'Non solo sauditi. In seno all''establishment USA diverse tesi sulle entità statali che hanno sostenuto i mega-attentati dell''11/9. Cosa si muove lassù? [Maurizio Blondet]'
Accusa i neocon con nomi e cognomi: Paul Wolfowitz allora viceministro al Pentagono, l’israelo-americano Michael Chertoff, il rabbino Dov Zakheim (numero 3 al Pentagono) di essersi infiltrati nel governo Bsh jr. e di aver organizzato, su istigazione di Israele, il mega attentato dell’11 Settembre 2001.
Steve Pieczenik corregge: sì, c’è stata la cooperazione di “agenti sauditiâ€, ma il mandante principale è Israele, insiste nell’intervista. Egli si dichiara disposto a testimoniare sotto giuramento davanti a un tribunale federale e rivelare lì le sue fonti, fra cui (dice) “un generaleâ€.
L’importanza del testimone non può essere sottovalutata. Il dottor Pieczenik (è psichiatra) fu in Italia nel marzo del 1978 e per tutti i 55 giorni del sequestro di Aldo Moro da parte delle BR; speditovi dall’allora segretario di Stato Cyrus Vance, si inserì nel Comitato di Crisi allestito da Cossiga allora ministro dell’Interno (a fianco del criminologo Franco Ferracuti, l’esperto in difesa e sicurezza Stefano Silvestri, una grafologa e il magistrato Renato Squillante); ufficialmente per dare la sua esperta assistenza al salvataggio del politico italiano e negoziare con le Brigate Rosse. In realtà , come a rivelato in un libro nel 2008, per assicurarsi che Moro non ne uscisse vivo: gli Usa avevano deciso che Moro doveva essere “sacrificato†per garantire “la stabilità dell’Italia†(nella Nato).
“Sacrificammo Aldo Moroâ€
Intervistato da France 5, e poi da Gianni Minoli a Mixer 24nel novembre 2013, Steve Pieczenik , ha confermato tutto: per esempio raccontando che silurò l’iniziativa di Paolo VI di raccogliere una grossa somma ( pare di dieci miliardi di lire), per pagare un riscatto. “Stavamo chiudendo tutti i possibili canali attraverso cui Moro avrebbe potuto essere rilasciato. Non era per Aldo Moro in quanto uomo: la posta in gioco erano le Brigate rosse e il processo di destabilizzazione dell’Italiaâ€. Chiese Minoli: ‘Sostanzialmente, lei fin dal primo giorno ha pensato e ha detto a Cossiga: Moro deve morire’. “Evidente – rispose il consulente – Cossiga se ne rese conto solo nelle ultime settimane. Aldo Moro era il fulcro da sacrificare attorno al quale ruotava la salvezza dell’Italiaâ€. Sic.
Per questo la Procura di Roma, nel 2014, ha accusato l’americano di concorso in omicidio. E Gero Grassi, vicepresidente dei deputati PD che voleva una nuova commissione d’indagine sul caso, disse: “Steve Pieczenikstava al ministero dell’Interno per manipolare le Brigate rossee arrivare all’omicidio di Aldo Moro“.
Non è stata la sua unica impresa. Nel Dipartimento di Stato ai tempi di Reagan, il dottore è stato incaricato di architettare il “cambio di regime†a Panama, ossia il rovesciamento di Noriega (che lo accusò apertamenTe di essere “un assassino†che aveva ucciso vari suoi collaboratori). Ufficialmente capo-negoziatore in una quantità di prese di ostaggi e dirottamenti (ad opera di FARC colombiane, Abu Nidal, Idi Amin, OLP) ha contribuito a creare la Delta Force il gruppo di teste di cuoio di intervento rapido in situazioni di crisi. Ha dato le dimissioni quando fallì il tentativo di liberare gli ostaggi americani nell’ambasciata di Teheran; decisione del presidente Carter , ma probabilmente scacco suo, del dottor Pieczenik. S’è rifatto però una carriera di successo ideando trame di thriller per Tom Clancy.
“Il vero Bin Laden è morto dal 2001â€
Nel 2011 è tornato sotto i riflettori per denunciare che la “cattura di Bin Laden†messa a segno ad Abbottabad in Pakistan e passata come un grande successo del presidente Obama, era stata tutta una messinscena (ne abbiamo avuto tutti il sospetto): il vero Bin Laden, secondo lui, è morto fin dal 2001, di sindrome di Marfan.
Può esserci una lotta di informazione e contro-informazione all’interno stesso dello “Stato profondo†americano? Ceto è che i media americani sono scatenati in esibizioni di spregio verso i monarchi wahabiti: “Royal Scumâ€, feccia regale, titolava il New York Daily News qualche giorno fa. Tanto insolito “coraggio†deve essere autorizzato.
