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Espansione finanziaria e verosimile estetico. Un’ipotesi teorica. [Daniele Balicco]

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3 Luglio 2014 - 10.41


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di Daniele Balicco

Questo articolo è uscito su «[b][url”Cosmo”]http://www.ojs.unito.it/index.php/COSMO[/url][/b]». La versione francese è stata discussa all”EHESS di Parigi nell’ambito seminario “Droit et littérature. La norme entre commandement et récit” di Emanuele Coccia. [LPLC]

[right]Bisogna preferire cose impossibili ma plausibili a cose possibili ma non credibili.[/right]

[right]Aristotele, Poetica, p.103 [1][/right]

Ne Il lungo XX secolo, Giovanni Arrighi ha descritto il funzionamento dei quattro grandi cicli sistemici di accumulazione della storia del capitalismo mondiale individuando, all’interno di ogni ciclo, il susseguirsi di due movimenti opposti e costanti: una fase di espansione materiale e di egemonia sistemica; una seconda fase di espansione finanziaria e di dominio sistemico [2]. Riformulando la logica dell’accumulazione marxiana con le lenti di Gramsci e Braudel, Arrighi ha così interpretato la storia di lunga durata del capitalismo mondiale partendo dalle sue origini – individuate in quello che Braudel ha definito come il “lungo sedicesimo secolo italiano” – per arrivare fino all’espansione finanziaria anglo-americana di questi ultimi quarant’anni.

Lo scopo di questo articolo non è quello di discutere l’interpretazione storico economica di Giovani Arrighi [3]. Il tentativo è piuttosto quello di impostare, per ora in modo necessariamente apodittico, un’analisi della produzione culturale orientata sui presupposti del suo lavoro. Nello specifico, mi concentrerò sul legame triangolare che stringe espansione finanziaria, dominio sistemico ed arte internazionale.

La storia del mercato mondiale dell’arte (letteratura, arti plastiche, arti visive, musica, architettura) è sicuramente il punto d’osservazione privilegiato per studiare l’intersecarsi di queste tre realtà e del susseguirsi, nell’alternanza dei cicli economici studiati da Arrighi, di alcune città capaci di imporsi come centri mondiali di produzione estetica: anzitutto il triangolo Firenze-Roma-Venezia; quindi Madrid, Amsterdam, Londra, Parigi e infine New York [4].

Anticipando la tesi di fondo, sosterrò che soprattutto nelle fasi di dominio sistemico, i centri mondiali di potere organizzano lo spazio che governano attraverso una combinazione di forza militare, forza monetaria e forza simbolica. In particolare, quest’ultima agisce attraverso la dimensione estetica colonizzando senso comune e inconscio di massa. Il suo scopo è quello di rendere universali, e quindi riconoscibili da tutti, le forme e i linguaggi singolari che ogni centro produce per auto-legittimare se stesso come centro di comando.

Chiamo verosimile estetico la forza simbolica con cui ogni dominio prova a regolare, a proprio vantaggio, ciò che deve essere riconosciuto, interpretato e rappresentato come realtà. Mentre mi limito per ora, nell’economia di questo scritto, a chiamare realismo la possibilità estetica opposta; che è quella di confliggere dentro e contro i confini di verosimiglianza imposti.

Ultima precisazione introduttiva: nella storia ciclica del capitalismo, descritta da Giovanni Arrighi, esiste una progressione aritmetica. Le potenze capaci di governare il sistema mondo passano, in sei secoli, da piccole città, a piccoli stati, a vere e proprie regioni, fino a spazi quasi continentali, come nel caso degli Stati Uniti d’America. Se dunque il ciclo si ripete – prima espansione mercantile, poi dominio finanziario – l’aumento di territorio, di popolazione, di beni da produrre e di moneta da governare, è invece, ad ogni salto, linearmente esponenziale. In questa progressione va individuata una differenza. Ogni ciclo, infatti, ripete se stesso intensificando la propria capacità di plasmare la realtà storica attraverso un aumento geometrico della propria forza militare, monetaria e simbolica.

