di Paolo Bartolini
Nelle ultime settimane, in prossimità delle elezioni, si stanno moltiplicando polarizzazioni politiche giocate sui presunti e opposti estremismi. Soprattutto da destra, approfittando di un clima favorevole ai gesti squadristi e all’uso della violenza, giungono prove “muscolari” dei neofascisti autoproclamatisi difensori delle italiche genti contro l’invasione dei migranti e la corruzione del ceto politico tutto. E’ di non molte ore fa l’accoltellamento di un attivista di Potere al Popolo, intento ad affiggere dei manifesti elettorali. Sul versante opposto, là dove una narrativa mainstream già rodata individua gli estremisti uguali e contrari (rossi invece che neri), si registrano pruriti alle mani e voglia di confronti a muso duro con i nostalgici del duce. Queste schermaglie e scaramucce, che tanto scaramucce non sembrano più, possono certo essere lette come una contemporanea forma di utileidiotismo. Le compagini di centro-destra e centro-sinistra sembrerebbero decisamente più civili per l’elettore medio che non ama — a ragione — botte da orbi, odori di ricino e sangue per strada (mentre scrivevo mi è venuto in mente Salvini e i pilastri del ragionamento hanno scricchiolato non poco).
Liquidare gli ultimi eventi come cretinismo di ritorno, coincidenza degli opposti, violenza connaturata ad alcuni umani geneticamente tarati, mi pare non solo semplicistico ma pericoloso. Io, in questo ritorno di pulsioni fasciste tollerate da una parte crescente dell’opinione pubblica, e di reazioni imprecise e controproducenti (se non vergognose come dimostra l’accanirsi a Palermo di molti contro un uomo solo), vedo esattamente il ritorno del rimosso del capitalismo contemporaneo, quello che gode dell’ideologia che dà come indistinguibili destra e sinistra, che non accetta orientamenti netti perché vive di un fluidissimo pensiero unico, senza oppositori, senza alternative. Un pensiero che, se non fossimo ciechi e un filo rimbambiti, riconosceremmo come un pensiero di destra al culmine del suo successo. Allora gli eventi a cui stiamo assistendo assumono un senso psicosociale più sottile, non riducibile alle trame di chi, dietro le quinte, fomenta strategie della tensione.
Dinnanzi a noi, dopo il tramonto delle sinistre storiche, abbiamo una destra antipopolare, serva solo degli affari e di chi detiene denaro e potere, una destra “trasversale” che domina attraverso il neoliberismo da almeno quarant’anni plasmando l’immaginario collettivo; ma abbiamo anche una destra vecchia maniera che si propone infiammando lo scontento delle classi medie e subalterne puntando il dito sul capro espiatorio di sempre: il povero, quello con la pelle scura, lo straniero, il diverso. Costoro amano identità rigide, virili, scarsamente conciliabili con il soggetto nomadico iperconsumista promosso dall’odierna cultura di massa. Ecco allora che la farsa diventa tragedia: l’alternativa alla destra sarebbe… un’altra destra! Quanto più le differenze si annacquano e l’omologazione si diffonde, tanto più la psiche collettiva reagisce con quelli che sono, alla lettera, degli incubi ovvero dei messaggi di allarme che ci spronano a riconoscere la presenza di un problema vero, estremamente pericoloso per la tenuta della società nel suo insieme. I neofascismi sono questo.
Nella sinistra radicale, invece, se non si cede alla tentazione di appiattirsi sullo schemino tratteggiato dal mainstream, potrebbe nascere qualcosa di interessante, ma solo se si entra nello spazio vergine della consapevolezza. Esiste infatti, nelle viscere di un popolo malmenato dalla sorte, dai politici degli ultimi decenni e dalla propria cattiva coscienza, un desiderio confuso e turbolento di alternativa al sistema. Potrà raccogliere questo desiderio e farlo fiorire solo un impegno prolungato che tenga insieme critica al liberismo, antifascismo reale (ovvero un antifascismo dai modi non-fascisti), presenza sui territori, promozione della nonviolenza, cultura e innovazione sociale. Qualcosa che sia riconoscibile come puramente differente dal buio del tecnocapitalismo, buio nuovissimo e pauroso perché fondato sul culto della luce, del calcolo razionale, del controllo totale sui corpi e sulle anime.
Se un futuro c’è per la sinistra, sarà interamente nella capacità di offrire un’alternativa, nei comportamenti, nei pensieri e nei progetti, a questo gioco falsissimo che il potere ha imbastito per convincerci che esiste solo l’orizzonte della fine della storia o del ritorno a un nazifascismo 2.0.