di Dafni Ruscetta.
Il caso della nave Diciotti sta a dimostrare, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che Salvini non stava scherzando nei mesi scorsi. E bisognava pur mettere in conto una situazione simile, il ministro dell’Interno deve pur aver preteso qualcosa in cambio per rendere possibile la formazione del nuovo governo. Un approccio pragmatico sulla questione immigrazione è da tempo auspicabile, ma non certo al di fuori dei confini umanitari che uno Stato deve garantire. E ora i nodi vengono al pettine.
Qualche esponente del M5S (rappresentanti istituzionali, ma anche semplici attivisti di provenienza da area di sinistra) inizia a mostrare insofferenza nelle pagine dei social networks, con commenti anche aspri, verso alcune azioni ed esternazioni di Matteo Salvini e della Lega. Dubito che fino a pochi mesi fa, quando un governo giallo-verde doveva ancora realizzarsi, dai vertici del M5S si sarebbe tollerata una critica così aperta nei confronti del futuro alleato di governo; alleato che, giova ricordarlo ancora una volta, non ha mai fatto segreto di quello che avrebbe realizzato in tema di immigrazione, in materia fiscale e anche di sicurezza, anzi avendo da subito abbozzato un chiaro disegno politico, sociale e culturale in questo senso.
Perché, dunque, scandalizzarsi solo adesso di quanto sta accadendo, a pochi mesi dall’insediamento del nuovo esecutivo? Non erano sufficienti le boutade pre-elettorali del leader leghista per capire che si sarebbe concretizzato un governo fortemente spostato a destra? Occorreva che l’opinione pubblica moderata si indignasse di fronte all’evidente forzatura della nave Diciotti, o di fronte al ‘dipinto’ dei poveri migranti come ‘croceristi di lusso’?
Dopo un’attenta analisi è prevedibile, d’altra parte, che questa ipotetica strategia di critica diffusa nei confronti del leader padano – sebbene il capo politico del Movimento si astenga da qualsiasi giudizio in prima persona, probabilmente per non irritare l’attuale alleato – possa rappresentare un segnale ben preciso: l’inizio di una nuova e imminente campagna elettorale o lo spostamento dell’asse di governo. E’ verosimile che il M5S si sia reso conto – considerata la dispersione elettorale del PD e della sinistra in generale – di poter ambire, nel breve periodo, a intercettare gran parte di quel bacino, ormai terrorizzato dalla reale prospettiva di un trentennio salviniano. O, perlomeno, è possibile che i pentastellati stiano valutando un nuovo assetto di governo spostato più a sinistra, con l’eventuale assunzione di responsabilità anche da parte di quella parte politica (PD compreso questa volta).
Alcune dichiarazioni o commenti, all’interno della galassia grillina, in aperto contrasto con la Lega potrebbero essere pertanto parte di una strategia atta a sperimentare le reazioni di quell’elettorato, come a preparare il terreno a un eventuale rovesciamento del tavolo. Se Salvini continuasse a fare la primadonna e ad aumentare i propri consensi, alla lunga questo danneggerebbe i pentastellati che, a quel punto, potrebbero usare l’alibi dell’impossibilità di continuare a seguire l’alleato nella sua battaglia contro lo straniero che arriva dal mare, cavalcando l’onda del malumore dei tanti moderati preoccupati dalla possibile escalation. Questo presuppone, tuttavia, un ulteriore lavoro di preparazione del terreno prima di staccare la spina: affrettarsi nel frattempo a far approvare tutte quelle misure – reddito di cittadinanza e ripristino dell’art. 18 fra tutti – capaci di rassicurare e fidelizzare quella parte di elettori.
Ciò che preoccupa molti, in questa situazione, è constatare come l’arroganza della prosopopea leghista aumenti di giorno in giorno i favori del corpo elettorale, almeno a leggere i sondaggi. L’analisi socio-culturale del berlusconismo (ma anche del ventennio mussoliniano), d’altra parte, ha già mostrato come il popolo italiano – in momenti di crisi globale – riesca a farsi facilmente sedurre da dei leader autoritari. Se questa tendenza dovesse confermarsi nei prossimi mesi, con conseguenze imprevedibili, dovremo ringraziare chi ha saputo condire questo bel ‘ragù politico’ (altro che terza Repubblica…), preferendo una radicale alleanza di governo a una più equilibrata realpolitik di ritorno alle urne.