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Passaggio del Mar Rosso o Diluvio Universale. La nuova partita a scacchi

Geopolitica e Crisi sistemica, tutti prendono continuamente le misure e tutti continuamente si riposizionano. Chi può tiene i piedi in più scarpe. Come andrà a finire? [Piotr]

Passaggio del Mar Rosso o Diluvio Universale. La nuova partita a scacchi
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12 Settembre 2017 - 23.06


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di Piotr.

 

  1. Ogni situazione può precipitare, sempre, per una mossa sbagliata. Specialmente una situazione delicatissima come il confronto geostrategico internazionale attuale.

Bisogna vedere fino a che punto gli USA, che per motivi già spiegati in precedenti articoli sono “costretti” ad attaccare, hanno intenzione di rischiare. E occorre anche vedere chi, eventualmente, vuole prendere questo rischio, perché negli USA sembra che regni il caos sui ponti di comando.

Donald Trump è in difficoltà, ma Trump non rappresenta solo se stesso.

Per un mio amico americano che vive in Italia, Trump rappresenta solo la classe media dell’interno e alcuni “industrialotti”. A parte il fatto che tra New York e San Francisco ci sono il Midwest, storica area strategica statunitense, e gli “industrialotti” e la classe media della “rust belt” rappresentano l’economia che produce (produceva) “valore” di contro a un’economia che produce debito irredimibile e destinato a generare crisi finanziarie su crisi finanziarie, io penso che Trump rappresenti anche un filone pragmatico di politica estera di cui il vecchio Henry Kissinger è un autorevole rappresentante. Quanto peso ha questo filone? Quanto è influente? Quanta possibilità ha di imporsi?

La “linea Trump” si deve scontrare con un Deep State che si è consolidato in trent’anni, che quindi è oggi potente e pervasivo. Di fronte a trent’anni, otto mesi iniziali di presidenza dicono qualcosa, ma non moltissimo. O Trump faceva un golpe, oppure doveva per forza arrivare a compromessi e smarcarsi con continui cambi di direzione.

Fatto sta che da quando Trump si è insediato, Damasco e i suoi alleati hanno riconquistato mezza Siria. Che Russia e USA si siano implicitamente o esplicitamente accordati che la guerra finiva a Deir-Ezzor? Chi lo sa. Quel che si sa è che gli USA hanno promesso che i curdi dell’YPG/SDF non si sarebbero spinti a Ovest dell’Eufrate. Ma nessuno poteva promettere che l’Esercito Arabo Siriano e i suoi alleati non si sarebbero – legittimamente – spinti ad Est del fiume.

Ragionare su quanto sta succedendo giorno per giorno ha un senso limitato, perché in una crisi sistemica come questa, tutti prendono continuamente le misure e tutti continuamente si riposizionano. Chi può tiene i piedi in più scarpe, perché non c’è nulla che non sia messo costantemente in discussione.

Israele continua a bombardare la Siria (il comandante dell’aviazione israeliana ha ammesso 100 bombardamenti – questo per chi diceva che Israele amava Assad), incita i “ribelli” a non ottemperare agli accordi sulle “safe zones” stabiliti da Russia e USA, ma fa anche l’occhiolino alla SCO, cioè all’Organizzazione di Shanghai che fa capo a Russia e Cina. L’India del fascistoide induista Modi fa continui doppi giochi, apre e chiude in men che non si dica crisi con la Cina (lo scorso mese sull’altopiano del Doklam), ma dalla SCO l’India non schioda. Per altro assieme al Pakistan.

  1. Per essere schietti, dal punto di vista sistemico gli USA possono mantenere la loro egemonia globale acquisita con le due guerre mondiali precedenti, solo con una terza guerra mondiale, non ci sono versi. Ma non penso che i neo-liberal-cons stiano pensando veramente a un first strike (magari nei sogni sì, ma i sogni sono sogni). La Germania e la Polonia sanno perfettamente che sarebbero i primi Paesi ridotti in cenere. Se la tensione dovesse diventare veramente preoccupante, pre Armageddon, non so quanto potrebbe reggere la NATO (non nella forma, ma nella sostanza militare, politica ed economica).

