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Chi viola il diritto internazionale? Panorama di guerre occidentali

Dal Kosovo in poi, UE e USA ignorano o strumentalizzano senza scrupoli norme fondamentali dello Statuto ONU. Poi, come elefanti in cristalleria, accusano Mosca.

Chi viola il diritto internazionale? Panorama di guerre occidentali
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3 Luglio 2015 - 18.57


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di Felix Stanevskiy*.

La logica è uguale a Mosca e a Roma? Giorni fa un professore di una grande università italiana ha così reagito a un mio racconto sulla Crimea:
“Sì, lo sappiamo che la maggioranza degli abitanti della penisola
voleva associarsi alla Russia. Ma il voto è stato organizzato in un paio
di settimane. Non lo accettiamo. Il referendum è una cosa seria!”

Francamente, il mio interlocutore mi ha messo in imbarazzo.
Si trattava di un esperto di problemi internazionali e sapeva bene che
lo aspettava una risposta alla quale non avrebbe potuto opporre nulla.
Infatti, in Kosovo il referendum non è stato fatto, e l’Occidente non
l’ha chiesto. Senza alcun referendum la Repubblica democratica tedesca
è stata annessa alla Bundesrepublik Deutschland. E forse Israele, che
appartiene al mondo occidentale, ha aggiunto vasti territori altrui dopo
un voto di popolazioni confinanti? Più tardi ho capito perché il
professore, dopo avere sentito le mie osservazioni, non si è scomposto
minimamente: le mie considerazioni, insieme ai fatti che lo
contraddicevano, non gli importavano per nulla.

Certamente le conosceva. Erano per lui come quelle mosche che danno fastidio, ma non troppo.
Tutto ciò che considera non conveniente viene automaticamente ridotto a
dettaglio inconsistente. Quasi nulla al confronto della ferrea
convinzione che l’appartenenza alla “democrazia occidentale” consente di
evitare la sgradevole necessità di dover passare per l’angusta porta
della logica comune.

Chi non ha sentito l’Occidente accusare la Russia di aver violato in Crimea il diritto internazionale? Davvero
una cosa fantastica. Gli accusatori, come elefanti in una cristalleria,
calpestano, infrangono, distruggono le regole di convivenza pacifica
tra gli Stati che sono state, bene o male, rispettate perfino nei
decenni della guerra fredda. Il Kosovo è un caso classico.

Sedici anni fa, il 24 marzo 1999, i paesi della Nato scatenarono la guerra contro la Jugoslavia in violazione delle norme fondamentali dello Statuto dell’Onu e dell’Atto finale di Helsinki.
Nulla è rimasto del principio che vieta non solo l’uso della forza, ma
perfino la minaccia di usarla. Idem per il principio dell’integrità
territoriale, per quello dell’inviolabilità delle frontiere e di quello
della soluzione delle controversie internazionali con mezzi pacifici.

Peggio ancora. Ãˆ stata compiuta una plateale aggressione contro uno Stato sovrano membro dell’Onu. La definizione di aggressione, deliberata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite
il 14 dicembre del 1974, lo attesta nero su bianco: “Il bombardamento,
da parte delle Forze armate di uno Stato, del territorio di un altro
Stato, sarà qualificato come atto di aggressione”. E ciò – lo afferma
con tutta chiarezza il documento – non può essere giustificato da
nessuna considerazione di qualsiasi carattere: politico, economico,
militare, ecc. Il bombardamento durò 78 giorni: 2.300 attacchi aerei
contro 995 obbiettivi, 25 mila tonnellate di bombe sganciate, mille
missili di crociera lanciati, circa duemila civili uccisi, quasi 7 mila
civili feriti, numerosi edifici distrutti o semidistrutti, incluse case,
scuole, alcuni monasteri e chiese, perfino luoghi riconosciuti
dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.

Le tecnologie più avanzate, messe al servizio della democrazia occidentale, riuscirono a centrare, con un missile di alta precisione, l’ambasciata cinese a Belgrado. Un altro di questi gioielli centrò il treno Belgrado-Salonicco carico di civili. L’Europa ha detto “addio!” al diritto internazionale.

