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di Fabrizio Caròla.
Tempo
fa, leggendo “I Sonnambuliâ€, un libro di Arthur Koestler che
tratta della storia delle teorie sull’universo, mi colpì il fatto
che personaggi come Copernico e Keplero perdevano d’un tratto
quella nebulosa vaghezza nella quale le mie nozioni scolastiche li
avevano relegati, per diventare bruscamente delle persone reali,
concrete e umane.
Le loro teorie, le loro scoperte, i
pensieri, le vicende come pure le reazioni dei contemporanei,
tutto diventava chiaro e comprensibile.
Tanta
chiarezza risultava dal fatto che l’autore inseriva i personaggi
nel loro tempo, bene inquadrati nel contesto dell’Europa del
Rinascimento, tracciando di questa un largo ma anche profondo
panorama e scendendo fin nei dettagli della vita di tutti i giorni.
Da
questa constatazione mi è venuto spontaneo il paragone con
l’insegnamento scolastico: impariamo a scuola una gran
quantità di nozioni, alcune precise altre vaghe, ma ognuna
indipendente dalle altre, senza che mai vi sia un collegamento
fra le varie materie; acquisiamo lo scibile umano un po’ alla
rinfusa, come se ci dessero pezzi di un puzzle senza l’immagine da
comporre…
In
una stessa giornata di studio si insegnano argomenti diversi, così
slegati e lontani gli uni dagli altri (come fossero tutti fenomeni e
fatti isolati) che in tutta la sua vita l’allievo non riuscirà mai
a comporre il puzzle delle cose apprese né a situare i fatti, se non
vagamente, nel tempo e nello spazio. Si studia per esempio l’Iliade
per la letteratura, il Medioevo per la storia e l’Africa
per la Geografia: come si può pretendere da un ragazzo di 12-13 anni
di comprendere il valore di un poema omerico che spunta tra la Lega
Lombarda e l’attuale produzione di cereali dell’Africa del Nord?
Perché,
studiando Omero, non si studierebbe anche la storia greca, la
geografia della Grecia e l’arte, la religione, la matematica, la
filosofia di quella stessa Grecia e degli altri popoli nella stessa
epoca?
In
tal modo l’allievo sentirebbe, fin dall’inizio, che esiste un rapporto tra il luogo, il tempo, il pensiero e l’azione… che la religione ha una storia, che la storia ha una geografia, che la scienza ha una storia e una geografia, che l’arte ha una storia, una geografia e una religione. |
Insomma
io penso che l’insegnamento dovrebbe progredire per strati
storici che determinerebbero una relazione orizzontale tra le
varie materie.
Partendo
dalla Preistoria, cioè l’epoca più primitiva, l’allievo
percorrerà l’evoluzione dell’uomo sotto tutti gli aspetti e
tutte le latitudini accedendo, di anno in anno a nozioni sempre più
complesse, in concordanza con la sua età , cioè con l’evoluzione
delle proprie capacità intellettuali. Ripercorrerà così il cammino
dell’uomo, passo a passo, da una scoperta all’altra, da
un’invenzione all’altra, da una battaglia all’altra e capirÃ
il senso di questa evoluzione e alla fine, forse, riconoscerà se
stesso e capirà gli altri.
Partendo
da questa base ho immaginato una scuola “nuova†che potrebbe
essere divisa in tre cicli fondamentali:
1° I MEZZI da 5 a 8
anni
2° LA CONOSCENZA
da 8 a 16 anni
3° L’ESPERIENZA da
16 a 19 anni
1° Nel
primo ciclo che dura tre anni, il bambino acquisisce i mezzi
che gli saranno necessari per conoscere ed esprimersi: impara cioè a
leggere, scrivere, parlare, cantare e…giocare; gli si dà inoltre
la possibilità di accedere a mezzi d’espressione più soggettivi
come il disegno, la musica, la scultura, la recitazione ecc…
2°
Acquisiti i mezzi, il ragazzo entra nel ciclo della conoscenza
cominciando, come ho già detto, dalla Preistoria a risalire la scala
della conoscenza e del progresso dell’uomo fino al presente.
Questo
ciclo dura otto anni e ogni anno l’allievo viene immerso
completamente in un’epoca che sarà esaminata, studiata, analizzata
e vissuta in una sorta di favoloso gioco di
gruppo al quale contribuiranno libri, disegni, fotografie,
cinema, suoni, teatro ecc…..E tutte le materie, comprese quelle
scientifiche, vanno studiate nell’ottica di quell’epoca; ed ogni
epoca, approfondita così in tutte le sue parti, risulta la base
naturale dell’epoca seguente, secondo una sequenza logica e umana e
non per un susseguirsi astratto di vicende incomprensibili.