Per questa ragione, mai come negli ultimi quarant’anni, la produzione di verosimile estetico è stata capace di colonizzare le forme elementari della vita quotidiana, organizzando un vero e proprio sensorio collettivo di massa [5].

Le arti che rappresentano mimeticamente la vita (come, per esempio, il romanzo, la musica pop e, soprattutto, la nuova serialità televisiva) così come le discipline che plasmano gli spazi umani e la natura (come l’architettura, il design o l’arte contemporanea) hanno implicitamente generato uno standard di verosimiglianza che è l’alfabeto con cui le persone occidentali, e non solo, pensano, vivono e sognano la vita. Dentro e contro questo meccanismo di autolegittimazione simbolica – che andrebbe letto, soprattutto nelle culture che subiscono il dominio sistemico, come una vera e propria identificazione con l’aggressore – si muove il realismo. Che è l’esperienza estetica della libertà dal dominio.

In questo breve articolo mi concentrerò solo su un problema teorico: il conflitto fra verosimiglianza e realismo. Questa opposizione non può essere discussa in poche pagine; perché richiede un’argomentazione capace di approfondire questioni centrali dell’estetica antica, moderna e, soprattutto, contemporanea [6]. Come è evidente, il compito è esorbitante rispetto all’economia di questo scritto. Non potrò dunque che disegnare in modo apodittico l’opposizione, riservandomi di trattare in uno studio futuro l’approfondimento teorico necessario.

[url”Continua a leggere l”articolo”]http://www.leparoleelecose.it/?p=15544[/url] su Le parole e le cose.

Note:

[1] Aristotele, Poetica, tr.it di Daniele Guastini, Carocci Editore, Roma 2010, p. 103

[2] G.Arrighi, The Long Twentieth Century, Verso Book, London- New York 1994 (tr.it Il lungo XX secolo, Il Saggiatore, Milano 1996, pp.49-51)

[3] Per una discussione dell’impostazione teorica complessiva de Il Lungo XX secolo, vedi: D.Balicco-P.Bianchi, Interpretazioni del capitalismo americano: Fredric Jameson, David Harvey, Giovanni Arrighi in Il Capitalismo americano e i suoi critici, a cura di P.P.Poggio, Jakabook, Milano 2013, pp. 677-693.

[4] Per uno studio del rapporto fra ricerca teorica, mercato dell’arte internazionale e speculazione finanziaria newyorkese, mi permetto di rimandare a: D.Balicco, Nietzsche a Wall Street in [url”http://www.leparoleelecose.it/?p=4680″]http://www.leparoleelecose.it/?p=4680[/url]

[5] Sul rapporto fra dimensione estetica e sensorio sociale, seguo: B.Carnevali, Le apparenze sociali. Una filosofia del prestigio, Il Mulino, Bologna 2012; un’estremizzazione intelligente del rapporto fra merce, pubblicità e sensorio di massa, si legge in: E.Coccia, Il bene nelle cose. La pubblicità come discorso morale, Il Mulino, Bologna 2013.

[6] In una bibliografia pressoché sterminata, si vedano almeno i seguenti testi generali: L.Pareyson, L’estetica e i suoi problemi, Marzorati, Milano 1961; W.Tatarkiewicz, Storia dell’estetica, 3 vol., Einaudi, Torino 1979; S.Halliwell, The Aesthetics of Mimesis: Ancient Texts and Modern Problems, Princeton, MA 2002; di particolare interesse, nella riflessione estetica sul verosimile pittorico, fotografico e cinematografico: G. Della Volpe, Il verosimile filmico e altri scritti, Edizione Filmcritica, Roma 1954; R.Arnheim, Film come arte, Il Saggiatore, Milano 1960; E.H.Gombritch, Arte e illusione: studi sulla psicologia della percezione pittorica, Torino, Einaudi 1965; S.Krakauer, Film: ritorno alla realtà fisica, Il Saggiatore, Milano 1962; R. Barthes, L’effet de réel, in Communications, 1968, 11, pp. 84-89; J.P. Oudart, L’effet de réel, in Cahiers du cinéma, 1969, pp.211-212; Ch. Metz, Semiologia del cinema, Garzanti, Milano 1972; L.Nochlin, Realismo, Einaudi, Torino 1979.

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