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Alta finanza: in attesa della terza crisi

'Per l''alta finanza internazionale nulla è cambiato. Wall Street ha distribuito alle società finanziarie e del credito la somma più alta di tutti i tempi [G. Colonna] '

Alta finanza: in attesa della terza crisi
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24 Settembre 2013 - 23.57


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di Gaetano Colonna.

Mentre il sistema bancario italiano assiste ad una crescita del 22% delle cosiddette “sofferenze”
(i debiti che i clienti non riescono a ripagare), arrivando al record di 128
miliardi di euro e ad una previsione di 19mila posti di lavoro in meno nel
settore – per l”alta finanza internazionale nulla sembra cambiato.

Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali
(in inglese: Bank for
International Settlements
, BIS)
, un istituto internazionale con sede
a Basilea, la quota di crediti ad alto
rischio
concessi dalle banche di
tutto il mondo
rappresenterebbe oggi ben il 45% del totale, con una crescita di trenta punti percentuale
rispetto al minimo registrato durante la crisi e di ben dieci punti rispetto a
prima dello scoppio della crisi stessa: una crisi che, nei soli Stati Uniti, ha
cancellato otto milioni di posti di lavoro e miliardi di dollari di risparmi.

Mentre i cittadini
dell”intero occidente sono alle prese con i duri sacrifici imposti dall”«austerità», con la crescita della
disoccupazione e con una crescente pressione fiscale, l”alta finanza internazionale ha continuato a produrre enormi dividendi, stabilendo un record
dopo l”altro: basta citare il caso di Wall Street, che nel 2011 ha distribuito
alle società finanziarie e del credito la
somma più alta di tutti i tempi
, 60
miliardi di dollari di utili
.

Secondo Snl Financial, una
società di analisi americana, il reddito
medio dei banchieri è aumentato del 22 per cento
, ed anche in questo caso
sono stati raggiunti record personali non da poco: John Stumpf, per esempio, amministratore delegato di Wells Fargo, è in cima alla classifica
con 23 milioni di dollari di guadagno, un bel progresso rispetto ai 12 milioni
di dollari che aveva incassato nel 2007, l”ultimo anno del boom.

Come nulla fosse accaduto, senza che nessun gruppo dirigente
occidentale sembri preoccuparsene, sono tornati a crescere anche i complessi
strumenti finanziari che sono stati il principale strumento della speculazione
sui subprime (i mutui concessi a
persone non in grado di ripagarli): solo nella prima metà del 2013, infatti, a
livello mondiale sono stati venduti dalle grandi banche e società finanziarie
internazionali 424 miliardi di dollari in asset backed security (Abs),
uno degli strumenti il cui ruolo nella “democratizzazione del debito”
è ben nota a chi ha analizzato i meccanismi che hanno innescato la crisi
finanziaria.

Tutto ciò avviene nonostante in questi anni si siano moltiplicate le
prove, anche in sede legale, della condotta spregiudicata, per non dire
truffaldina, delle grandi società finanziarie: ci limitiamo a ricordare il caso
più recente, i 920 milioni di multa che JPMorgan,
una delle prime cinque aziende mondiali del settore finanziario, ha accettato
di pagare per chiudere, con ammissione di colpa, la vicenda delle speculazioni
sui derivati con le quali due trader della sua filiale di Londra avevano
coperto le perdite della società sulle operazioni in derivati.

Il fatto che una grande società come JPMorgan
accetti senza colpo ferire una simile condanna, riconoscendo responsabilità ed
errori, fa chiaramente comprendere che la questione non è, come ha affermato Jamie Dimon, amministratore delegato di
JPMorgan, di voler essere
considerata “la banca migliore” dai regolatori oltreché da clienti e
azionisti: non ha importanza sborsare cifre così ingenti, in un momento in cui
i profitti lievitano senza difficoltà, non ha importanza che qualche
funzionario o qualche dirigente venga allontanato, quel che conta è evitare che venga messo in discussione il sistema
che continua a garantire profitti tanto elevati alla speculazione finanziaria.

Le grandi multe salvano Wall Street e la City londinese dal rischio di
una “rivoluzione” nel rapporto fra politica ed economica che costringerebbe
questi operatori a cambiare metodi e strumenti di lavoro. I miliardi di dollari con cui le banche sono state soccorse da
tutti i governi occidentali, seguendo il principio del “troppo grandi per
fallire”, hanno permesso all”alta finanza internazionale di procedere
indisturbata nelle proprie strategie di creazione e distribuzione del debito,
strangolando l”economia reale attraverso le politiche restrittive degli Stati e
favorendo l”accumularsi della ricchezza di chi possiede capitali e liquidità.

Questo è stato possibile grazie all”intreccio sempre più inestricabile
fra potere dei partiti e potere della finanza, bene descritto recentemente
dall”economista americano James Kwak,
che scrive:

«La deregolamentazione della finanza ha conquistato consensi a
Washington perché gli interessi delle grandi aziende dominavano il Partito
repubblicano, mentre i democratici non volevano turbare Wall Street per non
precludersi ricchi finanziamenti. I banchieri e gli immobiliaristi volevano
vendere case a tutti i costi. I lobbisti avevano ormai agganci potenti nel
governo. E tutti erano contenti della crescita».

Sono queste le forze che
continuano a dominare l”economia e la politica occidentale
, nonostante
abbiano dato tremenda prova di sé, travolgendo nella speculazione miliardi di
ricchezza costruita onestamente con il lavoro e le capacità di impresa. Qualche
settimana fa, per fare un esempio, Rick
Rieder
, un alto dirigente della maggiore società di gestione finanziaria al
mondo, Blackrock,
di cui ci siamo spesso occupati, dava questa lezione a La Repubblica:

«Guardate cosa è successo qui in America: fino a quando non si è
cominciato a rifinanziare direttamente le banche, con iniezioni di capitale
dirette, aumenti di capitale sottoscritti dallo Stato, prestiti straordinari
(che peraltro sono stati già restituiti con tutti gli interessi), fino ad
allora non si riusciva ad impostare una ripresa strutturale. Per fortuna,
mentre la Federal Reserve garantiva il quantitative
easing
[la “produzione” di dollari forniti al sistema bancario a
condizione politiche, Ndt] e i bassi
tassi di interesse, il Tesoro con un”insperata forma di coordinamento avviava
tutte le misure che dicevo. Il risultato è stato il consolidamento del settore bancario che non ha fatto mancare le
risorse al settore industriale. Finito il credit
crunch
, la stretta creditizia, è finita la crisi».

Ora che l”Italia ha «un governo ragionevole», prosegue il dirigente, Blackrock è tornata ad investire in
titoli di Stato italiani.

Questa dunque la ricetta che i grandi finanzieri USA hanno imposto a
livello mondiale, finanziare le banche con il denaro dei cittadini, affinché le
stesse continuino a sviluppare le proprie speculazioni, giacché, come ben
sappiamo, anche delle enormi somme che la BCE ha pompato nel sistema bancario
europeo ben poco è arrivato alle piccole e medie imprese, alle famiglie, al
terzo settore – vale a dire all”economia reale che permetterebbe di vivere
onestamente a milioni di cittadini europei.

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