Spettacolare è stata anche l’infrazione del diritto in Iraq.
All’amministrazione statunitense appartiene il brevetto di inventore di
un pretesto di tipo nuovo per scatenare una guerra. Basta mostrare
dalla tribuna dell’Onu un’ignota polvere bianca dichiarandola arma chimica
(irachena nel nostro caso) per ingannare, consapevolmente, la comunità
internazionale. Una bella dimostrazione del comportamento etico degli
Usa nonché della solidità delle affermazioni dei servizi segreti
occidentali! Insomma la violazione della sovranità dell’Iraq nel 2003 ha
dimostrato un disprezzo palese per il diritto internazionale, la sua
cinica, sfacciata sostituzione con quello del più forte.

Di conseguenza il territorio iracheno si è trasformato in un mare di sangue:
centinaia di migliaia di morti. A distanza di dodici anni dalla guerra,
il diritto alla vita non è per niente assicurato, e non solo l’Iraq ma
quasi tutto il Medio Oriente non trova pace. Diversamente, ma sempre
sfidando il diritto internazionale, l’Occidente si è comportato in Libia.
L’ingenua spensieratezza dell’offensiva anti-Gheddafi era frutto
dell’estrema incompetenza di dirigenti occidentali nonché di
un’interessata e irresponsabile interpretazione della risoluzione
del Consiglio di sicurezza dell’Onu 1973 (2011). Così l’Occidente ha
generato una permanente carneficina e il più grande caos degli ultimi
anni poco lontano dalle frontiere europee.

La marea cancrenosa si è estesa dalla Libia fino al Medio Oriente da una parte,
fino al Mali, alla Repubblica Centrafricana dall’altra e continuamente
lambisce coste italiane con onde di una disperata, drammatica
emigrazione. Ancora un prodotto della violazione del diritto
internazionale – l’apparire e il consolidamento dello Stato Islamico.
L’Occidente ha contribuito in modo determinante prima con la guerra in
Iraq, poi in Libia ed infine ingerendosi negli affari interni della
Siria. Invece di cercare una soluzione negoziata della crisi siriana,
prescritta dai più autorevoli documenti internazionali, i paesi europei e
nordamericani hanno agito secondo lo slogan apertamente formulato da un
ministro degli Esteri occidentale: “appoggiare gli sforzi diplomatici
con minacce di uso della forza”. In barba alle norme del diritto che lo
vietano.

I media approvano in pieno. Ecco, per esempio, un rispettabile quotidiano italiano
afferma che “non si può rinunciare a minacciare con la forza se si
vuole giungere alla pace.” Da qui a un coinvolgimento nel conflitto non
resta che un passo e l’Occidente l’ha fatto, rifornendo di armi gli
oppositori di Asad, di cui più degli altri si è approfittato lo Stato
Islamico. La banalizzazione della minaccia dell’uso della forza,
ritenuta inammissibile 30-40 anni fa (l’Atto finale di Helsinki), è una
conquista dell’Occidente dei nostri giorni. La minaccia ovunque si
trasformava in un’azione bellica. A parte Jugoslavia, Libia, Iraq e
Siria, gli alleati atlantici hanno bombardato Somalia, Yemen, Sudan, Pakistan, Afghanistan, Mali e hanno condotto massicce operazioni militari nella Repubblica Centrafricana.

Il ricorso alla guerra fa parte della normalità occidentale.
Gli Usa e i loro alleati se ne sono serviti dieci volte in un quarto di
secolo, e niente permette di credere che questa prassi cesserà presto.
L’ultimo caso è il bombardamento dello Yemen
da parte della coalizione capeggiata dall’Arabia Saudita con il
consenso degli Usa. Si tratta di una violazione di turno del diritto
internazionale: il Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha dato il suo
nulla osta a questo intervento. L’Occidente, abituato ormai a
trasgredire leggi internazionali, neanche se ne accorge: una guerra in
più non cambia niente. Avete mai sentito o letto una seria discussione
sull’opportunità o meno di tante guerre? Ãˆ letteralmente fuori
discussione. Polemizzare sulla guerra in Libia – sì, anche su quella in
Iraq, separatamente, come se non ci fosse alcun legame tra di esse.