Con tutta la sua aggressività e il caos che ha disseminato con Bush jr prima e Obama dopo, Washington è riuscita a: 1) perdere la Crimea, 2) perdere il Donbass, 3) rilanciare i gheddafiani in Libia (generale Haftar), 4) far ritornare la Russia in Egitto, 5) far alleare Baghdad con Teheran, 6) mancare totalmente il principale obiettivo in Siria, 7) impantanarsi in Afghanistan, 8) spostare la Turchia verso la Russia, 9) alienarsi il Myanmar, con tutto che al potere c’è la loro già coccolatissima Aung San Suu Kyi, 10) mancare, finora, l’obiettivo in Venezuela.

E poi, e gli ultimi summit dei BRICS lo hanno ribadito metodicamente, gli Stati Uniti stanno progressivamente perdendo la lotta per mantenere il Dollaro come moneta-killer mondiale.

Gli USA sembra che stiano seguendo coi propri alleati la “strategia del cane pazzo” predicata dagli ex ministri della Difesa israeliani Pinhas Lavon e Moshe Dayan: «Se non fate come dico io (sanzioni alla Russia, sostegno alla mia politica di contenimento aggressivo, eccetera) posso compiere atti ‘inconsulti’, ‘pazzoidi’» (si veda di Noam Chomsky “The Fateful Triangle“).

Ma, per essere cinici, è una strategia che a quanto pare spaventa solo gli alleati, non i “nemici”. Per essere cinici gli USA dovevano veramente andare con la NATO a bombardare Damasco, la Corea del Nord, Teheran, ma anche i palazzi presidenziali turchi, mandare truppe in Crimea e nel Donbass. Ma nemmeno i neo-liberal-cons se la sono sentita, semplicemente perché non lo potevano fare. Se avessero potuto lo avrebbero fatto, spudorati e senza scrupoli come sono.

Al contrario, fino al 2015 la Russia non è intervenuta in Siria perché non aveva la forza per farlo, non per altro. Adesso ha dimostrato che può “proiettare potenza” su una vasta area, anche se non come gli USA. Anche per il fatto che “proiettare all’esterno potenza” non è mai stato un intendimento in definitiva nemmeno sovietico, dato che il grosso problema della Russia è da sempre la difesa e in questo le sue forze armate sono oggi, a detta di tutti, imbattibili (si sa che i sovietici sono sempre stati restii a costruire portaerei, l’arma per eccellenza per proiettare potenza all’esterno – i Russi ce ne hanno una sola, la Kuznetsov, che è poi una mezza portaerei).

  1. La Russia ha appena siglato un accordo per la fornitura di due sistemi antiaerei S-400 con la Turchia, cioè con un Paese formalmente nella NATO, e per farne costruire altri due in loco con tecnologia e tecnici russi. Gli S-400 sono il top del top mondiale dei sistemi di difesa – ripeto “difesa” – antiaerei (con buona pace – e vergogna – della presstitute anche italiana che ha sbraitato che erano un pericolo atomico per l’Europa quando recentemente la Russia li ha schierati a Kaliningrad – e legittimamente visto che è territorio russo). Anche se la NATO non permetterà veramente alla Turchia di comprarli, l’accordo preliminare è già di per sé impressionante in termini geopolitici. Si pensi che solo un anno e mezzo fa un caccia turco aveva abbattuto un bombardiere Russo nei cieli siriani. 

A proposito, allora molti osservatori, tra i quali l’ottimo Paul Craig Roberts, si stracciarono le vesti affermando che la mancata risposta militare di Mosca era un segno di debolezza che avrebbe istigato azioni sempre più aggressive da parte di USA/NATO. Invece dopo un anno e mezzo sembra che un’intera epoca storica sia trascorsa. Questo come esempio del saper “giocare a scacchi” di Putin. Ma anche come esempio delle improvvise accelerazioni che la crisi sistemica impone.

  1. D’altronde, quando uno sa che il tempo è dalla sua parte, cerca di guadagnar tempo. La folle e criminale aggressività USA è proprio motivata dal fatto che loro sanno benissimo, simmetricamente, che il tempo gioca a loro sfavore.

