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Libera circolazione dei capitali: come diventare colonia del Qatar

Meno soldi circolano, più i capitali esteri aumenteranno il loro potere contrattuale. Acquisizioni immobiliari a prezzi stracciati e fagocitazione della classe dirigente.

Libera circolazione dei capitali: come diventare colonia del Qatar
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29 Agosto 2016 - 21.32


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di COMIDAD.


La serie di attentati di presunta matrice “islamica” in Francia e Germania è stata l’occasione, o il pretesto, per gran parte della stampa di segnalare la pioggia di finanziamenti che provengono da Arabia Saudita e Qatar, con la giustificazione ufficiale di costruire moschee in Europa. Gli stessi quotidiani che lanciano l’allarme per questa nuova emergenza-Islam non possono però fare a meno di rilevare che la destinazione “religiosa” dei finanziamenti non impedisce che questi capitali delle petromonarchie vadano ad acquisire vasti patrimoni immobiliari, specialmente in Italia. 
Le operazioni finanziarie di questo tipo hanno probabilmente molto poco a che vedere con il terrorismo (molto più endogeno di quanto si voglia far credere) o con i progetti di conquista manu militari dell’Europa, dato che l’Europa è già sotto l’occupazione militare statunitense. La presenza di poli “islamici” ricchi e costantemente finanziati in Paesi come l’Italia, soggetti ad impoverimento progressivo dalle politiche europee, rappresenta una testa di ponte per affari immobiliari tanto più promettenti quanto più l’euro-deflazione fa scendere i prezzi. 
Del resto i finanziamenti alle moschee ed ai centri culturali islamici rappresentano la minima quota del totale degli investimenti del Qatar in Italia. Grazie alla sua stabile partnership con la NATO, il Qatar ha acquisito ufficialmente lo status di Paese “rispettabile” che non rischia di andare incontro a sanzioni economiche, perciò, attraverso una lobby “italiana” ben strutturata e ammanigliata, questa petromonarchia, dopo aver acquisito il marchio della moda Valentino ed il complesso immobiliare di Porta Nuova a Milano, ha ulteriormente ramificato le sue attività nel campo del turismo, dove non mancano le occasioni per acquistare a prezzi stracciati alberghi, terreni ed altri immobili. 

Di fronte alla preoccupata indignazione dei giornalisti, verrebbe da commentare: è la libera circolazione dei capitali, bellezza! 
Razzismo anti-arabo ed islamofobia costituiscono un espediente per aggirare il vero problema e la vera soluzione al problema: l’afflusso di capitali esteri può sì rappresentare un momentaneo sollievo per la nostra bilancia dei pagamenti in deficit, ma comporta gravi effetti destabilizzanti per l’assetto sociale ed istituzionale di Paesi in stagnazione economica cronica come il nostro, perciò la soluzione consisterebbe nel limitare la mobilità dei capitali, non certo nel razzismo o nell’impedire alle donne l’uso di burka e burkini. La locuzione “libera circolazione dei capitali” può vantare un sinonimo dal senso semplice e diretto: colonialismo. 

Molti commentatori dell’establishment si lamentano del fatto che, nonostante gli incrementi, l’Italia veda un tasso di investimenti esteri ancora inferiore agli Stati Uniti ed alla Germania. Intanto però in Italia vi sono più investimenti esteri che in Brasile e quasi al livello dell’India. In realtà certe lamentele non hanno alcun senso, se non propagandistico, perché gli Usa e la Germania sono Paesi fortemente capitalizzati, nei quali gli investimenti hanno uno scarso potere condizionante. In Paesi poco capitalizzati come il nostro solo in minima parte i capitali esteri vanno infatti a finanziare attività produttive, in quanto sono soprattutto indirizzati all’acquisizione immobiliare ed alla fagocitazione della classe dirigente. 
Ad esempio, con il patrocinio dell’Unione Europea, la Open Society Foundation di George Soros finanzia anche piani di borse di studio. In un contesto di impoverimento e dissesto dell’istruzione pubblica, questi piani così apparentemente innocui e filantropici costituiscono una vera e propria ipoteca sul futuro di un Paese. Le prossime generazioni si affacceranno alla gestione della società già “formate” in base agli interessi del colonialismo. 

La libera circolazione dei capitali rappresenta uno dei cavalli di battaglia del sedicente liberismo, l’altro è la riduzione della spesa pubblica, considerata, specialmente in Paesi come il nostro, strutturalmente “inefficiente”. Il liberismo pretende di imporre una visione dell’economia come un processo “naturale” a cui adattarsi, ma è tutto da dimostrare che la natura sia “efficiente”. Anche la natura risulta piuttosto “sprecona” e la sua riproduzione avviene a prezzo di innumerevoli disastri e tentativi falliti, quindi la spesa pubblica potrebbe vantarsi di essere molto più “naturale” di quanto si voglia far credere; anche perché la stessa natura viene a riscuotere i suoi crediti nei confronti dei territori e dei popoli che li abitano senza riguardo ai pareggi di bilancio nella Costituzione. 
Ma se si esce dagli ossimori liberisti, si comprende immediatamente l’importanza che riveste una riduzione della spesa pubblica per favorire la colonizzazione da parte dei capitali esteri. Meno soldi circolano in un Paese, più i capitali esteri vedranno aumentare il proprio potere contrattuale. La libera circolazione dei capitali presuppone quindi la limitazione della libertà degli altri. Nelle enciclopedie il liberismo andrebbe quindi tolto dalla voce “dottrine economiche” per essere inserito in quella di “propaganda imperialistica”.





Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=740.




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