di Sergio Bellavita*
Sabato 25 manifesteremo a Roma. Lo faremo con l’assoluta consapevolezza dei limiti enormi di una manifestazione che rischia di essere solo di posizionamento politico, di distinguo rispetto alle scelte del governo più che di battaglia sindacale contro l’approvazione del jobs Act.
Non crediamo che la Cgil abbia abbandonato la linea che ha contribuito al disastro in cui è finito il mondo del lavoro di questo paese. Lo testimonia la pratica contrattuale all’insegna dell’accettazione della spoliazione di diritti, tutele e salario che continua ad essere perseguita.
Lo scorso 16 ottobre è stato sottoscritto il Ccnl editoria in totale ossequio ai dettami ed allo spirito dell’accordo del 10 gennaio, “Testo unico sulla rappresentanzaâ€, sul terreno della cancellazione delle libertà sindacali, delle deroghe a livello aziendale, con aumenti ridicoli (40 euro in tre anni) e sopratutto con la costituzione di una commissione, fatto unico sino ad ora nella lunga storia della contrattazione nazionale, che ha come unico scopo dichiarato la riduzione del costo del lavoro in itinere. Cioè si firma un contratto che apre una trattativa al ribasso su salari, orari ecc ecc.
La nostra opposizione alla deriva della Cgil è netta e intransigente. Siamo impegnati a far saltare l’accordo liberticida e incostituzionale del 10 gennaio 2014 che estende il modello Marchionne a tutte le lavoratrici e i lavoratori.
Rivendichiamo la rottura con le politiche d’austerità e dei trattati di un’Unione Europea che ci sta portando in un nuovo regime autoritario come unica strada per riaffermare i bisogni sociali contro la primazia del profitto e del mercato.
Per fare tutto ciò serve un sindacato indipendente democratico e di classe. Il vero grande assente. Le lavoratrici e i lavoratori in questi anni durissimi sono stati lasciati soli. Soli davanti alle ristrutturazioni fatte di licenziamenti, delocalizzazioni, riduzione di diritti e salari. Soli coloro che il lavoro lo cercavano e lo cercano con sempre meno speranze di poter affermare il diritto ad un’esistenza dignitosa.
Non è in discussione se nelle aziende c’è stato o meno il sindacato. Quello che è mancato è stato il sindacato a livello generale capace cioè di unire le innumerevoli lotte che si sono accese in questi anni, di farle divenire battaglia più complessiva per impedire che la crisi la pagassero le classi popolari. E di più la Cgil ha alle spalle 4 anni di accordi interconfederali e di pratica contrattuale che hanno agevolato quel processo di spoliazione anziché contrastarlo.
Oggi la Cgil che solo poche settimane fa ridicolizzava la nostra richiesta di sciopero generale è costretta a mobilitarsi contro la politica economica e sociale del governo presieduto dal segretario del partito di riferimento per la maggioranza dei suoi dirigenti.
Un fatto inedito che non è tuttavia figlio di un riposizionamento strategico quanto piuttosto dell’aggravarsi di una crisi che sta travolgendo la rappresentanza del lavoro. La linea praticata dalla maggioranza dei gruppi dirigenti della Cgil è fallita a spese dei lavoratori e delle lavoratrici.
Per queste ragioni la nostra battaglia è più che mai attuale.Il nostro 25 ottobre vuole parlare direttamente alle migliaia di uomini e di donne che verranno a Roma in cerca di risposte, in cerca di un luogo nel quale dare forma e spazio alla rabbia per il prezzo che ogni giorno di più gli viene fatto pagare.
Per noi il 25 ottobre deve parlare di nuovo di autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici contro le burocrazie sindacali, di come intrecciare e far crescere il connubio tra le lotte del lavoro e quelle del territorio, della difesa dei servizi pubblici, della sanità , della scuola e contro le grandi opere.
Parla dei facchini che lottano con una determinazione che ad altri settori manca clamorosamente. Parla a quei lavoratori che si sono abbarricati in fabbrica e che sono pronti a tutto per difendere il lavoro. Parla della solidarietà agli attivisti ed alle attiviste colpiti/e dalla repressione sempre più dura delle forze dell’ordine.
Per noi il 25 ottobre parla del prossimo sciopero del 14 novembre, del tentativo di mettere insieme sindacalismo conflittuale e movimenti sociali. Solo un nuovo ciclo di lotte può imporre una diversa agenda politica e sociale. Solo la radicalità di un protagonismo senza deleghe a nessuno può rovesciare il tavolo. Serve un nuovo 7 luglio 1962, una nuova Piazza Statuto. A questo lavoriamo.
(23 ottobre 2014)*Sergio Bellavita, portavoce nazionale “[url”Il sindacato è un’altra cosa-Opposizione Cgil”]http://sindacatounaltracosa.org[/url]â€.
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