Tra le altre cose che il tempo porterà ci sarà la prossima devastante crisi finanziaria: stando come stanno le cose, è inevitabile; perciò sono convinto che quando scoppierà, l’Occidente andrà a chiedere soldi (e oro) a Russia e Cina. A meno che non inizino a chiederli prima, proprio per evitare il disastro che si sta profilando. Incidentalmente, ciò potrebbe voler dire la crisi del matrimonio tra Wall Street e i neo-liberal-cons clintonoidi a favore di politiche alla Kissinger-Trump.

Non solo, ma la primitiva strategia trumpiana di distensione con la Russia come cuneo tra Russia e Cina, con la crisi di Corea sembra che sia acqua passata. Russia e Cina sanno che prima di rimettersi eventualmente a litigare tra di loro, prima devono ridurre gli USA da “paese eccezionale” e unilaterale a “partner” ragionevole in un mondo multipolare. La politica dei neo-liberal-cons, hybris allo stato puro, non fa altro che compattare i competitor strategici degli USA in un unico fronte. O raggiunge veramente il suo apice, con un’azione armata devastante che lascia attonito tutto il mondo, o è probabilmente destinata a cedere il passo a una politica più pragmatica (che non vuol dire “pacifismo” o “isolazionismo”).

  1. Anche in questo caso, però, credo che i danni politi e culturali dei neo-liberal-cons continueranno. Tra essi il progetto di bavaglio a Internet e a chi si oppone (fake news, haters, complottisti, agenzie d’informazione come agenti del nemico) di cui da noi la Boldrini è la più prestigiosa rappresentante. È una linea che fa troppo comodo a un Occidente che, guerra o non guerra, dovrà ridimensionarsi e con il famoso 1% che nel ridimensionamento non vorrà mollare al 99% quasi niente della ricchezza che gli ha rapinato con la crisi, ma vorrà mantenere quanto meno la stessa proporzione.

La presidentessa della Camera è un esempio illuminante di come i vecchi “ideali” di sinistra siano entrati al servizio permanente ed effettivo dell’imperialismo/capitalismo più aggressivo. Semplicemente perché quegli ideali erano tali e considerati universali perché connessi a una “classe” che si pensava universale e non a “identità” di nicchia (omosessuali, femministe, minoranze varie etniche e religiose, che – letteralmente, come si è visto – possono essere imbarcate o buttate a mare a seconda della convenienza). Cioè erano intrecciati con la configurazione materiale e ideologica della società occidentale post Seconda Guerra Mondiale.

Oggi dobbiamo ricostruire daccapo tutti gli “ideali di sinistra” (se così li vogliamo chiamare, ma chiamiamoli più in generale “umanisti”). Ideali universali, che ci possono essere però solo dopo che siamo entrati e usciti dalla porta stretta della difesa della democrazia, cioè della difesa della sovranità popolare, e quindi della difesa della sovranità nazionale contro élite che queste sovranità vogliono scardinare per instaurare – parole loro – una dittatura illuminata sovranazionale (questo è esplicitamente il progetto europeo – già implicito, spiace dirlo, nel programma di Spinelli e compagni). Una porta che è stretta sotto molti aspetti, come sappiamo, ma che non si può ignorare. E fascismo, razzismo, Blut und Boden e schifezze simili lo sanno e sono già lì a presidiare e dire “Questa è roba nostra”, come negli anni Venti e Trenta. Un presidio da spazzar via ma non facendo finta di non vedere la porta stretta (come, appunto, negli anni Venti e Trenta). L’alternativa è il sogno – perché con queste élite che comandano è solo una presa in giro – di una “Europa diversa” e l’appiattimento sui desideri del Re (che sono desideri politicamente imperiali, ideologicamente cosmopoliti – cosa che attrae la sinistra – e propagandisticamente universali – democrazia, accoglienza, diversità, difesa delle minoranze, cioè tutto il “sorosismo” che conosciamo).

