ATF AMP
di Marcello Foa.
Ancora una volta l’orrore, la paura e lo smarrimento. Certezze sulla matrice dell’attentato poche, se non un indizio consistente: sembra opera di un professionista.
A rivelarlo sono alcuni dettagli, uno in particolare, su cui non si è posata l’attenzione dei media: l’esecuzione dell’autista polacco. A che ora è stato ucciso? Subito, ovvero nel pomeriggio quando si sono persi i contatti con il Tir, o nell’imminenza dell’attentato? Lo chiarirà l’autopsia.
In ogni caso chi ha condotto l’operazione ha agito con straordinaria freddezza.
Gli scenari possibili sono tre:
1) L’autista polacco è stato ucciso nel pomeriggio, ovvero alle 16, quando sono stati persi i contatti con il camion. Dunque l’attentatore solitario sarebbe rimasto con un cadavere a bordo sporco di sangue per 4 ore. E’ credibile? Una persona può resistere a tale orrore per un tempo così lungo? E correndo rischi enormi? Sarebbe bastato un banale controllo o lo sguardo di un automobilista o di un pedone troppo curioso per far scattare l’allarme.
2) L’autista è stato ucciso pochi istanti prima che venisse lanciato il Tir sul mercatino. Una scena da film: il terrorista spara uno o più colpi di pistola a freddo. E poi si lancia a tutta velocità sulla folla, avendo la prontezza di scendere e di scappare subito dopo l’impatto. Tutto è possibile, ma è difficile immaginare un jihadista – forse improvvisato se, come sostengono alcuni analisti si trattava di un cane sciolto – destreggiarsi con tanta, cinica, infallibile abilità . E poi: come scappare in incognito essendo, verosimilmente, sporco di sangue?
3) La terza ipotesi è che gli attentatori fossero almeno due. Ipotizziamo: uno teneva a bada l’autista polacco, l’altro guidava il camion. Il poveretto potrebbe essere stato ucciso poco prima dell’attentato da uno dei due, che sarebbe sceso dal camion, lasciando all’altro il compito di portare a termine la missione, munito di guanti e magari mascherina, dunque senza lasciare tracce di sangue, né indizi per test forensi. Dunque l’azione non sarebbe opera di un attentatore solitario ma di un commando, che poi si è prodigato con successo per portare in salvo l’attentatore.
Quale sia la verità ovviamente per ora nessuno può dirlo. Di certo, però, siamo di fronte a un’operazione molto più sofisticata di quanto sia apparsa in un primo momento, opera di terroristi altamente addestrati, sfuggiti al radar di una tragicamente improvvida intelligence tedesca.
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Fonte: http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/12/20/berlino-una-sola-certezza-e-opera-di-professionisti/#.
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