Con grande dispetto dell’Establishment, Trump non raccoglie voti solo tra i rozzi arretrati operai bianchi di basso reddito che odiano gli immigrati messicani e lo sentono volgare come loro. Negli exit polls delle primarie in Pennsylvania, Maryland, Delaware, Connecticut e Rhode Island – dove ha trionfato – s’è visto che hanno scelto lui la metà degli elettori repubblicani con alto titolo di studio e con reddito di 100 mila dollari annui: il suo discorso di politica estera ha convinto proprio la classe media benestante. Questo per l’elettorato repubblicano. Quanto a quello democratico: “Continuo a incontrare gente che non sa decidere se votare Bernie Sander oppure Donald Trumpâ€, ha confessato al Baltimore Sun Robert Reich, ex ministro del lavoro sotto Bill Clinton e uomo molto di sinistra (nella misura statunitense). L’elettorato di “sinistraâ€, quello che ha favorito Sanders il “socialistaâ€, sta pensando di votare Trump, non Hillary. Forse è proprio la grande liberazione da Israel….
NOTA
Paul Wolfowitz,vice-segretario alla Difesa dal gennaio 2001al giugno 2005, è stato l‘allievo di Leo Strauss, il filosofo dei neocon, un interessante mix di Nietzsche e di Talmud; ha elaborato la “dottrina Wolfowitzâ€, che promoveva il riarmo totale della unica superpotenza rimasta ee preconizzava le guerre sferrate dopo l’11 Settembre fino ad oggi. Dov Zakheim, oltre che rabbino, è stato amministratore delegato della ditta di armamenti System Planning Corporation, che fornisce radar militari, e droni da usare come bersaglio durante le esercitazioni dei caccia. Se gli aerei che si avventarono sulle Twin Tower erano teleguidati, come si è ipotizzato, erano usciti dalla sua fabbrica. Michael Chertoff, drigeva la divisione penale del Dipartimento della Giustizia Usa al momento dell’attentato dell’11 Settembre. Fu quindi lui a condurre, pilotare e “controllare†le indagini.
Pieczenik dichiarò ad Emmanuel Amara, un giornalista investigativo francese, nel libro-intervista Abbiamo ucciso Aldo Moro:
«Francesco Cossiga ha approvato la quasi totalità delle mie scelte. Moro era disperato e doveva senza dubbio fare ai suoi carcerieri rivelazioni importanti su uomini politici come Andreotti. È stato allora che Cossiga e io ci siamo detti che era arrivato il momento di mettere le BR con le spalle al muro. Abbandonare Moro e lasciare che morisse con le sue rivelazioni.Sono stato io a preparare la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro, allo scopo di stabilizzare la situazione italiana».
Una piena rivendicazione della logica che ha ispirato la strategia della tensione.
L”articolo odierno su Pieczenik fa un riferimento a una rogatoria italiana rivolta alle autorità statunitensi. Se rievochiamo la cronaca del settembre 2013 dovremmo dedurre che si tratti dell”indagine del pm Luca Palamara, titolare del più recente procedimento aperto sul sequestro e l”omicidio dello statista democristiano.
Eppure, data l”abilità e l”opacità con cui Pieczenik abitualmente imprime gli effetti del suo “spin” mediatico, è d”obbligo chiedersi cosa veramente voglia muovere, e se ci siano in ballo ricatti legati alla gestione di trattative controverse più recenti, come pure lascia presagire l”autore dell”articolo.
La carriera di Pieczenik non si era certo fermata al caso Moro. Lavorò «con Saddam Hussein, quand”era nostro alleato, e contro Saddam, quando non lo era più»; guidò la squadra dei negoziatori durante gl”incontri israelo-egiziani di Camp David; partecipò alla trattativa durante la crisi degli ostaggi USA in Iran nel 1979; fu mandato dal governo americano a comunicare a Manuel Noriega che doveva andarsene da Panama, e tante altre cose ancora.
In Barack Obush ci divertiamo a snocciolare i picchi più bizzarri della sua fiammeggiante carriera: «E se molti dei lettori possono vantare alcune altre caratteristiche in comune con Pieczenik – come, ad esempio, essere maestri di pianoforte, essere nati all”Avana da madre ebrea russa e padre polacco, crescere a Tolosa e New York, aver scritto un musical all”età di otto anni – e mentre altri lettori ancora saranno autori di corposi e citati saggi sulla “Disfunzione mitocondriale e le vie molecolari per le malattie”, scritti fra un romanzo best-seller e un altro, oppure saranno insigniti per due volte dell”Harry C. Solomon Award della facoltà di medicina di Harvard e ispireranno un ruolo dell”attore Harrison Ford – si può essere quasi certi che nessuno dei lettori potrà vantarsi, senza apparire un fanfarone, di aver conosciuto personalmente Osama Bin Laden e aver lavorato con lui, naturalmente “quand”era nostro alleato”.