Ma questa sinistra, come tale, non è capace di reinventarsi sui dati reali. Quando lo fa scade nel più bieco opportunismo e diventa un entusiasta lacchè dell’imperialismo/capitalismo. E quando non lo fa è tenacemente nostalgica e la sua nostalgia la acceca e non vede che i suoi vecchi “valori” ormai senza più “gambe di classe” sono stati inglobati nel marketing ideologico imperiale.

Singolarmente alcuni di noi vecchi sinistri possono reinventarsi qualcosa (anche se non qualcosa di definitivo, cosa impossibile in un’epoca di crisi). Ma in generale bisogna aspettare una nuova generazione. A meno di un evento “catastrofico e catalitico” come dicevano i neo-cons del New American Century. Loro lo speravano ardentemente un anno prima dell’11/9 e una volta andati al potere, guarda caso, c’è stato l’11/9. Ma questo è “complottismo” perché gli ardenti desideri dei neo-cons, come tutti sanno, sono stati in realtà esauditi da una banda di sauditi senza arte né parte, dediti all’alcol e alle donne, che non sapevano nemmeno guidare un aliante ma hanno fatto cose con enormi e complicatissime macchine volanti che i top-guns americani hanno giurato che non sarebbero mai stati in grado di fare. Come l’Associazione dei Famigliari delle Vittime dell’11/9 attendo risposte serie a una lunghissima lista di domande, e fino a che non le avrò avute sarò “complottista”.

  1. Si è sull’orlo del baratro. In attesa che si faccia le ossa una nuova generazione, per ora la speranza (perché quella generazione deve pur crescere, e quindi deve sopravvivere fisicamente e non essere spazzata via da una guerra) è l’enorme capacità diplomatica e la raffinatezza strategica di Russia e Cina, la loro capacità di giocare a scacchi, sacrificare pezzi che sembrano importanti per conquistare aree strategiche della scacchiera.

Potrà piacere molto poco, specialmente a chi ha conosciuto la Siria e l’ha amata. Temo che veramente a Est dell’Eufrate si installeranno i Curdi dell’YPG/SDF, cioè gli attuali ascari degli USA, ai quali Israele e Arabia Saudita chiederanno servigi per il loro sostegno. Uno già glielo stanno facendo, cioè cercare di controllare il confine tra il distretto di Deir-Ezzor e l’Iraq. Alcuni responsabili curdi hanno affermato che conquistare più terreno possibile per loro è importante nella futura negoziazione per una “Siria federale”. Ma la spinta dei Curdi verso Deir-Ezzor ha indebolito quella su al-Raqqa e nella valle del Khabur (cioè le province orientali e nordorientali del distretto di Deir-Ezzor) i Curdi non sono di casa (per altro non lo sono nemmeno a Raqqa). Costringere quelle regioni in uno “stato curdo” sarebbe impelagarsi in un conflitto etnico. Fatto sta che proprio così l’YPG/SDF sta facendo e Deir-Ezzor rischia di diventare una sorta di Berlino divisa in due parti se l’Esercito Arabo Siriano non varcherà l’Eufrate almeno per qualche chilometro. Ma lo farà?  

Da quanto si è visto i Russi dovrebbero minacciare di abbattere i bombardieri Nato perché ciò sia possibile. È una conseguenza della sfida lanciata dagli USA con il recente bombardamento a Deir-Ezzor di truppe alleate a Damasco che stavano combattendo l’ISIS (ed emerge un’ulteriore ragione del bombardamento USA sull’Esercito Arabo Siriano a Deir-Ezzor nel settembre dello scorso anno – l’altro motivo era silurare gli accordi Lavrov-Kerry).