Quando ho chiesto a un mio interlocutore europeo
come mai non si prende neanche lontanamente in considerazione l’enorme
volume di guerre condotte dall’Occidente, ho sentito la risposta: “Che
c’è da discutere?” Come dire: ammazzavamo e continueremo ad ammazzare!
L’uso della forza sostituisce praticamente tutto l’arsenale della
diplomazia occidentale e rimane quasi l’unico metodo della soluzione di
controversie internazionali (salvo il caso di paesi nucleari). Il mainstream
mediatico neanche si domanda che cosa gli Usa, la Nato e l’Ue
abbiano raggiunto spargendo fiumi di sangue, affondando nel caos intere
regioni. Democratizzazione? Che ci dicano finalmente che cosa e dove
hanno democratizzato, così sapremo finalmente che la promozione militare
della democrazia fa parte del patrimonio democratico degli Usa e
dell’Ue, e il ricorso alla guerra nonché alla minaccia dell’uso della
forza resta compatibile con i principi democratici degli stati
occidentali come erano considerati normali nei tempi delle monarchie
assolutiste.

La propaganda della guerra in contrasto con le norme del diritto internazionale
ha massicciamente investito i media europei e americani prima di ogni
aggressione in Jugoslavia, Iraq e Libia. Attualmente una parte dei
politici e dei giornalisti dei paesi Nato insiste sull’urgenza di
fornire all’Ucraina armi letali per garantire la soluzione della crisi
per via bellica. L’analista militare della Tv americana Fox News Robert
Scales ha proposto in diretta
“to start killing Russians”, “di cominciare a uccidere russi”. Non è
solo una dichiarazione razzista. Si tratta della propaganda della guerra
vietata dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici.

Ovunque vai trovi contravvenzioni occidentali alle norme di convivenza pacifica comunemente concordate. Ãˆ lecito per un diplomatico partecipare alle manifestazioni antigovernative del paese di permanenza? L’articolo 41
della Convenzione internazionale sulle relazioni diplomatiche lo vieta
categoricamente. Ma all’Occidente preme di abbattere un governo
sgradito. Abbiamo visto tre ministri degli esteri, l’assistente del segretario di Stato Usa,
alcuni ambasciatori europei, senatori ed europarlamentari, un ex
presidente e un ex premier prendere parte alle proteste di Maidan in
Ucraina contro le autorità legittimamente elette e riconosciute come
tali dai paesi europei e nordamericani.

Con sullo sfondo tutta questa pluriennale violazione del diritto internazionale, che peso hanno le accuse occidentali nei confronti della Russia per la Crimea e il Donbas?
Si dice che i russi appoggiano Putin indottrinati dalla massiccia
propaganda. In realtà, è il capo del Cremlino che sente gli umori della
gente e li interpreta. I russi in maggioranza sono più radicali di lui.
L’hanno evidenziato un’altra volta le domande che gli facevano i suoi
concittadini nel corso dell’ultima mega-intervista Tv.

Non c’è bisogno, infatti, di una laurea universitaria per osservare che l’Occidente
fa una guerra dopo un’altra, ammazza e distrugge, affonda nel caos
intere regioni, demolisce il diritto internazionale – chi riuscirà a
smentirlo? L’Occidente non lo smentisce ma con incessanti cannonate
mediatiche cerca di abbattere la logica: importa solo ciò che gli
importa. Proprio per questo il mainstream europeo e americano
convince meno che mai perfino i propri lettori e ascoltatori. Basta
guardare i commenti agli articoli, alle discussioni Tv: gli europei si
fidano sempre meno delle dichiarazioni sull’attaccamento dei loro
governi alla pace, della demonizzazione di Putin e di accuse contro la
Russia.

È un fenomeno ancora più pronunciato in Asia, in Africa, nell’America latina. L’ultima inchiesta dell’Istituto americano Gallup sui paesi ritenuti più aggressivi, condotta nel mondo alla fine del 2013, ha rivelato
che al primo posto con un grande distacco da altri Stati si trovano gli
Usa. Non subito ma in fin dei conti i fatti vincono e la propaganda
perde.

*L’autore di questo articolo è stato ambasciatore di Russia in Georgia e ministro-consigliere di Russia in Italia.

Fonte: [url”http://www.limesonline.com/chi-viola-il-diritto-internazionale-la-russia-e-le-guerre-delloccidente/77939?refresh_ce”]http://www.limesonline.com/chi-viola-il-diritto-internazionale-la-russia-e-le-guerre-delloccidente/77939?refresh_ce[/url]

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