Inoltre
lo studio non va limitato da una visione nazionalistica come
avviene tuttora, per cui l’Italia per gli italiani o la Francia per
i francesi appaiono ai rispettivi alunni come il centro
dell’Universo; va invece esteso a tutte le civiltà che si sono
sviluppate parallelamente alla nostra, anche se in maniera totalmente
diversa, perché se oggi l’incontro tra le varie civiltà è così
spesso doloroso, ciò è dovuto più alla reciproca ignoranza che ad
una vera e propria impossibilità di scambio e comunicazione.
3° Finito
il secondo ciclo, l’allievo è ora un giovanotto di 16 o 17 anni
con una solida cultura alle spalle; fra poco si inserirà nella vita
degli adulti e dovrà scegliere un’attività attraverso la quale
esprimersi e dare il suo contributo alla collettività .
Il
terzo ciclo ha dunque come obiettivo di preparare il giovane a questo
ingresso nella vita e permettergli di operare una scelta cosciente
del proprio avvenire.
Durante
tre anni l’allievo prenderà conoscenza di tutte le attività del
mondo moderno; scoprirà cos’è un medico, un avvocato, un
architetto o un giornalista; conoscerà il meccanismo di una banca,
di un partito politico o di una cooperativa; sarà informato di come
funziona o come si governa una nazione e una società per azioni;
visiterà ospedali, cantieri, laboratori, industrie, aziende agricole
ecc…..
Alla
fine di questo ciclo il giovane è pronto per scegliere e affrontare
la specializzazione, cioè l’università , la scuola tecnica,
il lavoro e la vita.
Per
concludere, io propongo una
scuola viva,
perché la scuola deve
essere viva, interessante e divertente; il ragazzo deve svegliarsi
la mattina con l’ansia di saperne di più…
La
curiosità , il desiderio di sapere, sono caratteristiche fondamentali
dell’uomo e si manifestano con forza nel bambino, ma la scuola fino
ad ora, invece di esaltare la curiosità naturale, la smorza
sostituendola con una noia profonda e facendo dello studio un penoso
dovere laddove dovrebbe essere un gioco allegro e appassionante.
In
una scuola nuova non dovrebbero esserci né voti né coercizioni di
sorta perché l’interesse e il gioco del sapere dovrebbero essere
incentivi sufficienti e perché la selezione avverrà poi nella vita
o nelle università , laddove entrano in gioco precise responsabilitÃ
professionali.
NOTE
BIOGRAFICHE SU FABRIZIO CARÃ’LA
“A
me l”architettura non interessa. A me piace farla.”
La
biografia di Caròla sembra tratta da un romanzo. Figlio di
un”importante famiglia napoletana si diploma – nel 1956 – alla
Ecole Nationale
Supérieure d”Architecture “La Cambre” di
Bruxelles, fondata da Henry Van de Velde.
L”ambiente
di formazione risulta determinante per la definizione di un
approccio “fisico” al progetto, un”architettura legata al
fare, all”azione concreta del costruire.
Ma
Caròla, non è solo un architetto, è
un nomade alla costante ricerca di nuove strade,
votato alla sperimentazione e alla scoperta. Proprio questa
attitudine lo spinge negli anni 60” verso l”Africa, un territorio a
lui sconosciuto. In principio il Marocco dove partecipa alla
ricostruzione post terremoto
dell”ospedale di Agadir, poi la
Mauritania, paese in cui realizza il suo progetto più importante, il
Kaedi Regional Hospital, per il quale riceve nel 1995 l”Aga Kahn
Award for Architecture – un edificio
a cupole ribassate collegate da corridoi in grado di ospitare stanze
per malati e residenze per i familiari, dove si concentrano tutti gli
aspetti di un pensiero e di un modo d”agire sostenibile – e infine il
Mali
dove scopre e studia l”architettura
sub-sahariana passando gran parte
della sua vita.
(Per
leggere il resto delle interessanti note su Caròla, leggi qui:
http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/nel-mondo/fabrizio-carola-africa-cupole-terra-cruda-architetto-napoletano-090.html)
La
rubrica di Fabrizio Caròla darà origine a un e-book
La
prima puntata: PENSANDO,
PENSANDO (1).
La
seconda puntata: PENSANDO,
PENSANDO (2) … AL FUTURO.
Immagine adattata da “freakingnews.com”
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