Il Jerusalem Post ha rivelato che molto probabilmente il giorno 6 di questo mese il principe reale saudita Mohammed bin Salman (praticamente l’effettivo reggente del regno) ha avuto un incontro segreto in Israele, a quanto sembra anche per parlare della questione Kurdistan. Questa visita unisce due attori molto preoccupati dal veloce rovesciamento della situazione a favore di Damasco, Hezbollah e Iran. Da un lato Israele, in quanto ossessionato dal cosiddetto “asse sciita” e dalla memoria della sconfitta nel 2006 della guerra contro Hezbollah, dall’altro lato i Sauditi, che si stanno rendendo conto che il loro supporto ideologico, cioè il wahhabismo, è stato sconfitto non solo dagli sciiti, ma anche dai sunniti dell’Esercito Arabo Siriano (in realtà il wahhabismo, da sempre legato a filo doppio con la casa Saudita, è ultraminoritario nel mondo sunnita). L’incontro tra i responsabili israeliani e il principe Salman sembra quasi una misura consolatoria dopo quello tra Netanyahu e Putin, che ha lasciato il primo a mani vuote (e la Pravda dice anche “in preda al panico”).

È invece notizia sicura che la ministra della Giustizia israeliana, Ayelet Shaked, in occasione della Conferenza internazionale sul contro-terrorismo dell’11/9 scorso ha ribadito che un Kurdistan indipendente è vitale per la “stabilità” del Medioriente. Nella fattispecie si riferiva a un Kurdistan iracheno come stato che isoli l’Iran dalla Turchia. Ma si sa che Israele vede di buon occhio un Grande Kurdistan come spina nel fianco a Teheran e alla “Via della Seta”, ossia il progetto cinese One Belt One Road, consistente in un’arteria che cambierà le configurazioni economiche, finanziarie e geopolitiche oggi esistenti. Se gli USA e Israele la vogliano semplicemente sabotare o se vogliano negoziare con le minacce la loro quota parte (economica, finanziaria e geopolitica), non mi è chiaro. Dipenderà dallo svolgersi delle cose (e per quanto riguarda Israele, dalle “rassicurazioni” che Mosca e Teheran potranno dare).

I Curdi siriani dell’YPG “marxisti, laici e femministi” da tempo se la fanno, oltre che con gli USA, coi Sauditi e Israele. Quelli iracheni, con Israele sono pappa e ciccia. Ovvero, il fronte pro-Kurdistan si è delineato. Sfidarlo nella valle del Khabur potrebbe essere oggi imprudente da parte di Damasco e di Mosca.

Anche se è possibile che l’Esercito Arabo Siriano – magari protetto da controminacce russe agli aerei USA/NATO – passi l’Eufrate nei prossimi giorni sfidando il “divieto” statunitense (che arroganza questi generali americani!), quanto meno per completare la liberazione dell’intera città e garantirne l’integrità, credo che tra non molto lungo il grande fiume si arriverà a uno status quo. Il compenso potrebbe essere la resa dei “ribelli” controllati dalla Turchia a Idlib e di quelli controllati dagli USA al confine con la Giordania, più la totale bonifica della regione di Hama e del deserto di Damasco. Il compenso, per la Russia, sarà anche una Turchia ancor più nelle braccia di Mosca. E poi si consideri che Mosca non ha mai rotto i ponti coi Curdi (e probabilmente nemmeno Damasco).

Sulle rive dell’Eufrate potrebbe iniziare una nuova partita a scacchi.

  1. Nel frattempo la crisi sistemica continuerà a fare il suo corso. In realtà la scacchiera, complicatissima, è proprio la crisi sistemica (che solo in parte è economica, con buona pace dei marxisti accademici).

È una scacchiera vasta, stratificata e ramificata. Molte mosse sono possibili.

Ad esempio, la recente proposta russa di inviare soldati ONU nel Donbass ha eccitato la Germania – che ci vede una possibilità di sbarazzarsi delle sanzioni contro la Russia che la penalizzano enormemente – e depresso gli USA.

Se poi la partita in Corea viene giocata bene facendo vedere che Russia e Cina possono garantire la sicurezza della regione, gli USA saranno spiazzati un’altra volta. Io credo che la Cina, che economicamente e finanziariamente ha praticamente in mano l’Oriente asiatico, ha tutto l’interesse a ergersi come arbitro equilibrato della contesa, come principe potente e saggio della regione.

Poi, al di là dei ragionamenti, delle attese, dei desideri e delle speranze, tutto è possibile, anche le cose inaspettate: il passaggio tra le acque del Mar Rosso o il Diluvio Universale.

 

 

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