal governatore Toti passa da soluzioni tipiche del berlusconismo, ossia attraverso ricette socio-economiche neoliberali.
L’ECLISSI DELLA SINISTRA – Analizzando in dettaglio gli esiti del ballottaggio, si nota che le circoscrizioni tradizionalmente a vocazione industriale che ancora “reggono” a livello sociale, come il Medio Ponente e il Ponente, hanno dato fiducia al centrosinistra, pur con un margine ridottissimo, che evidenzia la crisi di una sinistra che, specie durante l’amministrazione Doria, ha perso il contatto con i suoi territori di maggior influenza. Scorporando il voto per quartieri, si nota peraltro che Cornigliano, pezzo importante della circoscrizione Medio Ponente e della storia operaia della città, ha premiato Bucci. La Lega (pardon, la coalizione di centrodestra) si è imposta anche a Sampierdarena, altro storico tassello della Genova industriale e portuale, flagellata da anni da vari problemi di sicurezza (droga, prostituzione, gioco d’azzardo) e da tensioni con le numerose comunità di immigrati che la popolano. Bucci ha ottenuto la maggioranza anche in altri quartieri popolari come San Fruttuoso, Oregina, Marassi, e può vantare percentuali bulgare nei quartieri “ricchi” del Levante, dove però il centrodestra, qui storicamente trainato da Forza Italia, ha sempre goduto di buona salute. La differenza l’ha fatta lo slittamento a destra – rimarchiamo, in particolare verso l’area leghista – delle circoscrizioni storicamente legate alla sinistra perché espressione di una Genova operaia che oggi fatica a costruirsi un’identità, assediata dagli effetti della devastante crisi economica cominciata nel 2008 e dalla globalizzazione di uomini e merci, che ha colpito duramente le aziende locali (si pensi al caso della Piaggio, storica eccellenza locale).
E’ probabile che il colpo di grazia al centrosinistra sia venuto dalla cattiva gestione dell’alluvione del 2014, oltre che dai guai giudiziari dell’ex sindaco Vincenzi per l’alluvione del 2011, due eventi tragici ravvicinati che hanno segnato il morale dei genovesi.
TRE PARTI DI GRILLO – Per concludere, vale la pena spendere qualche parola sul Movimento Cinque Stelle. I giornali nazionali hanno rimarcato il “flop del Movimento nella città di Grillo”, ma il 18% abbondante raccolto dai pentastellati al primo turno, viste le premesse, non è un risultato trascurabile ed evidenzia una forma di radicamento dell’elettorato (gli elettori del Movimento sono aumentati di oltre 5000 unità rispetto al 2012). Le “comunarie” avevano visto la vittoria di Marika Cassimatis, poi destituita da Grillo con un perentorio “fidatevi di me” che aveva scatenato caos e polemiche nella base. Con la fuoriuscita dal Movimento anche del consigliere comunale Paolo Putti, poi fondatore della lista Chiamami Genova assieme a pezzi della sinistra radicale (sponsorizzata anche dal sindaco di Napoli De Magistris), si sono presentati alle elezioni tre diversi progetti riconducibili, direttamente o indirettamente, al Movimento: la lista ufficiale del M5S, capitanata da Luca Pirondini, Chiamami Genova di Paolo Putti e la lista civica della Cassimatis, che si è vista dar ragione dal tribunale in merito alla sua esclusione d’autorità da parte di Grillo, ma che non ha potuto comunque presentarsi sotto le insegne del M5S. Cassimatis si è fermata all’1% delle preferenze, mentre Putti, anche grazie ai voti di Rifondazione, Possibile e Sinistra Italiana, ha agguantato un seggio in Consiglio, attestandosi poco sotto al 5%.
In ogni caso, il M5S non è riuscito a ripetere a Genova quel che ha fatto nella vicina Torino: intercettare appieno lo scontento dei quartieri popolari. In quello, come abbiamo visto, è riuscita con grande profitto la Lega Nord, grazie anche a un Salvini onnipresente. Da notare che al ballottaggio gran parte dell’elettorato “grillino” – in rapporto di circa 3 a 1 – ha preferito Bucci a Crivello.
1 GENOVESE SU 2 PREFERISCE IL MARE – E’ probabile che il “pasticciaccio brutto” dei candidati M5S abbia avuto conseguenze soprattutto sull’astensionismo: livelli record al primo turno, con il 48,39% dei votanti (diminuzione di sette punti percentuali rispetto al 2012). L’astensionismo è stato più contenuto, in proporzione, al ballottaggio (-2,46% rispetto al primo turno). Resta però l’immagine di una città che da una parte compie un cambiamento importante, dall’altro ha perso fiducia nella politica: 1 genovese su 2, di fatto, non si sente rappresentato da partiti e movimenti, vecchi e nuovi, e ai riti della democrazia elettiva preferisce una delle tante spiagge della sua città.